Scacchiera referendaria - di Riccardo Chiari

Non solo italicum. Il Coordinamento per la democrazia costituzionale ha anticipato i tempi, e ha dato vita anche ad un “comitato per il no” al referendum sulle riforme costituzionali. La mossa ha una sua logica: se il parlamento dovesse approvare il ddl Boschi entro la prossima estate, al massimo in autunno, il referendum consultivo dovrebbe tenersi nel 2017. In parallelo a quello sulla legge elettorale, e forse anche alle consultazioni su altre due leggi molto discusse del governo Renzi, la cosiddetta “buona scuola” e il jobs act.

Domenico Gallo, consigliere di Cassazione e autorevole esponente del Coordinamento, sintetizza così la situazione: “Naturalmente la speranza è che il parlamento riveda le sue posizioni. Ma se questo non dovesse avvenire, sarà giocoforza affrontare il referendum previsto dall’articolo 138 della Costituzione, che permetterà ai cittadini italiani di potersi finalmente esprimere e di bocciare la manomissione della Costituzione, come è avvenuto nel 2006 quando è stata cancellata la riforma voluta da Berlusconi”.
Nel caso del ddl Boschi, le osservazioni del costituzionalista Alessandro Pace individuano il cuore dei problemi: “Il vizio che caratterizza tutta la riforma è la mancanza di contropoteri. Sia per le funzioni assegnate al nuovo Senato, sia per il numero dei componenti di molto inferiore a quello della Camera, che, infine, per la loro natura di consiglieri regionali e di sindaci che creerebbe dei senatori part-time. In definitiva poi la fiducia data solo dalla Camera sposta l’asse istituzionale sul governo, che diventa il dominus dell’agenda parlamentare”.

Mentre su legge elettorale, jobs act e “buona scuola” saranno necessarie 500mila firme, da raccogliere fra la primavera e l’estate 2016, il referendum costituzionale è un obbligo di legge. Ma il Coordinamento chiederà l’adesione anche a deputati e senatori, singoli e per gruppi, per raggiungere quel 20% di parlamentari necessario per rafforzare la richiesta. “Un modo per evitare che a farlo sia la stessa maggioranza di governo – puntualizza Gallo - che così si intesterebbe un referendum plebiscitario. Alla De Gaulle”.


Print   Email