C’è chi vota NO! di Maurizio Brotini

Il 20 e 21 settembre si vota al referendum costituzionale confermativo, per il quale non è necessario il raggiungimento di nessun quorum di votanti.

Abbiamo alle spalle una lunga stagione di sovversivismo delle classi dominanti che ha introdotto a partire dagli anni Novanta una continua torsione autoritaria nell’architettura costituzionale. Il primato del Governabilità rispetto alla Rappresentanza (un Governo in realtà debole di fronte alla forza delle multinazionali e della finanza globalizzata proprio perché privato di una robusta legittimazione popolare), l’esclusione di intere culture politiche attraverso l’ibridazione di sistemi maggioritari e spinte bipolari, l’accettazione del primato della Tecnica rispetto alla Politica, l’accettazione passiva del “non ci sono alternative” di thatcheriana memoria. Chi ne ha fatto le spese è stato il Lavoro, la sua rappresentanza politica; chi ne ha fatto le spese sono i lavoratori e le lavoratrici in carne ed ossa, precari, disoccupati, sottoccupati, pensionati.

Tagliando da 630 a 400 il numero dei Deputati e da 315 a 200 il numero dei Senatori si alimenterà ancor più la dittatura degli Esecutivi sui Parlamenti, la penalizzazione della rappresentanza di interi territori. Il meccanismo elettorale escluderà dalla rappresentanza anche forze politiche che raccolgono milioni di voti.

Quel che accadrà, che verrà ulteriormente sancito, sarà che solo ricchi e benestanti, liberi professionisti ed affini calcheranno le Aule parlamentari, alla faccia del sogno del giovane Peppino Di Vittorio che le voleva ripiene di cafoni del Sud e di operai del Nord. Se il sistema stesso seleziona ed esclude “la classe più numerosa e più povera”, usando una espressione ottocentesca, ci sarà meno democrazia. Non di meno, ma di più democrazia abbiamo bisogno!

Siamo già di fronte ad una debolissima rappresentanza politica del mondo del lavoro e dei suoi interessi e bisogni. Sono sempre meno operai, precari, impiegati, tra quelli che fanno politica nelle assemblee elettive.

Per riprogettare democraticamente il Paese, per una svolta ecologista attenta alla materialità delle condizioni sociali, ci vuole un parlamento forte e rappresentativo dell’intera società italiana, siano essi territori e classi sociali. Ci vuole una legge elettorale proporzionale ed il ripristino delle preferenze: non ci vogliono meno rappresentanti del popolo, ce n’è bisogno di migliori e meno subalterni all’ideologia neoliberista.

La lotta alla Casta è una parola d’ordine di destra. Dietro l’“antipolitica” c’è il Primato insindacabile dell’Impresa e del Mercato, del Profitto e del Pareggio di Bilancio. L’abolizione dell’articolo 18 e l’articolo 8 di sacconiana memoria vanno di pari passo con la corrosione e lo svilimento delle istanze rappresentative. Ridare valore e prestigio al Parlamento deve andare di pari passo col ridare dignità al lavoro, con il lavoro buono a tempo indeterminato e retribuito con dignità.

Noi della Cgil abbiamo tutte le carte in regola per dire NO al taglio dei parlamentari perché diciamo sì ai diritti dei lavoratori. Non ci vogliono meno rappresentanti del popolo, ce n’è bisogno di migliori e meno subalterni all’ideologia neoliberista!


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