La "Fight for 15" e il sindacato - di Peter Olney e Rand Wilson

Il movimento per il salario minimo negli stati uniti

Il Service Employees International Union (SEIU), con oltre 2 milioni di iscritti perlopiù nel settore pubblico, è sindacato promotore e guida della Fight for $15. Senza il suo supporto e coordinamento nazionale, “gli scioperi di un giorno” contro i McDonald’s e gli altri fast food non sarebbero mai avvenuti.

Gli scioperi iniziarono nel 2012 e il 29 agosto 2013 ne furono indetti in oltre 60 città.

Le mobilitazioni, spesso, hanno registrato una piccola percentuale di adesione tra i lavoratori nei negozi, ma le manifestazioni pubbliche e le dimostrazioni sono state supportate dalla presenza degli iscritti del SEIU di altri settori e da gruppi di comunità e sindacati.

Queste azioni hanno prodotto una pressione e un valore nella lotta su McDonald’s e gli altri datori di lavoro dei fast food: nel 2015 McDonald’s ha annunciato che alzerà il minimo salariale per alcune migliaia di suoi lavoratori.

Ma fino ad oggi la campagna non ha dimostrato la capacità di costringere McDonald’s o uno qualsiasi degli altri fast food ad accettare il sindacato quale rappresentante per la contrattazione dei suoi dipendenti, e non è chiaro quanti lavoratori effettivamente siano coinvolti giorno dopo giorno nell’organizzazione delle attività sindacali.

I licenziamenti per rappresaglia per l’attività sindacale sono dilaganti ed è difficile difendere i lavoratori con le normative del diritto del lavoro negli Stati Uniti.

Il turnover è alto e la sindacalizzazione dei lavoratori è poco consistente. Ma la lotta per i 15 dollari, guidata da SEIU, continua ad essere una voce forte che raccoglie un notevole consenso nella storia dei movimenti degli Stati Uniti.

Possiamo infatti sostenere che non sono più gli economisti liberisti a dominare il dibattito sostenendo che un aumento dei salari minimi distruggerebbe posti di lavoro e l’economia.

Diversi movimenti e iniziative hanno contribuito a questo cambiamento epocale nell’opinione pubblica: nel 1996 la città di Baltimora, pressata dalle organizzazioni (non solo del sindacato, ndt), ha emesso un’ordinanza sul “Living Wage” (potrebbe essere tradotto come “salario sostenibile”, ndt) che raccomanda che per le commesse di lavoro ricevuta dal Comune vengano applicate delle paghe con un minimo salariale superiore. Los Angeles ha fatto lo stesso nel 1997.

Nel 2011 le proteste di Occupy Wall Street nelle città degli USA hanno individuato la disparità economica tra l’1% ed il 99%; nel 2012 il Fight for $15 e il sindacato hanno lanciato gli scioperi nei fast food in tutti gli Stati dell’Unione; nel 2013 SeaTac, una piccola cittadina che comprende l’aeroporto di Seattle, ha stabilito un salario minimo di 15 dollari e nel 2014 e 2015 San Francisco e Los Angeles hanno seguito l’esempio.

La campagna presidenziale per Bernie Sanders ha richiamato esplicitamente i 15 dollari quale minimo federale e ha posto delle pressioni alla candidatura democratica di Hillary Clinton per adottare i 15 dollari quale parte della piattaforma politica dei Democratici.

I sostenitori di Fight for $ 15 che si sono riuniti ad agosto a Richmond, in Virginia, possono celebrare i progressi che sono stati fatti nell’aver imposto la discussione a livello nazionale allontanandola dalla tematica dell’austerità e focalizzandola sulla disuguaglianza economica. Possono mettere in risalto il loro ruolo in un movimento più grande per aumentare il salario minimo; movimento che avrà un impatto su milioni di lavoratori a basso salario, attraverso aumenti statali e municipali.

La visibilità mediatica della campagna ha avuto un enorme impatto politico e successo, ma fino ad oggi la campagna non ha costruito una sostenibile organizzazione dei lavoratori. Un alto turnover del personale abbinato a un numero enorme di siti lavorativi in franchising rendono difficile organizzare in maniera duratura dei lavoratori. Forse la chiave di volta, in questo settore come negli altri relativi alla vendita al dettaglio, sarà il coinvolgimento dei lavoratori impegnati nella catena di fornitura. I lavoratori dei magazzini e degli autotrasporti che forniscono la merce al fast food potrebbero rendere più forte e duraturo il movimento, anche se apparirebbe meno appetibile dal punto di vista mediatico.


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