Rimini, seminario nazionale Filcams della Sinistra Sindacale - Lottare insieme - di Massimo Frattini*

Reds n. 1 ter - 2020 Hits: 501

*Coordinatore internazionale per il settore del turismo per la federazione internazionale [global union] IUF-UITA-IUL)

Le nostre campagne Globali per organizzarci e vincere

 

Ringrazio Andrea e Federico per l’invito, ringrazio la Filcams che è tuttora il mio sindacato essendo io ancora iscritto, nonostante un esilio che dura ormai da qualche anno.

Prima di trattare il tema di oggi sulle campagne globali, mi presento. Sono Massimo Frattini, vengo dalla Filcams di Milano, sono stato delegato in albergo, funzionario a Milano per poi nel 2012 andare a Ginevra in un sindacato globale internazionale a cui la Filcams è iscritta. In particolare seguo il settore del turismo.

Il  nome del sindacato è un acronimo inglese lunghissimo: sindacato dei lavoratori dell’agricoltura, dell’industria alimentare (per esempio Coca Cola, Nestlé, Unilever), degli alberghi. Vi sono poi anche settori più piccoli come quelli del tabacco, del catering che di fatto è parte del grande mondo del turismo. È una federazione internazionale i cui iscritti sono i sindacati nazionali di questi settori.

Per quanto riguarda l’Italia, vi sono la Filcams, la Fist CISL e UILTuCS per quanto riguarda il settore del turismo; vi sono poi Flai, Fai e Uila per quanto riguarda il settore dell’agricoltura e dell’industria alimentare.

I dati di ieri mattina registravano 422 sindacati affiliati in 127 paesi che vanno da un sindacato grande come la Filcams a un sindacato di un albergo di Sabah in Malesia che si è voluto affiliare ritenendo opportuno partecipare.

Rappresentiamo dieci milioni di lavoratori anche se i reali pagatori sono un po’ meno (due milioni e mezzo) in quanto in alcuni paesi non esiste nemmeno la possibilità di iscriversi: un lavoratore agricolo dell’America Latina, dell’Africa o del Sudest asiatico non ha modo di sostentarsi, aderisce a un sindacato ma non può pagare una quota; tuttavia noi rappresentiamo anche queste persone.
In questi paesi quando arriva una multinazionale, creare un sindacato non è affatto facile e spesso porta anche a scontri fisici con i lavoratori che vengono picchiati.

Due anni fa, in occasione del precedente seminario del 2017, esposi una presentazione sulle campagne globali. Quelli raffigurati nella slide numero 1 sono i marchi (cosiddetti “brand”) con i quali lavoriamo e contro i quali a volte facciamo campagna.

Potete ora osservare la slide numero 2 che descrive come intendiamo la nostra attività quotidiana di organising: partendo dall’alto vi sono l’organizzazione e la lotta per ottenere ci sia il riconoscimento del sindacato in quei paesi dove non vi è tale riconoscimento. E’ questo un lavoro che si realizza sia a livello internazionale che a livello locale. Il circolo organizzativo è composto dalla negoziazione di nuovi spazi per l’attività sindacale la quale porta a more organising (maggiore sindacalizzazione), e come conseguenza a maggiori e migliori standard di relazioni e successivamente accordi.

Gli ingredienti sono: definire gli obiettivi della campagna durante la fase di preparazione, capire come incrementare la campagna; avere le informazioni che devono essere affidabili, cruciali, tempestive e regolari. Occorre poi capire se il sindacato è capace di gestire la campagna. Così, ad esempio, il sindacato attivo in Guinea ha bisogno del nostro aiuto che noi gli offriamo con tutto il supporto possibile.

Il contesto in cui il sindacato lavora è assai diverso da paese a paese. In Italia c’è un contesto in cui la CGIL ma anche le altre sigle sindacali hanno agibilità, se si pensa a un paese come la Guinea, dove il proprietario dell’albergo è amico di un Ministro, diventa complicato potere agire liberamente. Un altro esempio è un albergo in Indonesia il cui proprietario è un ex Ministro del Lavoro e dirigente di alto livello di un partito politico: anche in tal caso per i lavoratori diventa veramente difficile organizzarsi e sostenere una campagna.

Altro ingrediente è la pressione internazionale a sostegno di una determinata campagna che può provenire dagli affiliati o anche da soggetti esterni al sindacato che possono operare pressioni: le ONG, gli investitori istituzionali, con i fondi pensione dei sindacati che possiedono una grande mole di denaro sono i soggetti sui quali e con cui agire.

Nella slide numero 3 è elencata una liste delle sette più grandi catene mondiali: Marriott, Jim Iang (una catena cinese), Hilton, IHG, Holiday Inn, Crowne Plaza , Wyndham (Stati Uniti), Accor (Francia). In questo momento Marriott è per me la campagna. È un’azienda leader di mercato, la più grande catena alberghiera al mondo e, essendo la più grande, è ad essa che dobbiamo puntare perché è quella che determina gli standard del settore. In Italia Marriott significa principalmente Starwood, con cui è stato siglato un contratto integrativo aziendale che posso a ben ragione definire eccellente, grazie al lavoro delle compagne e dei compagni. Nel resto del mondo Starwood è conosciuta soprattutto come un’azienda antisindacale, e purtroppo è vero: le difficoltà che abbiamo riscontrato in Guinea di cui parlavo prima esistono in tante altre parti del mondo.

Con gli affiliati nel 2018 abbiamo deciso di attaccare Marriott sotto l’aspetto delle molestie sessuali. Era nato da poco il Movimento “Me Too”, quell’anno peraltro era in corso la conferenza dell’ILO l’organizzazione internazionale del lavoro, in cui si discuteva di cominciare a lavorare su una convenzione contro le molestie sessuali per cui ci sembrò il momento migliore per fare di Marriott il nostro obiettivo principale.

Marriott non possiede tanti alberghi quanti ne ha Hilton o IHG, ma ha un fatturato che dimostra la sua potenza.

Tornando alla campagna contro le molestie sessuali, abbiamo fatto una manifestazione a Ginevra nei giorni in cui si svolgeva la conferenza dell’ILO. Nella slide numero 4 potete vedere le lavoratrici che vanno a portare direttamente a un direttore d’albergo della catena Marriott quelle che abbiamo definito “domande globali”, cioè cosa chiediamo come lavoratori e lavoratrici nei confronti della società Marriott. Si chiese inoltre di negoziare con noi in quanto IUF per potere poi negoziare a livello globale. Il direttore si è dimostrato gentile: ha fatto entrare i lavoratori; ha affermato che a livello personale era d’accordo con loro, ma disse “non voglio che tale mio pensiero sia riportato agli altri”.

Siamo poi andati nel secondo albergo, forse uno dei più belli e lussuosi di Ginevra, il “President Wilson”, situato sul lungolago e quel direttore ha mostrato la vera faccia di Marriott: “Questa è la porta d’ingresso ma voi non potete entrare”.

Si sono poi svolte manifestazioni, abbiamo organizzato un evento all’ILO in cui le lavoratrici hanno testimoniato le loro esperienze di molestie sessuali.

La campagna è ancora in atto: stiamo svolgendo una serie di attività con gli affiliati affinché Marriott ci ascolti e si sieda al tavolo di negoziazione.

Accor è altresì importante per due ragioni: in primo luogo è stata la prima catena in assoluto che, nel 1995, firmò con noi l’accordo globale sul rispetto dei diritti sindacali. Poi nel corso degli anni si è evoluta e due anni fa iniziò a parlare di un progetto di vendita (denominato “progetto boouster”) che prevedeva la vendita di tutti gli immobili. Come conseguenza Accor è diventata una società che ha marchi ma non ha immobili; ne consegue altresì che Accor è ora priva di dipendenti i quali sono soltanto quelli delle sedi. È complicato attaccare una società che non ha dipendenti sapendo che è difficile organizzare le sedi come forza lavoro. Questa operazione ha prodotto la nascita dell’azienda AccorInvest che possiede fisicamente gli alberghi e dunque è quella che assume i lavoratori degli alberghi, principalmente in Europa dove ne possiede circa 900.

La seconda ragione per cui noi riteniamo Accor è importante è che, in virtù dell’accordo del 1995, non possedendo più alberghi i quali sono ora gestiti da terzi o in franchising o dati in gestione, può comportare alcune violazioni, e in questo momento ne abbiamo due clamorose: una in Indonesia dove è stato licenziato il presidente del sindacato indonesiano che è dipendente di un albergo Accor e anche leader sindacale del suo albergo, una che riguarda il sindacato della MGallery a Myammar (Birmania). Li il sindacato è stato distrutto dal proprietario locale famoso per i suoi legami con il regime militare. Con questo personaggio controverso Accor ci fa business per cui – a nostro avviso – c’è una responsabilità pericolosissima a cui Accor deve dare risposte ai lavoratori, a noi  e all’ONU che ha redatto il rapporto in cui sono evidenziati questi legami pericolosi.

Nella foto della slide numero 5 siamo ritratti io che faccio triathlon con due compagni scandinavi (una compagna del sindacato svedese e un compagno del sindacato finlandese): in quell’occasione correvamo con la maglietta con su scritto “Not on the menu” che è lo slogan che il sindacato dei paesi nordici utilizza nella campagna contro le molestie sessuali nel settore del turismo. Nel periodo natalizio si svolgono feste aziendali, feste fra amici negli alberghi, nei ristoranti e, a causa di un eccesso di alcool e di un pizzico di spirito libero, le molestie sessuali sono all’ordine del giorno. La campagna nei confronti dei clienti da parte delle cameriere e dei camerieri è, pertanto, quella di dire che esiste un limite che non deve essere oltrepassato. Trattandosi di un una campagna di sensibilizzazione, ci è sembrato doveroso farla nostra.

E’ dal 2017 che abbiamo sposato la campagna, da quando il congresso della IUF ha deciso che le molestie sessuali costituivano una priorità per tutti i settori del sindacato (dall’agricoltura all’azienda alimentare). Per quanto ci riguarda, la campagna si è concretizzata in un accordo firmato a luglio con AccorInvest che prevede modalità di lavoro congiunte per fermare le molestie.
La stessa cosa è stata fatta nel gennaio di quest’anno con Meliá, una catena spagnola con cui abbiamo anche un accordo quadro globale sui diritti dei lavoratori firmato nel 2013, a dimostrazione che con Meliá c’è un lavoro costante.

Le molestie colpiscono principalmente le donne ma può capitare che accadano anche verso gli uomini. Qualsiasi sia l’obiettivo (uomo o donna) devono essere trattati nella stessa maniera, non ci possono essere differenze nella gestione di un caso di molestie sessuali. Importante che le aziende riconoscano che le molestie arrivano sì dai colleghi, sì dai superiori ma anche dai clienti; si rende quindi necessario sia insegnare ai dipendenti come lavorare con i clienti sia informare questi ultimi che le molestie non sono tollerate e che scatteranno misure a difesa dei lavoratori.

Meliá e AccoriInvest riconoscono l’importanza di una procedura locale: abbiamo firmato l’accordo quadro ma poi l’implementazione a livello territoriale va fatta con la formazione, con l’informazione, con la diffusione del materiale. A tale proposito informo che firmammo un accordo con Sodexo e che il primo Paese a riconoscere e a trasformare quell’accordo quadro globale in accordo locale fu l’Italia. Un accordo locale del genere dunque, dovrà essere fatto anche con Meliá e AccorInvest.

Accor ha ottantadue alberghi in Italia di cui venti sono AccorInvest e con i quali c’è già un accordo fatto. Marriott ne ha sessantacinque, Meliá ne ha sei. La domanda che lascio qua e che posi qualche settimana fa a Luca De Zolt: “Come dare seguito a quello che diciamo, a quello che firmiamo e a quello che facciamo?” lasciamo i lavoratori da soli oppure, visto che c’è un lavoro fatto da altri, il sindacato nazionale prova a inserirsi e a dare risposte? Spazi non mancherebbero di certo.

Svolgiamo anche campagne a difesa dei diritti dei lavoratori, diritti violati. Nella slide numero 6 potete osservare le immagini di alcune nostre pagine internet in cui chiediamo agli affiliati, agli iscritti di fare una cosa che può sembrare semplice ma che ha un forte impatto: inviare una email alla società “ics” perché in quel momento in uno dei suoi alberghi è in atto una violazione abbastanza grave. Nella prima immagine si può osservare che non ci si limita a una mera lettera di contestazione, ma è la denuncia che in uno stabilimento della Perfetti van Melle in Bangladesh viene utilizzato lavoro minorile. Ora, il sindacato ha fatto denuncia, ha chiesto che l’azienda facesse cessare tale situazione ma purtroppo alcune bande hanno assaltato e picchiato i sindacalisti e i lavoratori che chiedevano la cessazione del lavoro minorile. Stiamo lavorando non solo con quel piccolo sindacato ma anche con il sindacato olandese (la sede dell’azienda è in Olanda) per fare pressioni sulla “Direzione Corporate” essendo davvero una situazione intollerabile, al di là di ogni immaginazione.

Recentemente in Cambogia in un hotel al cui interno c’è un Casinò il sindacato voleva negoziare salari e condizioni di lavoro: ebbene la presidente del sindacato, è stata sospesa con la conseguenza che quattromila lavoratori sono in agitazione.

Per quanto riguarda la Coca Cola, in ogni parte in un dato momento c’è una violazione. Abbiamo relazioni anche formali con Coca Cola: ci sediamo al tavolo due volte l’anno ma ciò non toglie che vi siano momenti di forte tensione con l’azienda come avviene in Indonesia dove il gestore locale dello stabilimento in cui si imbottiglia non vuole sentire ragioni e continua a violare le regole.

Un’altra attività – e dunque non una mera campagna – che svolgiamo in tutti i settori e a tutti i livelli riguarda l’inclusione di genere e l’inclusione degli LGBTI (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender e Intersex). Esiste un gruppo di lavoro, steering group, formato da circa una dozzina di persone che si occupano della raccolta di tutte le esperienze di contrattazione, di materiale di formazione e di informazione per i diritti delle persone LGBTI. Questo per noi è molto importante perché se in qualche Paese c’è una legislazione a favore dei diritti dei LGBTI  in altri Paesi non vi è una legislazione in merito bensì una contrattazione in cui interviene il sindacato: ad esempio negli Stati Uniti ci sono molte aziende in cui il sindacato contratta a livello di stabilimento condizioni che la legge non prevede sulla tutela dei LGBTI.

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