Il pane e le rose - di Federico Antonelli

La militanza sindacale è vita vera, di fatica, ma anche di gioia

“Il mestiere del sindacalista” era il titolo di uno dei corsi di formazione a cui partecipai agli inizi della mia militanza sindacale alla metà degli anni novanta. Il concetto di base su cui si poggiava tutto il corso, tenuto dal compianto Spartaco Veglia, istituzione della formazione sindacale confederale milanese era: il delegato è un dirigente sindacale insostituibile, la figura su cui si poggia tutta l’organizzazione della CGIL e che può determinare, con il proprio operato, la bontà delle relazioni sindacali.

“Studiate ed abbiate fiducia nel vostro agire”, ci esortava Spartaco.

Da allora, in un mondo che cambia a velocità frenetica, questa idea non è stata sostituita da nessun’altra.

La FILCAMS ha deciso di usare come slogan per il proprio congresso nazionale di Assisi la parola Collettiva. Un titolo che rappresenta questa necessità vitale. Senza il collettivo di struttura e delegati non c’è futuro per il sindacato e la CGIL, di questa idea, ha fatto la propria forza.

Se durante tutti i congressi, in ogni singola istanza, il livello del dibattito è cresciuto in maniera esponenziale, se la nostra è diventata la prima delle categorie attive della CGIL, se il nostro radicamento sociale è ancora profondo, nonostante i ripetuti attacchi di forze politiche che vedono in questo fatto il pericolo alla propria ambita egemonia, è perché, del rispetto e valorizzazione del ruolo del delegato, si è continuata a fare prassi e non mera dichiarazione statutaria.

Il delegato è colui che si impegna in prima persona a intrattenere il rapporto con i colleghi, è colui che conosce i processi produttivi e organizzativi della propria realtà, è colui che vive e racconta le condizioni di lavoro delle persone, il rapporto tra l’attività lavorativa e la vita personale. Un patrimonio di conoscenze e lavoro fondamentale, che chiunque sarà designato alla guida della nostra organizzazione, e noi sosteniamo dichiaratamente la candidatura di Maurizio Landini, dovrà salvaguardare da una realtà che delega ai social, al virtuale, la militanza, che invece è vita vera, vissuta di fatica, sudore ma anche festa; perché i compagni che lottano hanno diritto alla festa, come quella che si è vissuta durante il congresso di Assisi e come Ken Loach ci ricordava nel bel film “Il pane e le rose”.

La salvaguardia di questa idea passerà necessariamente dalle risorse economiche, anche a fronte di alcune possibili difficoltà, messe a disposizione dei delegati attraverso la formazione, l’organizzazione dei coordinamenti e il coinvolgimento degli stessi in ogni scelta futura.
Solo così continueremo ad essere il più grande sindacato e la prima associazione di massa del nostro paese.


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