Nidi di rondine su Mirafiori - di Marco Prina

Reds n. 1 - 2018 Hits: 871

Storia di un atipico sciopero ad oltranza

Una rondine non fa primavera, ma può far pensare. Così uno sciopero di 54 giorni alla Mirafiori di Torino.
Parliamo della lotta non dei dipendenti FCA di Mirafiori, ma degli operai delle pulizie industriali delle Meccaniche che si sono rifiutati di accettare condizioni di lavoro peggiorative, in un cambio appalto. Cose da anni ‘70, non di questa epoca.

Eppure, con uno sciopero compatto, un gruppo di 26 operai, uomini e donne, italiani e immigrati, ha cercato di mettere in scacco due aziende importanti del settore, l’Unione Industriale di Torino, FCA. Davide contro Golia. Tutto per difendere dei principi: il posto di lavoro, il salario, la dignità, che solitamente vengono messi in discussione in quasi tutti i cambi appalto.

L’assegnazione del nuovo appalto è stato fatto in gran fretta, subito dopo le mobilitazioni e gli scioperi a Mirafiori contro la Manitalidea, da tempo in difficoltà nei pagamenti degli stipendi, che gestisce buona parte degli appalti del vecchio stabilimento Fiat.

Attorno al gruppo delle Meccaniche si sono sempre organizzate le iniziative di lotta degli operai Manital Mirafiori. Aver dato in appalto ad un’ATI le Meccaniche, spacchettando in due gruppi separati i lavoratori è stata una scelta politica della FCA che non ha mai gradito il conflitto nel cortile di casa.

Il cambio appalto ha comportato la perdita di vecchi diritti acquisiti: le ore, il livello, il demansionamento, lo spostamento di reparto, la riduzione del salario, la perdita del lavoro per quattro operai.

Di qui la lotta, senza aspettare i tempi delle azioni legali, che comunque sono partite, tentando di piegare le aziende e coinvolgere la committenza.

Nonostante le numerose trattative in Unione Industriale, non si è mai raggiunto un accordo. Le aziende si sono limitate a far rientrare una parte delle mancate assunzioni, ripristinare parte delle ore tolte, ma senza togliere i demansionamenti. FCA su questo non si è mai fatta sentire, malgrado un presidio rumoroso di quasi due mesi sotto le sue porte principali, l’intervento intimidatorio della polizia.
Lo sciopero alla fine è terminato alla vigilia di Natale senza vittoria, senza sconfitta, con un mezzo accordo che cerca di salvaguardare il possibile, senza riuscire a riavere le vecchie condizioni ereditate da Manital.

Rimane il fatto che per la prima volta un gruppo sparuto di lavoratori ha tentato di invertire la tendenza di fase al taglio sulla variabile del lavoro negli appalti, ricorrendo alla forma di lotta più estrema dimenticata, oltre al consueto uso dei presidi e il coinvolgimento dei media.

Non ci sono riusciti, ma hanno dimostrato che si può fare, che non è un tabù. E che se vi fosse un maggior supporto materiale, anche da parte del nostro sindacato, con delle forme di “cassa di resistenza”, certe pratiche potrebbero ritornare “di moda”, trasformandosi in un’arma molto più tagliente di quanto oggi sembrano.

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