Automotive: la nuova sfida sul futuro dell’ambiente e del sindacato - di Vincenzo Rubino

Il settore dell’industria automobilistica (automotive) in Italia è stato a lungo vissuto solo come produzione industriale. Nel corso degli ultimi anni la globalizzazione, lo spostamento della produzione verso i mercati con costo del lavoro inferiore, l’evoluzione delle tecnologie, la fusione tra diversi marchi e il fenomeno dell’elettrificazione, hanno portato a forti cambiamenti nel settore, con l’allargamento del coinvolgimento sindacale anche al commercio. Il settore oggi si identifica anche con la rete commerciale (di vendita e post-vendita) e i servizi finanziari ad essa connessi.

Il post-vendita sta assumendo grande rilevanza con la necessaria formazione e riqualificazione dei tecnici che coinvolge sia le case madri, sia noi sindacati.

Il settore dei Servizi finanziari diventa strategico: i margini di profitto si sono infatti spostati dalla vendita del veicolo, all’offerta di servizi bancari ed assicurativi. Se il mercato dell’auto nel 2022, in Europa, si è ridotto il fatturato è aumentato nei servizi di post-vendita e di assistenza al cliente.

In Italia abbiamo assistito alla dismissione da parte delle case madri della rete diretta di vendita, affidata ad operatori privati con la conseguente moltiplicazione dei soggetti con cui il sindacato deve interloquire.

La conseguenza di questi fatti è l’incremento del livello di sindacalizzazione nel commercio. In particolare, nelle aree settentrionali del nostro paese, nei gruppi finanziari di proprietà dei grandi gruppi automobilistici come VW Financial Services, Bmw Bank e Stellantis Financial Services.

Un ulteriore cambiamento, in Europa e in Italia, sarà il passaggio dal sistema delle concessionarie a quello delle agenzie di vendita; l’auto verrà venduta e fatturata direttamente dalla casa madre al cliente e l’acquisto avverrà tramite l’utilizzo di piattaforme internet. In Italia, alcuni marchi stanno già sperimentando questo sistema (come ad esempio la BMW). Questa evoluzione rappresenta un pericolo per l’occupazione, soprattutto nei settori impiegatizi e della vendita. I venditori in ogni caso dovranno necessariamente riqualificarsi per adeguarsi al nuovo modello di vendita.

La mobilità occupazionale nel settore è elevata; a fare la differenza oltre al salario, sono il welfare e la possibilità dello smartworking per le figure impiegatizie.

Un ruolo fondamentale ricopre anche la salute e sicurezza nelle officine. Non sempre si pone il giusto rilievo su questo tema e i piccoli infortuni sono all’ordine del giorno, non sempre denunciati. Per questo la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, è fondamentale.

In questo scenario il sindacato deve tenere il passo ed adeguare la contrattazione alla costante evoluzione, cosa non semplice.

In questo momento solo la contrattazione di secondo livello ha potuto migliorare le condizioni economiche e normative rispondendo alle esigenze di chi lavora nel settore. Tra i temi maggiormente sentiti troviamo, oltre al salario, la richiesta di un maggior equilibrio tra i tempi di vita e i tempi di lavoro, la riduzione dell’orario di lavoro, ed un sistema di welfare che si integri con quello nazionale. Un contributo positivo è arrivato dagli enti bilaterali, attraverso l’incentivazione alla formazione professionale, la formazione su salute e sicurezza, e i bandi con alcune prestazioni di supporto economico alla persona.

Nel settore del commercio, l’automotive ha numeri sempre più importanti e crescenti di sindacalizzazione che non possono essere trascurati. Rivendichiamo perciò la giusta considerazione e il giusto spazio nei rinnovi del contratto nazionale e anche nel rapporto con le istituzioni nazionali e locali. Per questo il supporto e l’aiuto dei nostri iscritti e dei nostri delegati, che ogni giorno nelle aziende svolgono un lavoro prezioso di rappresentanza delle nostre rivendicazioni e lotte, è fondamentale. Al rafforzamento della presenza sindacale nelle aziende deve essere consolidata l’unione con i compagni europei ed extraeuropei. Le tematiche sono molteplici e il sindacato deve sapere farsene carico: a partire dal tema della sostenibilità.

Non è accettabile lo scambio auto ad emissioni zero in Europa e sfruttamento delle condizioni dei lavoratori ed inquinamento nei paesi di produzione.

In Europa il “green deal” determinerà l’obbligo dal 2035 di vendere mezzi a emissioni zero di CO2. L’auspicio è tendere verso una vera rivoluzione green: ma sarà davvero così? L’inquinamento prodotto dall’impatto ambientale derivante dall’estrazione delle materie prima necessarie per la produzione delle batterie al litio (in Indonesia e Congo soprattutto), le conseguenze sociali per le loro popolazioni, lo sfruttamento dei lavoratori con i connessi problemi legati alla loro salute sono tematiche che noi come sindacato dobbiamo affrontare con coraggio.

Più in generale, dobbiamo prendere atto che la transizione ecologica si determinerà solo dopo la fine delle attuali guerre, che sono in antitesi con il processo previsto dal green deal che mira a una società equa e prospera in un’economia sostenibile. In una visione più globale, le guerre oltre a sacrificare milioni di vittime, e costare milioni utilizzabili per politiche sociali, causano un devastante impatto ambientale, in termini di inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, le cui bonifiche richiedono diversi decenni di lavoro.

In conclusione, si deve prendere coscienza del fatto che le attuali guerre e l’instabilità geopolitica mondiale frenano fortemente questo necessario passaggio a un futuro più sostenibile e vanificano gli sforzi fatti nei singoli settori produttivi frenando il processo di sostenibilità ambientale connesso all’elettrificazione della mobilità.