Rappresentanza sociale e contrattazione - di Federico Antonelli

In questi mesi di emergenza molti soggetti politici hanno cercato di insinuare il pensiero che la contrattazione e il ruolo del sindacato siano un freno agli interessi dei lavoratori e delle imprese. Che fare trattative sindacali sia una perdita di tempo che garantisce solo la sopravvivenza del sindacato e non fa gli interessi dei lavoratori. E’ un pensiero disonesto e strumentale. Senza la gestione degli ammortizzatori sociali con la contrattazione sull’anticipo dell’indennità di cassa un numero più ampio di lavoratori avrebbe vissuto, a causa del noto problema dei ritardi nelle pratiche ministeriali e all’INPS, il problema della mancanza di reddito per mesi. Senza la contrattazione dei protocolli sulla sicurezza e le misure di protezione adottate nelle imprese molti lavoratori sarebbero stati esposti al rischio contagio senza nessuna forma di tutela. L’esperienza della Lombardia e il silenzio di Assolombarda e delle autorità politiche, supine ai suoi interessi, che hanno determinato la diffusione del contagio da cui ancora non ci siamo liberati, ben rappresenta cosa significa lavorare in un contesto sociale in cui la contrattazione viene messa in disparte. Il potere dell’impresa diviene assoluto e il solo interesse sociale garantito è quello dell’azienda e del suo profitto. Nei protocolli sottoscritti con il governo e con le parti sociali si è costruito invece un equilibrio, fragile, da rivendicare con tenacia, e a cui non si può rinunciare. Pena la sconfitta di ogni idea di lavoro equo, giusta retribuzione e rispetto dei diritti.

Se questa esperienza del Covid-19 può insegnare qualcosa è che il solo vero vaccino al potere assoluto, e a volte omicida, del profitto sta nell’equilibrio del ruolo della rappresentanza sociale e della contrattazione, così come scritti nella Costituzione.