Tornio e telaio. Il lavoro nelle geometrie e i colori di Fortunato Depero - di Guendalina Piselli

Questa volta “old reds” ospita un pezzo che non è dedicato a ricostruire passaggi della storia del movimento operaio, ma alla ricontestualizzazione artistica del rapporto tra arte, cultura e società italiana del secondo dopoguerra, negli anni della ricostruzione, quando il lavoro era per tutta la società la plastica definizione di una certezza per un migliore avvenire. Verrà il momento di una rubrica dedicata espressamente alla letteratura
e all’arte… (ndr)


Nel 1949 Giuseppe Verzocchi, industriale forlivese, invia una circolare ad alcuni importanti pittori del tempo invitandoli a realizzare un’opera che rappresentasse il lavoro. Due i vincoli imposti: le dimensioni 90x70 e la presenza di un mattone che riportasse la sigla V&D della società alla quale era capo. Al centro di questa azione il lavoro come elemento fondante dell’economia e della società italiana distrutta dal Fascismo e dalla guerra. Un esempio di committenza che mette in luce, negli anni della ricostruzione post bellica, di considerare la cultura e l’arte non come bene accessori, ma come fattori indispensabili per lo sviluppo. La libertà concessa agli artisti di utilizzare diverse tecniche e stili dal Verzocchi regala oggi una collezione capace di restituire il panorama italiano artistico della seconda metà del Novecento rispecchiando la varietà e la vivacità di un periodo di snodo: si raccoglie la lezione cubista della scomposizione, si rielaborano gli esiti dell’esperienza metafisica, mentre prosegue il filone naturalistico e plastico e si affaccia il preludio dell’Informale con l’uso materico del colore e l’astrattismo della figura.

Tra gli artisti convocati dal Verzocchi c’è anche Fortunato Depero, allievo di Giacomo Balla con il quale nel 1915 firma il manifesto “Ricostruzione futurista dell’universo” dove inneggia ad un mondo gioioso, coloratissimo e luminosissimo. Il pittore trentino, trasferitosi a Roma allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, porta nel movimento futurista la riflessione sulla genesi e la struttura funzionale della forma, una ricerca che lo condurrà alla scoperta della forma per eccellenza: il parallelepipedo. Per la collezione Depero realizza “Tornio e telaio”, un dipinto su tela che appartiene ad una seconda fase di ricerca durante la quale i folletti e le marionette, leitmotiv del suo primo periodo, lasciano il posto a motivi geometrici ripetuti e personaggi dalle sembianze più umanoidi. I pupazzi utilizzati a partire dal 1917 dopo l’incontro con il poeta svizzero Gilbert Clovel con il quale realizza il Teatro Plastico, sono qui sostituiti da due automi intenti ad utilizzare due macchinari differenti, il tornio e il telaio appunto, ma la cui rappresentazione nella semplificazione delle forme sembra non essere poi così differente. A far da padrone nella composizione generale sono la diagonalità e la geometria. Anche nella raffigurazione dei due lavoratori, presumibilmente un uomo e una donna, i corpi sono costruiti attraverso la ripetizione di elementi geometrici. Un cambiamento causato dalla disillusione nei confronti dell’Aeropittura futurista che si era affermata alla fine del primo conflitto mondiale come espressione del mito della macchina e della modernità.

Del primo periodo il pittore porta dunque con sé l’idea di ridisegnare e riplasmare ogni ambito del vivere umano espressa nel manifesto, ma con la convinzione che non fosse possibile farlo rimanendo chiusi in gallerie e musei o limitandosi ad esercizi sperimentali della visione. Alla questione della rappresentazione della realtà come “stato d’animo” del primo Futurismo, Depero sostituisce e sovrappone soluzioni di stile: la vita quotidiana ha bisogno di formule pratiche, sofisticate, ma semplificate per rendere la lettura della forma istantanea in una società dinamica e veloce. Nasce da questa nuova visione del cambiamento l’interesse di Depero, e di tutto il gruppo del secondo futurismo, per le arti applicate e il suo coinvolgimento nel mondo della pubblicità iniziato negli anni Venti ed esplosa a livello mondiale grazie al suo soggiorno a New York. Non è dunque un caso rintracciare quei fondali scomposti di “Tornio e telaio”, di chiara influenza teatrale, nelle pubblicità realizzate per la Campari, la San Pellegrino e la Rimmel. A dividere la tela in due è la parete obliqua dell’officina rappresentata con i colori caldi della terra, mentre sulla sinistra della tela dominano i colori freddi dell’azzurro. La sensazione è quella di trovarsi ad osservare due azioni che accadono contemporaneamente in luoghi lontani, quella di destra non è forse l’industria VD come indica il mattone nell’angolo destro del dipinto?


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