L’Unione europea sempre più pesce in barile sui migranti - di Riccardo Chiari

L’Unione europea è messa male, se tocca al commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, cioè al vertice dei singoli Stati, chiedere alla Polonia di mettere fine ai respingimenti dei migranti, definendo allarmante la situazione umanitaria al confine con la Bielorussia. Il teorico potere politico sovranazionale dell’Ue, che pure viene accreditato dai governi (e dai media) come decisivo nell’approvazione o meno, ad esempio, delle leggi di bilancio dei singoli Stati, appare invece timido e sostanzialmente inefficace di fronte alle migrazioni. Così ai cronisti più attenti appare chiaro che i tempi e i modi per trovare una soluzione alla crisi in corso al confine tra Polonia e Bielorussia si decideranno a Mosca.

A riprova, negli ultimi giorni sono stati registrati, nell’ordine, i tentativi fatti dalla cancelliera tedesca uscente Angela Merkel di aprire un dialogo con il dittatore bielorusso Lukashenko; la telefonata del presidente francese Emmanuel Macron a Vladimir Putin per spingere il Cremlino a intervenire su Lukashenko, e mettere la parola fine allo scandalo dei migranti ammassati lungo la linea di frontiera; infine una seconda telefonata, stavolta di Mario Draghi, allo stesso Putin, dopo la quale il presidente russo è tornato ad accusare la Polonia di violare i diritti dei profughi, e per i “casi di trattamento crudele dei migranti da parte delle guardie di frontiera polacche”.

La risposta di Varsavia è stata disarmante, visto che il governo polacco ha annunciato di prepararsi a chiudere la frontiera con la Bielorussia.

A dirlo è stato il premier Mateusz Morawiecki in persona, al termine di un tour diplomatico che lo ha portato in Lituania, Lettonia ed Estonia. Il blocco riguarderà i veicoli commerciali, e in teoria sarà seguito da altre misure punitive.

“La Polonia è faccia a faccia con un nuovo tipo di guerra, nella quale i migranti e l’informazione fuorviante vengono utilizzati come armi”, ha detto Morawiecki. Riducendo a semplice variabile geopolitica il destino dei duemila migranti ancora bloccati al confine fra Polonia e Bielorussia, tardivamente ospitati in pseudo “centri di accoglienza” ma perlomeno al caldo e con un tetto sulla testa, dopo settimane infernali nella neve e al gelo.

Insomma, se si fa eccezione per le sanzioni minacciate nei confronti della Bielorussia e della stessa Polonia, la soluzione della crisi è ancora lontana. Nel mentre la Commissione Ue si è fatta sentire solo per ribadire che i contatti con Lukashenko si devono limitare a verificare la possibilità di rimpatriare i migranti, senza aprire ad alcun dialogo con il governo di Minsk. Facendo arrabbiare Putin, che ha accusato l’Ue di trascinare la Russia nella crisi migratoria per poterla incolpare di quanto sta accadendo. Soprattutto senza dare risposta alla marchiana negazione dei diritti dei migranti, primo fra tutti quello di chiedere lo status di rifugiato in fuga da guerre e dittature. Confermandosi, una volta ancora, Fortezza Europa.


Migranti e non solo, la Polonia è un caso

In Polonia fanno come vogliono, non soltanto sul caso dei migranti ammassati al confine con la Bielorussia. Così per la prima volta uno Stato membro dell’Ue ha dichiarato che non esiste la supremazia dei Trattati europei sulla Costituzione. In altre parole il governo di destra di Morawiecki vorrebbe godere dei benefici dell’Unione, senza però accettarne i Trattati costitutivi. Non si tratta di una decisione politica come quella presa dal Regno Unito con la Brexit, con l’uscita dalla Ue per non essere vincolati dal diritto eurounitario. Al contrario, a Varsavia si ritiene di poter restare nell’Unione ma senza alcun vincolo riguardante i diritti fondamentali, come ad esempio quello relativo all’indipendenza e imparzialità del giudice.

La decisione del tribunale costituzionale polacco trova la sua ragione nel procedimento in corso alla Corte di giustizia europea. Un procedimento promosso dalla Commissione, con cui si chiede al giudice Ue di dichiarare contrarie ai Trattati le (contro)riforme autoritarie sulla giustizia introdotte dal governo e dal parlamento di Varsavia.

Naturalmente arriva il repentino ed entusiastico plauso delle forze antieuropee, Meloni e Le Pen in testa. Così la decisione della Corte polacca, al di là del caso nazionale, rischia di diventare un collante pericoloso per tutti gli scontenti, i nazionalisti e i fascisti.

La Commissione, una tantum, ha reagito, si spera che il Parlamento europeo faccia altrettanto, facendo valere la sua legittimazione democratica. E ben farebbe a fare altrettanto di fronte alla richiesta di dodici paesi membri di finanziare con i fondi comuni di bilancio un muro ‘modello Trump’ per fermare l’immigrazione. Una deriva che potrebbe avere esiti catastrofici per il futuro comune di una Unione europea che peraltro, sulla questione epocale dei migranti, sta mostrando una ipocrisia rivoltante.