Una sfida per la CGIL: rinnovare senza rottamare, trasmettere valori, socializzare le esperienze, fare incontrare le generazioni - di Federico Antonelli

Reds n. 11 - 2020 Hits: 398

“Rinnovare in Cgil non è rottamare: significa prima di tutto valorizzare e far incontrare le generazioni, consapevoli che una nuova leva di delegate e delegati, di volontari va conquistata, formata e aiutata nella dura prova della contrattazione aziendale, categoriale e sociale. Le nuove generazioni in CGIL, come sempre, hanno bisogno di fare nuove esperienze, e quelle vecchie hanno il dovere di trasmettere il proprio sapere, in un reciproco riconoscimento. Perché fare il “sindacalista” non è un lavoro, un impegno come altri, oggi più di ieri bisogna avere passione, esperienza e responsabilità. Il contesto e il periodo storico richiedono di tenere la prua rivolta al mare aperto, non solo per ricomporre ma anche per ricostruire, perché rinchiudendosi nei porti si muore e si perde la sfida del futuro.” [Lavoro Società per una CGIL unita e plurale, “la CGIL del futuro”, giugno 2019]

La storia della sinistra sindacale non si è mai interrotta. Un filone lungo quasi trent’anni in cui si sono susseguiti diversi compagni che hanno dato vitalità alla nostra area. Una storia che affonda le proprie radici anche nelle assemblee autoconvocate del “movimento dei consigli” e che ha visto un susseguirsi di parole d’ordine, e compagni che vi hanno militato. Sono cambiati i nomi, da “Democrazia consiliare” e l’incontro con sindacalisti del Movimento della Rifondazione comunista e della sinistra PDS che dette vita ad “Essere Sindacato” nel 1991, ad “Alternativa Sindacale” nel 1994, fino al nostro attuale nome che racchiude anche una forte dichiarazione di intenti: “Lavoro e società, per una CGIL unita e plurale”.

I coordinatori confederali nazionali che hanno segnato questa epoca sono stati Bertinotti e poi Patta. A loro è seguito Nicolosi. Oggi Giacinto Botti è il nostro referente. Per quel che riguarda la FILCAMS-CGIL bisogna ricordare Bruno Rastelli, mentre in segreteria c’era Scarpa. Ed oggi il nostro coordinatore è Andrea Montagni.

Se ognuno di noi riflette sulla propria vita sindacale ricorda sicuramente un dirigente, un sindacalista e compagno con il quale si è confrontato a livello locale. Ho già citato Bruno Rastelli. Ripenso a compagni come Antonio Lareno e Dora Maffezzoli nella segreteria della FILCAMS a Milano. E ultimi Maria Carla Rossi, Giorgio Ortolani e oggi Massimo Cuomo. Alcuni di loro hanno poi fatto scelte diverse. Cosa che capita nella vita politica e sindacale.

Io delegato prima, funzionario sindacale poi, mi rapportavo con loro ascoltando e non temendo di poter intervenire; certo di potermi rapportare con orecchie attente, pur se consapevoli delle ingenuità che esprimevo nei miei interventi. Ma in quel confronto sentivo di potere apprendere e formarmi.

Le generazioni hanno storie e problemi diversi. La storia della formazione politica è molto cambiata in questi anni. I movimenti si sono modificati, diventati meno stabili e strutturati. Spesso hanno vissuto di fiammate che hanno avuto la durata di un giorno: le giovani generazioni non sempre ne hanno fatto parte in modo completo e così non hanno conosciuto e maturato l’esperienza della scuola politica degli anni ‘70.

Ma hanno conosciuto la precarietà, il lavoro come variabile dipendente dalla fase contingente. I giovani si confrontano con una globalizzazione che non è stata solo esperienza di scambio culturale. Conseguenze tangibili di questo modello sono: il fenomeno dell’immigrazione e la conseguente concorrenza per il lavoro. Le delocalizzazioni che hanno azzerato intere aree produttive, un tempo floride e i giovani che perdevano il lavoro, e, a volte, anche parte delle proprie speranze iniziali. La necessità di uscire dall’Italia per cercare opportunità diverse che il nostro paese non sa più offrire, e questo anche per chi ha una formazione di alto livello.

I giovani hanno reso plastica la contraddizione moderna del lavoro e di come la società vi si adegui e modifichi. Ma l’esperienza da sola non è sufficiente: perché un giovane fa fatica a razionalizzare il concetto di classe, pochi ne hanno sentito parlare. Perché un giovane spesso non ha vissuto l’esperienza del conflitto sociale organizzato e non sempre riesce a riconoscerne i meccanismi.

E’ in questa lettura delle diverse esperienze che allora si gioca la grande sfida del rinnovamento. Nel reciproco riconoscimento che le generazioni devono garantirsi e a cui l’organizzazione deve saper orientare il proprio operato, sempre. Oggi una generazione che ha maturato una scuola politica che non c’è più, deve costruire la propria successione sulle spalle dell’attuale generazione che, forse, non allenata alle sfide della storia, sente il peso di tale eredità.

La storia della CGIL, della sinistra in CGIL, passa da questa che è la vera sfida dell’organizzazione: saper rinnovare senza rottamare, saper trasmettere conoscenza e saper fare incontrare generazioni, nel flusso continuo della propria esistenza. Come sa fare da oltre cento anni la CGIL e da oltre trenta la sinistra sindacale moderna.

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