il pastrocchium di Renzi - di Frida Nacinovich

Il re è nudo. E non è un bello spettacolo. Il principe di Rignano sull’Arno vuole, fortissimamente vuole una nuova legge elettorale.  Anzi, vuole la legge elettorale messa a punto con il redivivo Silvio Berlusconi. Nel segno – va da sé – di quel bipartitismo che sette anni fa era stato il cuore del progetto politico del nascente Pd e del conseguente Pdl. Di acqua sotto i ponti ne è passata tantissima. Non solo il bipartitismo fu bocciato dagli elettori nel 2008, anche il bipolarismo ha finito per mostrare la corda. Le ultime elezioni hanno registrato l’esistenza nel paese non di due ma di tre forze politiche (Pd, M5S, Pdl) dai numeri rilevanti. Oltre il 20%. Eppure, a giudicare dalle mosse di Matteo Renzi e del Cavaliere, il giudizio dei cittadini elettori conta come il due di picche quando briscola è cuori. Idem quello della Corte costituzionale, che ha bocciato una parte non piccola del porcellum del leghista Roberto Calderoli, e rischia ora di trovarsi il pastrocchium, nome ben più appropriato dell’italicum renzian-berlusconiano. Che succederà? Il segretario del Pd va avanti come un caterpillar. Gioca la carta del referendum sulla sua persona (“se bocciate la legge elettorale, bocciate il sottoscritto”), e arriva a sostenere che il fallimento dell’italicum equivarrebbe al fallimento della legislatura. Come se gli italiani, al bar, al lavoro e in casa con gli amici, parlassero solo di legge elettorale e non di una crisi che continua a fare danni e infliggere ferite al corpo vivo del paese. Tant’è. Il Pd modello Renzi sta prendendo molto dalla Forza Italia di Berlusconi. Dopo i leader, il diluvio. Ma con due accoglienti arche di Noè pronte a traghettare i fedelissimi dei capi alla nuova legislatura. Quella che Renzi, non a caso, minaccia essere la naturale conseguenza di un affossamento della legge elettorale. Guarda caso, la fotografia della politica di questi giorni è la stessa della primavera scorsa. Quando il sindaco di Firenze provò, all’epoca senza successo, a forzare la mano per mettersi in pole position nella corsa a palazzo Chigi. 


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