La Cgil? Una speranza di cambiamento per milioni di lavoratori - di Pasquale Cesarano

Pubblichiamo l’intervento che Pasquale ha pronunciato il 28 febbraio a Roma durante l’Assemblea nazionale “Per una CGIL unita e plurale” promossa da Lavoro Società CGIL.

Questa è una delle tappe che ci porterà al Congresso… un Congresso che giunge in un complesso momento storico denso di conflitti innanzitutto a livello internazionale (Siria), ma anche di conflitti sociali (il ritorno di una bassa e volgare recrudescenza fascista) e di conflitti nel mondo del lavoro, legati in particolar modo alla qualità del lavoro (penso ai casi più noti di Amazon, Ryanair ed Embraco o, per rimanere nella mia regione di appartenenza, la Campania, alle tante crisi della Gdo o ancora alle illegalità diffuse nel lavoro in ambito turistico; alle partecipate di Comune, Città Metropolitana, Regione che debbono rimanere in house).
Nella fragilità di un quadro sociale segmentato, frastagliato, eterogeneo, conflittuale, la Cgil offre il proprio punto di vista, mette sul tavolo le proprie idee, è una speranza di cambiamento per milioni di lavoratrici e di lavoratori.
E’ opportuno, in ragione delle sfide che le controparti e la politica rivolgono alla nostra organizzazione, coniugare unità e pluralità: è così che si rafforza quel senso di comunità che certamente esiste fra noi. A fronte della frammentazione del mondo del lavoro, serve una risposta plurale nei contributi di idee, nei confronti dialettici, ma unitaria nei percorsi e nelle rappresentazioni. La nostra credibilità si misurerà anche dal modo in cui sapremo bilanciare il pluralismo delle idee con l’unità dei fini. In un congresso bisogna offrire agli iscritti la possibilità di apprezzare le differenze. Dovremo impegnarci tutti per costruire ponti e non innalzare muri.
E allora, come affrontare il futuro, anche quello immediato? Il sindacato, il mio sindacato, deve muoversi lungo tre direttrici fondamentali.
Deve rafforzare la propria riconoscibilità ideale. Voglio partire da esempi concreti: il Piano del Lavoro, la Carta dei diritti universali del lavoro. Abbiamo fatto diverse cose buone. Innanzitutto, abbiamo discusso di temi e fatto proposte… mentre la crisi viene utilizzata come specchietto per le allodole al fine di ridurre diritti e tutele.
Noi abbiamo detto una cosa diversa: abbiamo ribadito che non si esce dalla crisi se non attraverso il lavoro. Ed il lavoro deve essere di qualità; non può essere povero, figlio del massimo ribasso, incerto, non regolare: in una parola: precario. In più, abbiamo ribaltato la logica del “dividi e comanda”. In che modo? Abbiamo chiesto, preteso, maggiore inclusione. Ecco, quindi, che ritorna il monito della nostra iniziativa: maggiore unità, da ricercarsi attraverso una pluralità di vedute e di esperienze. Tutto questo rappresenta una straordinaria visione di cambiamento rispetto alle controriforme di una politica presuntuosa ed arrogante, ma anche un ritorno alle origini, con il bisogno di ricollocare al centro della nostra azione un corpo sociale. E lo abbiamo fatto: la Cgil di Di Vittorio mise al centro della propria azione i braccianti agricoli; negli anni ’60 e ’70 al centro di una visione sindacale c’erano gli operai delle catene di montaggio; oggi debbono esserci i precari, quelli che più di tutti pagano il conto salatissimo di una crisi di sistema.
Deve rafforzare la propria riconoscibilità sociale. Ricostruire un legame sempre più saldo coi lavoratori…tutti. Dobbiamo farlo non solo per arginare quelli che io chiamo i sacerdoti della precarietà, ma anche per definire un argine contro la preoccupante avanzata dei fascismi nel nostro Paese. Le istanze sociali, senza un’adeguata rappresentanza, sono destinate al ribellismo. Allora, in tutto questo, la Cgil è e deve continuare ad essere con ancor più forza un riferimento sociale per le masse, altrimenti fragilmente esposte allo strapotere delle classi dominanti e al prevalere dell’economia su tutto, finanche sul lavoro.
Deve rafforzare una riconoscibilità morale. Morale, etica, valori… Placido Rizzotto, Guido Rossa… Antonio Esposito Ferraioli. Vengo dalla Campania: una Regione bellissima, ma tormentata. Una Regione che ha subito il commissariamento giusto, inevitabile, delle strutture confederali (Cgil Campania, Cgil Napoli) e di molte categorie. Ed allora, è corretto porsi una domanda: la gestione pasticciata che l’ha portato al collasso può aver incrostato finanche gli ingranaggi di natura etica, morale? Quello che è accaduto e che sta accadendo rappresenta un segnale preoccupante? Impone a tutti noi il recupero di una riconoscibilità morale che abbiamo sempre messo nel nostro lavoro e che ancora abbiamo…? La questione morale è una grande questione politica e democratica. Proverei a ragionare di questo e a rilanciare il tema del rapporto tra etica e potere pubblico. Perché talvolta, da parte di alcuni, vedo una corsa al potere e poi una scarsa capacità di indicarne l’uso migliore. E allora, se vogliamo davvero operare un riscatto, proviamo a parlare di etica nel sindacato, di deontologia sindacale del dirigente e militante che certamente viene regolamentata dallo Statuto e dai Regolamenti… ma che non può solamente essere regolamentata. L’indebolimento delle “grandi narrazioni” (le ideologie politiche, filosofiche, etc.) ha acuito il bisogno nella società di un codice etico che definisca limiti e condizioni della prassi umana, in particolar modo quella che svolge un ruolo pubblico o di rappresentanza. Congiuntamente, in una sorta di binario parallelo, va rilanciata anche un’etica del sindacalismo e cioè come il sindacato affronta i grandi cambiamenti in atto: globalizzazione, dominio di un capitalismo finanziario, indebolimento e metamorfosi del lavoro. Come governa la Cgil questi grandi sconvolgimenti che stanno trasformando il mondo? Qual è l’azione strategica da porre in essere? Politicamente, il Piano del Lavoro, la Carta e tutte le battaglie fatte in questi anni difficilissimi (voucher, riutilizzo beni confiscati, responsabilità solidale negli appalti, etc.) possono farci innalzare il livello di sfida nei confronti dei poteri forti dell’economia e della politica. Anche l’etica, intesa come azione sociale che va oltre il comportamento personale, può aiutarci nella lotta alle disuguaglianze e a rafforzare la nostra presenza sociale in un mondo che cambia. Il sindacato e la Cgil hanno un ruolo indispensabile. Proviamo ad andare oltre le colonne d’Ercole delle nostre certezze per costruire una società radicalmente pluralista. Una CGIL unita e plurale fa bene al Paese. In bocca al lupo a tutti noi!!!


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