Il 29 marzo saremo chiamati ad esprimerci sul taglio di deputati e senatori. Ma la riduzione e lo svilimento delle assemblee elettive è forse quello di cui ha bisogno la nostra Democrazia? Non è risibile l’argomentazione di ridurre i costi del funzionamento di Camera e Senato riducendo i rappresentanti del Popolo invece che, eventualmente, gli emolumenti?
Magari ripristinando il finanziamento pubblico della politica per sottrarla al ricatto dei generosi prestatori privati pronti a richiamare all’ordine al momento della bisogna, quando in gioco ci sono gli interessi economici degli stessi? Tagliando da 630 a 400 il numero dei Deputati e da 315 a 200 il numero dei Senatori sulla canea montante del taglio delle poltrone si alimenterà ancor più la dittatura degli Esecutivi sui Parlamenti, la penalizzazione della rappresentanza di interi territori - visto che il Senato è eletto su base regionale - e l’innalzamento oggettivo di uno sbarramento implicito per accedere alla rappresentanza da parte di forze politiche che prenderanno comunque milioni di voti.
Ci vorranno molti più votanti della media europea per eleggere un deputato ed un senatore. Ma quello che accadrà, che verrà ulteriormente sancito, sarà che solo ricchi e benestanti, libero professionisti ed affini calcheranno le Aule parlamentari. Quella che abbiamo di fronte è una lunga stagione di sovversivismo delle classi dominanti che ha introdotto a partire dagli anni Novanta una continua torsione autoritaria nell’architettura costituzionale.
Il primato del Governabilità rispetto alla Rappresentanza, l’esclusione di intere culture politiche attraverso l’ibridazione di sistemi maggioritari e spinte bipolari, l’accettazione del primato della Tecnica rispetto alla Politica. Chi ne ha fatto le spese è stato il Lavoro, la sua rappresentanza politica.
Chi ne ha fatto le spese sono i lavoratori e le lavoratrici in carne ed ossa, precari, disoccupati, sottoccupati.
La pulsione per l’uomo forte e solo al comando che il rapporto Istat ci consegna non va blandita, va contrastata a viso aperto e coraggiosamente. E noi che facciamo sindacato con l’immutata passione e voglia di cambiare il mondo lo sappiamo bene.
Dietro la svalorizzazione della Politica come capacità collettiva di cambiare le cose e costruire il proprio destino ci sta, come c’è sempre stato, il Primato insindacabile dell’Impresa e del Mercato, del Profitto e del Pareggio di Bilancio. Il Parlamento non è una Casta. Ridare valore e prestigio al Parlamento deve andare di pari passo col ridare dignità al lavoratore ed alla lavoratrice a partire dal posto di lavoro, al precario a partire da un lavoro stabile, ad un disoccupato a partire da una occupazione. Dire NO al taglio dei parlamentari dicendo SI all’articolo 18.