Rappresentanza e democrazia - di Andrea Montagni

Bisogna eleggere i delegati in tutti i luoghi di lavoro?

Il documento “Il lavoro crea il futuro” - che è alla base del nostro congresso e che dovrebbe essere (e in qualche misura lo è) la base di discussione nelle nostre assemblee congressuali nelle quali eleggiamo i delegati e le delegate ai congressi di categoria e confederali - ha indicazioni chiare sulla funzione e il ruolo dei delegati nei posti di lavoro e sui loro compiti. La “elezione ed estensione delle rappresentanze sindacali in tutti i luoghi di lavoro” è indicata come obiettivo prioritario.

“Per dare più forza alla rappresentanza e alla democrazia nei luoghi di lavoro, diviene strategico un impegno straordinario dell’organizzazione affinché si promuova un processo di elezione delle RSU in tutti i luoghi di lavoro con almeno quindici dipendenti, sperimentando anche forme di rappresentanza a livello territoriale, di zona o bacino elette dalle lavoratrici e lavoratori, dipendenti di aziende con meno di 15 addetti. Per la CGIL, in ogni caso, la nomina delle RSA dovrà avvenire attraverso la modalità elettiva. Solo attraverso un investimento straordinario sulla partecipazione e la democrazia nei luoghi di lavoro è possibile dare un ulteriore impulso all’estensione della contrattazione integrativa nelle realtà in cui non è presente, e al rafforzamento della stessa nelle realtà in cui è ancora troppo debole”. Così recita il documento congressuale.

Nessuno, a parole, mette mai in discussione queste indicazioni, eppure… alla fine, l’elezione delle RSU rimane confinata alle aziende nelle quali sono in vigore accordi categoriali che ne prevedano la elezione, sulla base dell’accordo interconfederale siglato dalle associazioni padronali dell’industria, e in qualche realtà territoriale – per esempio nel nostro settore in Lombardia – dove esistono accordi anche con aziende della distribuzione e dei servizi. Procedere al loro rinnovo è sempre più difficile, per l’opposizione della FISASCAT-CISL certamente, ma anche perché comincia a diffondersi anche tra noi, in CGIL, l’idea che con le Rsa – che sono quasi sempre di nomina, e quasi mai elette dai loro colleghi, pure iscritti alla CGIL contrariamente alle indicazioni perentorie dei nostri documenti e deliberazioni – il lavoro sindacale è più semplice, perché la Rsa risponde all’organizzazione e con il funzionario si rapporta, divenendone il terminale organizzativo sul luogo di lavoro. Il rischio che si corre, anche se quasi sempre la RSA viene individuata tra le lavoratrici e i lavoratori più combattivi, è che si crei un rapporto burocratico di “dipendenza” della Rsa dal funzionario che segue l’azienda e da cui dipende il permanere della Rsa stessa nel proprio ruolo.

Non è una questione da poco perché dietro questa “fatica” di battersi per la elezione delle Rsu e di eleggere le Rsa – che occasione sarebbero i congressi in corso per farlo! – c’è l’idea che il sindacato sia dei lavoratori e che l’obiettivo di un unico sindacato, democratico, unitario e pluralista, viva come prospettiva e come obiettivo cui ritornare perché il sindacato confederale – a differenza di quello corporativo – firma accordi validi erga omnes, e non solo per gli iscritti, e vuole parlare a nome di tutti i lavoratori iscritti e non iscritti.

Per la nostra organizzazione la battaglia per la costituzione ed elezione delle Rsu e delle Rls non può essere materia secondaria. Solo con delegati eletti, maturi e responsabilizzati, la storia del sindacato confederale potrà continuare. La crisi della politica ci insegna che senza radicamento sociale profondo ogni organizzazione è destinata ad appassire. E la democrazia passa dalla forza dei rappresentati ancora prima che dalla potenza dei rappresentanti: perché senza una base forte, coinvolta, consapevole non esiste futuro.

La CGIL resta, con i suoi oltre 5 milioni di iscritti - nonostante le difficoltà, la perdita di occupati in molti settori, la marcia indietro sui diritti che spinge tanti lavoratori a rinunciare ad organizzarsi per sfiducia e rassegnazione o rabbia mal indirizzata - l’unica (a parte la chiesa cattolica) organizzazione di massa del nostro paese, proprio per la capacità di coinvolgere e offrire strumenti e protagonismo ai nostri delegati. Ed è solo grazie a questa spinta democratica che la struttura burocratica, indispensabile per assicurare esperienza e conoscenza specifica all’attività sindacale, non appassisce in se stessa, nel delirio autoreferenziale che ha ucciso i grandi partiti italiani del dopoguerra.

La FILCAMS della CGIL è tanta parte, ma i settori in cui operiamo - commercio e servizi - sono quelli in cui la pratica di eleggere i delegati, siano pure soltanto RSA di sigla, è poco praticata. Discutiamo apertamente tra di noi di questo. Non limitiamoci alla ripetizione delle formule: ne va del permanere e del rafforzarsi dell’organizzazione. Questa consapevolezza deve diventare patrimonio del quadro attivo del sindacato, a partire dall’apparato che opera a contatto con i lavoratori e colle delegate e i delegati RSU e Rsa…