Anche in Sardegna il cancro dei contratti pirata - di Maria Teresa Sassu

La lotta è importante, ma serve la legge sulla rappresentanza

CISAL, CONFAIL, ANPAC, CONFSAL, SAVT, UGL, FLSCB, CLAS: sono alcuni dei “sindacati” autonomi e minoritari che, insieme ad “associazioni” imprenditoriali poco rappresentative, sottoscrivono contratti collettivi nazionali in contrapposizione ai CCNL “storici”, sottoscritti

dai sindacati confederali con le associazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative.
Sono i “contratti pirata”, definiti così proprio perché, come i pirati, con forza e violenza derubano e depredano i beni altrui a proprio esclusivo beneficio. Nel nostro caso i “pirati” sono organizzazioni di fatto inesistenti o nate solo con l’obiettivo di fare dumping salariale che, con la complicità di pseudo sindacati, firmano nuovi CCNL con il solo fine di un risparmio in termini economici e un depauperamento di diritti e tutele.
In Italia ci sono quasi 600 contratti pirata: un numero altissimo.

L’effetto di un contratto pirata ricade sulla riduzione dei minimi tabellari stabiliti, sul numero di ore di permessi, di ferie, malattie, maternità, 13* e 14*, sulla possibilità di usufruire di misure di welfare aziendale, sulla facoltà di accedere alla formazione erogata dagli organismi bilaterali. I lavoratori arrivano a percepire fino al 30% in meno di retribuzione rispetto ai loro colleghi. Con l’attuale sistema delle deroghe, molti contratti peggiorano addirittura quanto stabilito dalle leggi.

Non esiste una norma che stabilisca per legge chi è titolato a siglare rinnovi contrattuali che abbiano valore per tutti gli addetti di un dato settore. “La misurazione e la certificazione della rappresentanza significano non solo garantire la libertà sindacale, ma darci delle regole…. attraverso questa Convenzione sarà possibile superare i contratti pirata, che rischiano di mettere in discussione i diritti dei lavoratori e la leale concorrenza delle imprese”: così Maurizio Landini, subito dopo la firma con Confindustria, Inps e Ispettorato del lavoro, il 19 settembre 2019. La Convenzione consentirebbe la misurazione e la certificazione della rappresentanza sindacale e, dunque, l’individuazione delle sigle autorizzate a firmare contratti rappresentativi; ma nel 2021 non ha ancora prodotto i risultati sperati.

In Sardegna i contratti pirata proliferano e come una piovra allungano i tentacoli anche nei settori più inimmaginabili: dal commercio al turismo e soprattutto nella vigilanza privata.

Nel sassarese un’azienda commerciale di vendita al dettaglio di alimentari, con 21 punti vendita a Sassari e Ittiri, che applicava il CCNL, nel 2019 decise di uscire da ConfCommercio e disdettò l’adesione all’E.B.T.E.R. per applicare un CCNL pirata. I lavoratori, con l’inganno e il ricatto, vennero chiamati a sottoscrivere il nuovo contratto di assunzione che non include la 14esima mensilità, contiene declaratorie di mansioni che poggiano su differenti livelli di inquadramento e retribuzione lorda mensile, diminuisce il numero di ore annue di permessi retribuiti (32 anziché 72). Inoltre, in malattia la carenza viene pagata soltanto se l’evento supera i sette giorni di calendario e i primi 3 giorni di carenza INPS/INAIL vengono retribuiti nella percentuale del 60%; aumentano infine, notevolmente, i termini di preavviso per ambedue le parti, e tanto altro ancora.

Come Filcams Cgil iniziammo una battaglia finalizzata all’annullamento di quel nuovo contratto. Convocammo assemblee sindacali permanenti all’ingresso del punto vendita più prestigioso, riempimmo la piazza di bandiere e sensibilizzammo i clienti con un volantinaggio serrato, proclamammo scioperi. Ottenemmo come risultato che i lavoratori nostri iscritti ritornassero al CCNL tradizionale. Vincemmo una battaglia a metà, poiché gli altri lavoratori non iscritti e iscritti ad altri sindacati ancora oggi mantengono il contratto pirata.

Più subdolo è stato l’ingresso dei contratti pirati negli appalti pubblici, pulizie, ristorazione, vigilanza e portierato. La retribuzione nettamente inferiore per i lavoratori, rispetto a quelle previste dall’applicazione dei CCNL sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil, hanno determinato un notevole risparmio in termini di costo del personale per le aziende che li applicano, sfociando in una concorrenza sleale verso quelle aziende virtuose che invece applicano i CCNL sottoscritti con le OO.SS. Confederali. Nonostante i numerosi interventi con gli Enti Pubblici e le mobilitazioni, ben poco si è potuto fare. Il silenzio assordante della politica, delle Committenti e delle Prefetture ha generato una guerra tra poveri, mettendo gli uni contro gli altri le aziende e i lavoratori. Episodi come la recente morte di Adil Belakhdim, che ha perso la vita travolto da un camion durante un presidio sindacale in provincia di Novara, non devono accadere mai più. Non si può rispondere con la violenza a chi combatte per difendere i diritti e la dignità dei lavoratori, lottando contro un sistema di appalti e subappalti che favorisce l’applicazione di contratti pirata, le forme di sfruttamento lavorativo e negazione delle libertà sindacali.

Anche in Sardegna, nelle località balneari della nostra provincia, le aziende più “rinomate” stanno applicando i contratti pirata con grave pregiudizio per i lavoratori stagionali e non. Era il luglio 2020, speranzosi in un’isola Covid free, quando a Cala Gonone, nel super gettonato villaggio Palmasera, 50 donne coraggiose, unite, si ribellarono all’applicazione del contratto pirata siglato tra l’azienda e un sindacato poco rappresentativo, dimettendosi in massa, e tutto il personale di cucina le seguì. La vicenda fece scalpore arrivando addirittura sul tavolo del Presidente della Regione Sardegna. Nonostante ciò, l’imminente stagione turistica ci mostra un quadro rimasto praticamente invariato: la riduzione di stipendio e contribuzione e la rinuncia ai diritti e alle agibilità sindacali come “condizione della ripartenza”.

La realtà dei fatti dimostra che una realtà costruita su ricatti e servilismo produce solo un danno irreversibile all’intero impianto della leale e corretta contrattazione collettiva. Occorre ribadire ad alta voce che, oggi più che mai, è necessaria una legge sulla rappresentanza che ponga fine a questo scempio.


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