Sindacato, classe e partito - di Andrea Montagni

Reds n. 6 - 2019 Hits: 936

Una riflessione sull’esito elettorale

Il voto, nelle elezioni europee è andato ad una destra dimentica dei valori di solidarietà, partecipazione e uguaglianza della Repubblica nata dalla Resistenza. Ormai da anni milioni di cittadini proclamano la loro estraneità dalla vita politica e sociale con l’astensione dal voto. Disillusi da una sinistra che negli ultimi 20 anni ha tradito ogni aspettativa di trasformazione e cambiamento, ha contribuito a smantellare le conquiste del movimento operaio, incapace di dare fiducia nel futuro. Xenofobia, razzismo, individualismo ed egoismo sono la cifra della quotidianità, mentre cresce l’insicurezza sociale a partire dal lavoro e dalla sua precarizzazione.

Della massa degli astenuti e dei voti alla destra autoritaria e xenofoba fanno parte la stragrande maggioranza dei lavoratori, anche buona parte degli iscritti al sindacato confederale e non solo. Le elezioni confermano che per la massa dei lavoratori la sinistra estrema appare inutile e residuale, mentre il PD resta il partito della legge Fornero e del Jobs act.

La CGIL resta l’unica forza che può - perché ha ancora l’autorità sociale e morale per farlo - contrastare a viso aperto la xenofobia, il razzismo, le pulsioni autoritarie, purché non venga confusa con una opposizione che continua a predicare la fedeltà ai diktat della Commissione europea e che continua a proporre le ricette del liberismo economico.

La CGIL manifesta contro le politiche del governo, perché questo rifiuta il dialogo e il confronto; perché non mette al centro gli investimenti politiche per creare lavoro (non perché contesta i vincoli di Maastricht); perché non intende adottare una politica fiscale basata sulla lotta all’evasione, la patrimoniale sulle grandi ricchezze e la riduzione delle tasse ai lavoratori; perché non mette mano ad una riforma delle pensioni che abolisca la Fornero e che rispetti il principio di perequazione delle pensioni (ma non perché ha introdotto la quota 100); perché non procede ad una riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche di sostegno al reddito che ripristini ed estenda la cassa integrazione e introduca un reddito di sostegno (non perché ha introdotto il reddito di cittadinanza); perché vuole una legge che estenda erga omnes i contratti collettivi di lavoro, mentre il salario minimo di legge sarebbe una misura che non tiene conto del salario indiretto, delle condizioni di lavoro e dei diritti dei lavoratori che il contratto definisce…

L’autonomia non è separatezza. Bisogna incoraggiare la partecipazione attiva e consapevole delle masse lavoratrici alla vita politica e amministrativa del Paese e, come abbiamo dimostrato sul referendum costituzionale, non siamo neutrali rispetto agli esiti politici e istituzionali.

Le nostre iscritte e iscritti devono essere spronati a partecipare attivamente e direttamente alla vita politica ed istituzionale. Siamo consapevoli che in prospettiva non c’è sindacato confederale di massa, senza un partito dei lavoratori e della trasformazione sociale, di massa e radicato nel paese, così come non ci può essere un partito dei lavoratori senza un grande sindacato confederale, in un legame dialettico fecondo.

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