Il congresso. Uno strumento collettivo. Usiamolo bene. Usiamolo insieme - di Federico Antonelli

A Rimini, dal 14 al 16 febbraio, si svolgerà il 16° congresso della FILCAMS-CGIL. Questo numero di Reds esce in occasione dei tre giorni di lavoro che vedranno 774 delegati impegnati a discutere il futuro della nostra categoria. I 774 delegati sono l’espressione dei 171.140 votanti, che hanno partecipato alle 7388 assemblee organizzate in tutta Italia.

Il documento “Il lavoro crea il futuro” ha raccolto il 98,7% dei voti, mentre il documento “Le radici del sindacato. Senza lotte non c’è futuro” è stato votato dall’1,3% dei votanti.

I numeri non raccontano tutto, ma ci dicono che il Congresso non è quella creatura vecchia e malandata di cui si parla spesso.

Si sente dire: la forma congresso è superata, deve essere rivista la nostra modalità di confronto interno, la modernità della politica deve fare i conti con l’aggiornamento tecnologico, con una realtà sociale mutata e con la disabitudine, da parte dei cittadini e lavoratori, ad affrontare temi di carattere generale che appaiono lontani dal loro quotidiano.

Queste critiche vengono anche da chi ha distrutto le proprie strutture di militanti di base, riversando il concetto di partecipazione esclusivamente ad “eventi” di carattere elitario, da cui avviare competizioni elettorali utili a investire del ruolo di leader il politico di successo del momento.

Il valore della forma-congresso rimane intatto. Forse è sbagliato il modo in cui abbiamo iniziato ad interpretarlo, influenzati anche dalle critiche e dalle tendenze che citavo prima. Per una parte consistente delle nostre strutture, il Congresso è vissuto come un momento di pesante impegno, che si sovrappone ai molteplici doveri sindacali. Intasa l’agenda e ci costringe a lunghe, e spesso dolorose, discussioni sugli assetti dei comitati direttivi o delle assemblee generali. Questa visione, autotutelante e burocratica, disperde il valore del confronto e della partecipazione, che invece deve essere esaltato in tutto il periodo del congresso, a cominciare dalle assemblee di base. Nel corso di queste assemblee si può cogliere l’occasione per tornare a focalizzarci sui temi confederali e sulle politiche generali. Si può rimettere in moto il dibattito tra gli iscritti su come affrontare i temi del lavoro nelle sue diverse articolazioni.

Questo Congresso è anche l’occasione, per molti, di tornare a guardarsi in viso, di partecipare ad incontri in cui abbracciarsi e riallacciare rapporti umani oramai delegati alle sole videoconferenze. Il Congresso permette anche di rendere esplicito ciò che si muove nella nostra CGIL, in termini di politiche organizzative, e la scelta dei gruppi dirigenti si mostra con più trasparenza, anche nella sua crudezza.

Mettere in discussione la forma-congresso si può fare, ma questa discussione deve ridare valore alle parole che spendiamo nelle nostre riunioni, restituendo centralità ai delegati di azienda che purtroppo, a volte, si sentono esclusi dalla vita attiva della confederazione e della categoria. In questo senso va ripensato il Congresso: costruire la partecipazione come obiettivo primario.

In questi giorni a Rimini ci ritroveremo tutti assieme, per ricordarci che il nostro modo di essere “Compagne” e “Compagni” è fatto di idee, di cultura politica, di documenti da leggere ed interpretare, ma è anche fatto dallo stare insieme. Il far parte di una classe, quella delle lavoratrici e dei lavoratori, è un fatto di ideologia ma anche di sentimento partigiano. Ricordiamo sempre le parole di Gramsci: odio gli indifferenti. Il primo passo per l’indifferenza è la solitudine.