Il papa e la CGIL - di Andrea Montagni

Riflessioni su un incontro romano

Il 19 dicembre dell’anno appena trascorso, una delegazione del gruppo dirigente largo della CGIL, più o meno in 5.000, è stata ricevuta, secondo il cerimoniale in uso nello Stato del Vaticano, dal Pontefice della Chiesa cattolica apostolica romana, la principale comunità religiosa cristiana che ne conta da sola più di 1/3 del totale: un miliardo e 345 milioni su circa 2 miliardi e 400 milioni. In Italia – all’ultimo censimento – i cattolici sono 43,2 milioni di persone su una popolazione di poco inferiore ai 60 milioni.

Il papa di Roma è contemporaneamente tre cose: il capo supremo della comunità cattolica nel mondo; il punto di riferimento di un paese a stragrande maggioranza cattolico (la stragrande maggioranza della popolazione continua a battezzare i figli, a sposarsi la prima volta in chiesa, a farsi seppellire con rito romano); il capo di uno Stato – lascito internazionale del processo di unificazione dell’Italia – la cui presenza, insieme a quella della chiesa come comunità organizzata, da sempre pesa sulla storia sulla cultura, sulla psicologia di massa del nostro paese.

Il mondo cattolico è anche l’unico dotato di una rete sociale ampia quanto il paese tutto, fatta dalle parrocchie, ma anche da una rete di associazioni di volontariato, dalla Caritas a Pax Christi, di comunità ecclesiali (come CL, i focolarini, ecc.), da organizzazioni dei lavoratori come le ACLI, l’MCL, la CISL, direttamente ispirate o gravitanti nella stessa orbita. Fino agli anni 90 ha pure espresso partito politico di maggioranza (la DC) e al momento attuale pressoché tutti i gruppi dirigenti dei principali partiti sono cattolici (dalla Meloni a Letta, allo stesso Conte).

Veniamo a noi. Alla CGIL.

Nel 1996, segretario Epifani, con una operazione politica di ricostruzione storica, abbiamo stabilito che la Confederazione generale italiana del Lavoro è la continuità storica diretta della CGdL (Confederazione generale del Lavoro, fondata a Milano il 1 ottobre 1906, per iniziativa dei sindacati di categoria e di mestiere e delle Camere del Lavoro esistenti e sulla spinta della direzione del Partito socialista), considerandone la ri-fondazione del giugno 1944 (quella del Patto di Roma partiti del CLN), una riorganizzazione in linea di continuità. La decisione della CGIL, a parte qualche mugugno in casa UIL, non produsse reazioni negative, anzi! Liberava gli altri sindacati dalla nomea di scissionisti che si portano dietro dal 1948/49. Segnatevi, cari lettori, però, che la nostra concezione di sindacato unitario e lo Statuto della CGIL sono figli del 1944, non del 1906!

Questa CGIL si è incontrata con il papa.

Nei giorni successivi all’incontro – rapidamente rimosso ed archiviato come un evento evidentemente doloroso da tutti notiziari e commenti politici – nelle nostre bolle social e tra i compagni, durante i congressi, ho registrato letture in massima parte emotive che rispecchiano l’adesione soggettiva dei nostri stessi compagni (anche della sinistra sindacale) alla chiesa cattolica, o al contrario – come sarebbe nel mio caso – dalla totale avversione verso le religioni in generale e quelle organizzate in particolare. Con tutte le sfumature possibili.

Credo invece che l’incontro del 19 dicembre sia stato un fatto politico, “epocale” lo ha definito, poche ore dopo e per primo con una felice espressione, un compagno di Lucca. Ne propongo una chiave di lettura positiva.

Per Landini e la CGIL la causa comune della pace è stata la chiave di proposta e di lettura dell’incontro stesso. “Vedere insieme il 5 novembre scorso in Piazza San Giovanni a Roma le bandiere rosse della CGIL e quelle di tante associazioni cattoliche. Quella bellissima giornata ha reso evidente l’impegno comune e il percorso che possiamo fare insieme”, ha detto Landini.

La questione della pace e dell’accoglienza, direi, che per il papa era già in cascina, scontata. E comunque il papa guarda ovviamente al mondo intero, come capo di uno stato ricchissimo ed influente e di una comunità presente in pressoché tutti i paesi del mondo. La sua è stata piuttosto una operazione di identificatore di interlocutori sociali per la chiesa in un paese europeo dove – forse, ma non ne sono certo – esiste l’unica organizzazione sindacale cristiana che si rifarebbe direttamente alla dottrina sociale della Chiesa (la CISL).

Ricordo a tutti noi che quando nel dopoguerra arrivarono in Italia gli emissari del sindacalismo angloamericano, da buoni massoni e protestanti essi puntavano sui socialisti non frontisti e sugli azionisti e repubblicani, per sottrarre i sindacati al controllo socialcomunista. Presero atto che i cattolici li avevano fregati sui tempi della rottura e si adattarono ad “americanizzare” cercando di dirottare, con le attività formative, il corporativismo sociale cislino verso il corporativismo aziendale.

L’Italia è stata il paese della questione cattolica. Tale lo è rimasto fino a che con il fallimento della politica del compromesso storico, ma la questione cattolica –nonostante il processo di laicizzazione dello Stato che oggi la destra rimette in discussione – resta questione centrale nel legame con le masse popolari e per la loro unità.

Gli interventi di Landini e del papa in udienza sono straordinariamente brevi e profondi. Vi propongo di rintracciarli e leggerli, ne vale la pena!

Queste cose che ho scritto mi paiono utili ad approfondire la questione.

Il giudizio dunque è largamente positivo.


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