Il tavmentone - di Riccardo Chiari

Nell’agosto scorso, su questo periodico, veniva pubblicata la notizia che Telt, la società italo-francese incaricata di costruire e gestire la tratta Torino-Lione dell’alta velocità ferroviaria, aveva deciso di congelare le procedure della gara internazionale per il primo mega-appalto, diviso in tre parti, da 2,3 miliardi di euro, per l’avvio vero e proprio del tunnel di 57,5 chilometri in Val di Susa.

In teoria lo stop non doveva durare più di due mesi. In pratica è durato sette mesi, perché il governo italiano, sulla questione, appare diviso. Nell’ormai celebre “contratto di governo” che ha sancito l’alleanza fra il M5S e la Lega, è stato peraltro messo nero su bianco che sulla Torino-Lione si doveva “ridiscutere integralmente il progetto”.

Identico concetto è stato espresso pochi giorni fa da una mozione, a firma del capogruppo leghista Riccardo Molinari, approvata dall’aula di Montecitorio. Commentando il voto, Davide Serritella, portavoce (piemontese) M5S in commissione trasporti, ha osservato: “Vogliamo ridiscutere completamente il progetto, e ora abbiamo a disposizione l’unico strumento valido a livello internazionale per farlo. L’analisi costi-benefici ci consente di valutare in maniera analitica se può avere un senso spendere tutti questi soldi e, da quanto emerge dallo studio, i benefici sono molto minori rispetto alle perdite”.

Discussioni chiuse? Macché. Le ultime notizie raccontano che il governo “vuole sbloccare il dossier Tav entro venerdì 8 marzo”. Questo il risultato di un vertice fra il presidente del consiglio Conte, i suoi vice Salvini e Di Maio, e il ministro Toninelli. Nell’incontro peraltro si è affrontato il nodo, decisivo, dei bandi Telt, che per il momento restano in stand-by, e quello dei rapporti con il governo d’oltralpe: “In questi giorni – ha riassunto Conte - non ci sarà alcuna interlocuzione con la Francia”.

In realtà la Franca ha già deciso. Come rivela Gianni Barbacetto sul “Fatto quotidiano”, il Coi (Conseil d’orientation des infrastructures) ha deciso di rimandare le opere del tratto francese della Torino-Lione a dopo il 2038. Nel suo rapporto sulla mobilità francese, il Coi mette nero su bianco: “Si ritiene che non sia stata dimostrata l’urgenza di intraprendere questi interventi, le cui caratteristiche socioeconomiche appaiono chiaramente sfavorevoli in questa fase. Sembra improbabile che prima di dieci anni non vi sia alcun motivo per continuare gli studi relativi a questi lavori che, nel migliore dei casi, saranno intrapresi dopo il 2038”.

A questo punto, con le tutte le carte sul tavolo, è possibile arrivare a una conclusione: la Torino-Lione in Val di Susa è diventata un vero e proprio “tavmentone”, utile solo per prese di posizione politiche - e sindacali - indirizzate su altri campi di gioco. Con buona pace di tanti, ben più pressanti, problemi del paese. A partire dai diritti e dalle tutele che sempre più spesso mancano a chi, per vivere, deve lavorare.


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