Multiservizi: Angelina e la sua "storia" col sindacato - di Alessandro Rossi

Da vent’anni fa le pulizie in un ricovero per anziani. Poi scopre i delegati e decide di informarsi sul rinnovo contrattuale che la riguarda. Per capire perché (e come) si lotta per i diritti


La “nostra” Angelina da vent’anni fa le pulizie dai vecchietti dell’Ospizio. O meglio, lei non dipende dall’Ospizio, bensì dalla Ditta che gestisce l’appalto e che però ogni tanto cambia, perché arriva il cambio appalto, anche se è tutto in regola: contratto, “marchette”, mutua.
Lei si è anche iscritta al Sindacato, perché una volta aveva litigato con la capoturno e ci voleva il Sindacalista, e poi con l’occasione si fa leggere le buste paga che sono sempre complicate.
Proprio quando stava dal Sindacalista a farsi leggere la busta paga, Angelina ha scoperto che i contratti ogni tanto devono essere rinnovati, e che anzi il suo è in rinnovo proprio adesso. Certo che questi contratti devono essere importanti, deve aver pensato, se anche il Sindacalista quando le legge la busta paga ogni tanto dice: “(...), questo è nel contratto”. Così, quando ha chiesto maggiori informazioni, il sindacalista l’ha invitata a sentire i delegati al tavolo delle trattative, quelli che il contratto lo spiegano.
Ecco che la nostra Angelina si è presentata il giorno convenuto per l’assemblea nel salone grande, si è seduta ed ha iniziato ad ascoltare.
La prima cosa che ha sentito dire è che il sindacato e i padroni hanno trovato un punto di contatto nel chiedere al Governo di abolire la tassa sui licenziamenti, che lei neanche sapeva che esistesse. Cioè loro hanno detto che occorre “modificare l’Articolo 2 (Comma 34) della Legge Fornero, confermando per le aziende l’esonero dal pagamento del contributo, anche successivamente al 31 dicembre 2015, in caso di ‘cambio d’appalto’ con piena ed effettiva applicazione della clausola sociale prevista per i lavoratori inquadrati con il Contratto di lavoro per i dipendenti di imprese esercenti servizi di pulizie e servizi integrati/Multiservizi”.
Tutto questo andrà anche bene, ha pensato la nostra Angelina, ma se le tasse dei Padroni fossero almeno usate per creare nuovo lavoro... sarebbe meglio.
Poi un altro di quelli presenti sul palco si è messo a parlare e Angelina si è concentrata ad ascoltare.
Risolta la parte sulla sicurezza, dove sono state accolte in buona parte le proposte presentate nella piattaforma, con la momentanea sospensione tecnica della sola parte che riguarda le modalità di elezione delle RSL, la parte datoriale ha calato le carte, presentando una serie di richieste che, in altri tempi, avrebbero stupito ed indotto a credere che le AADD non avessero tutta ‘sta voglia di chiudere, ma che di questi tempi non rappresentano altro che una triste realtà.
Con la giustificazione di contrastare il nefando vezzo dei lavoratori di assentarsi quando sono malati, hanno pensato bene di chiedere la modifica del regime di gestione delle assenze per malattia e, fatto ancora più grave, per infortunio. Insistendo sulla richiesta di non pagare i primi tre giorni di assenza dopo il secondo evento. Allora vorrà dire che i lavoratori cercheranno di non ammalarsi più.
Considerato che anche chi scrive non vive nel mondo delle fate, e sa che esiste una percentuale minima di chi abusa dell’istituto, sa anche che le misure per contrastare questo uso non virtuoso esistono: basterebbe applicarle.
Noi i contratti li facciamo per il 95 per cento di chi è corretto, non per il 5 per cento che ne abusa. Andare a colpire la maggioranza per gli errori della minoranza non sembra proprio espressione di volontà di giustizia, ma piuttosto il tentativo di cercare di caricare un guadagno dove guadagno non deve esistere, per nessuno.
L’oratore ha concluso il suo intervento, tutti gli altri battono le mani, anche Angelina lo fa. Adesso ha capito meglio tante cose. E’ contenta che il sindacato abbia detto ‘no’ a tutte quelle richieste dei padroni, ma è anche contenta che abbiano scelto di continuare a parlarsi. Così magari riescono a trovare una quadra, facendo un buon contratto.
Però esce un po’ triste. Ma non sa bene perché.


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