Il referendum fantasma - di Riccardo Chiari

Per ora la Rai non informa, e Mediaset si adegua. Alla Casaleggio Associati non interessa perché al bar non se ne parla. Il paese reale ha problemi quotidiani più stringenti, per aver voglia di approfondire l’argomento. Va a a finire, come al solito, che dei progetti petroliferi off shore del governo Renzi, cioè delle concessioni affidate a destra e manca ai big player del settore, per ricerche in uno dei mari più belli del pianeta, parlano quelli che continuano a studiare. Per capire dove siamo, qui e ora.

Quelli di Greenpeace hanno cercato di fare (e farsi) pubblicità organizzando un blitz, formale, all’altare della patria: “Siamo in questo luogo così simbolico per il paese per ricordare ai cittadini che il referendum del prossimo 17 aprile riguarda l’Italia nella sua interezza – ha segnalato Andrea Boraschi - le trivelle sono una grave minaccia per i nostri mari, e già questo sarebbe motivo sufficiente per respingerle. Ma rappresentano anche un indirizzo energetico insensato, che condanna l’Italia alla dipendenza dalle fonti fossili. Un favore alle lobby del petrolio, che espone a rischi enormi economie importanti come il turismo e la pesca”.

Anche la Cgil, l’unica forza organizzata di massa che continua a giocare a 360 gradi, ha fatto sentire la sua voce. Per denunciare la sostanziale, cieca inutilità dell’esplorazione capitalistica in un settore merceologico, come quello delle estrazioni petrolifere, che definire “maturo” appare oggi un eufemismo. Oggi, nel brevissimo periodo caro al casinò globale dei trent’anni ingloriosi. Figuriamoci domani, riflette il capitale, alle prese con rivolgimenti climatici globali che dovrebbero importare nella discussione alcune regole di base. Come quella per cui non si distrugge la fabbrica che ti dà profitto.

Sul punto, invitato da Italia Nostra ad un poderoso convegno sul tema delle trivellazioni off shore, il docente della Statale Alessandro Segale ha rimarcato la mancanza di convenienza economica dell’impresa estrattiva, a fronte del danno che provoca alle altre attività economiche del belpaese, dall’agricoltura al paesaggio, dalla pesca al turismo sostenibile. E, gratta gratta, il ritorno economico ai municipi si tradurrebbe in royalties di concessione per 402 milioni di euro (nel 2014), a fronte di un utile dell’attività estrattiva di 7 miliardi.

Basta e avanza per chi, e non sono pochi, chiede di andare a votare il 17 aprile, e votare “Sì”, Per un referendum che è stato peraltro promosso da nove Regioni italiane su ventuno. Molte delle quali popolose. E, quasi inconsciamente, persuase della rilevazione fatta da Mariarita D’Orsogna, docente alla Columbia University: “A livello mondiale, esiste un saldo del tutto negativo dei livelli occupazionali tra la ‘nuova’ occupazione, e quella preesistente nei territori interessati dalle perforazioni”.


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