Torino, servizio ‘sovracup': da salvare e reinternalizzare - di Alessandro Rossi

L’appalto, scaduto a luglio 2014, è stato prorogato al 31 dicembre 2014, ma ad oggi nulla si muove


Torniamo a raccontare le vicende del “Sovracup” il servizio di prenotazioni sanitarie della regione Piemonte, o meglio del suo call-center. Nato nel 2007 come esperimento è stato prima confermato e poi, nel 2010, esternalizzato. Questa operazione è costata il taglio del trenta per cento degli stipendi degli operatori, che erano tutti interinali, e senza l’intervento della Filcams avremmo assistito ad una mattanza nei confronti dei lavoratori; la ditta vincitrice aveva infatti dichiarato di voler utilizzare solo il cinquanta per cento circa dei sessanta lavoratori impiegati al momento del subentro. Grazie alla lotta dei lavoratori insieme al sindacato è stata tamponata una situazione disastrosa, anche con grandi sacrifici, come l’autoriduzione delle ore pro-capite, per potere ampliare il numero di colleghi da assumere.
Nel tempo, la costante azione sindacale ha portato ad aggiustamenti e miglioramenti. L’appalto, scaduto a luglio 2014, è stato prorogato al 31 dicembre 2014, ma ad oggi nulla si muove.
Temiamo che, risvegliati dal sonno, i funzionari regionali improvvisino un bando carente limitandosi a rispettare i principi di risparmio, ma comprimendo e limitando le risorse per i lavoratori; oppure lanciandosi nella soluzione più semplice, ma più spaventosa per i lavoratori: affidare l’intero pacchetto call-center ad una ditta specializzata che lo rilevi chiavi in mano delocalizzando magari all’estero. La delocalizzazione, per un call-center, è una operazione tecnicamente semplice e gli esempi non mancano.
Nel frattempo a Torino i lavoratori e la Filcams non dormono. I rappresentanti sindacali lavorano sia per migliorare le condizioni di lavoro (a giugno è stato siglato un accordo integrativo legato ad una razionalizzazione del lavoro che, oltre ad essere un evento controcorrente nel settore, dimostra anche che i lavoratori possono entrare con le loro competenze nella organizzazione del lavoro) sia per preparare un cambio appalto che possa mantenere e migliorare le condizioni attuali. Inoltre i fatti di Firenze dimostrano che se internalizzare un servizio analogo è possibile in Toscana, nulla vieta che possa essere fatto anche in Piemonte. Nessuno nega le differenze e le difficoltà, ma ci sembra che una porta sia stata aperta, che finalmente si stia entrando nell’ordine di idee che un servizio esternalizzato costa di più e rende di meno, almeno nei termini di efficienza e funzionalità.
In questi giorni il mondo degli operatori dei vari Cup unici telefonici è scosso dalle notizie che arrivano dalla Regione Toscana. Infatti, dopo una dura lotta condotta dalla Cgil Toscana la Asl10, che ha la “governance” del servizio , ha deciso di internalizzare il servizio.
La decisione è arrivata dopo la constatazione che la gara di appalto era stata vinta, con la formula del massimo ribasso, davvero al massimo. Infatti la ditta vincitrice aveva proposto un ribasso di quasi due milioni di euro su un totale di sei. E’ apparso subito chiaro che, questa volta, i prodi burocrati di apparato avevano esagerato. Sta bene anche a noi proporre soluzioni che portino ad un effettivo risparmio per le pubbliche amministrazioni, ma non come al solito, sulla pelle dei lavoratori e sulla qualità del servizio che si riversa inevitabilmente sugli utenti.
Ancora di più: quando si tratta di Sanità il concetto di risparmio deve essere attentamente valutato in rapporto al soggetto che riceve il servizio. Tanto per essere chiari, a forza di tagli lineari e di colpi di scure sui servizi e sul personale, si finisce inevitabilmente per peggiorare la qualità del servizio, vengono a mancare i posti letto, i tempi di attesa per le prestazioni diventano biblici, si chiudono presidi e ospedali.
Quella sanitaria è una macchina complessa il cui funzionamento non si risolve solo nelle sale degli ospedali e nei corridoi degli ambulatori, ma anche negli uffici amministrativi, soprattutto quelli dove ha accesso il pubblico.
Rendere difficoltoso l’accesso ai servizi è un modo per non erogarli. Perciò la soluzione dei call-center o centri di prenotazione telefonica è valida: permette di prenotare con una semplice telefonata visite ed esami; inoltre gli operatori sono in grado di proporre la scelta migliore in rapporto ai tempi e alle strutture di scelta del paziente. Infatti, di solito, sono in grado di consultare le agende di tutte le strutture e le Asl coinvolte nel progetto rendendo più semplice ed agevole l’accesso ai servizi.
I Cup telefonici hanno quindi un doppio valore: facilitare l’utente nella scelta della struttura ed essere spesso la prima interfaccia tra la popolazione a le Asl, la prima voce della pubblica amministrazione.
A questo punto è necessaria una considerazione: questi Cup telefonici si devono considerare call-center o altro? La risposta cambia, e di molto, la sostanza: un call-center per poter sopravvivere deve essere redditizio, deve cioè produrre un alto numero di chiamate, in entrata o in uscita poco conta. Con economie di scala uguali a quelle di una catena di montaggio, alla quale per altro assomiglia molto.
In un determinato periodo di tempo devono essere prodotti un determinato numero di pezzi. In un call-center questo si traduce in un alto numero di telefonate per unità di tempo, anche superiori al numero prestabilito, per tamponare i momenti di fisiologico calo delle chiamate. E a queste rese sono spesso legati il salario e il mantenimento del posto di lavoro degli operatori, che si vedono assegnare un numero minimo di chiamate per unità di tempo.
Quindi l’operatore che in un dato momento è “sotto” di un certo numero di chiamate tenderà a velocizzare e massimizzare il suo tempo-chiamata. E se dalle sue prestazioni dipende non solo il suo stipendio ma il suo stesso posto di lavoro, è facile capire come si comporterà l’operatore medio, che non è un mostro insensibile, ma una lavoratrice o un lavoratore come gli altri, che dipende dal suo salario per sopravvivere.
Si potrebbe scrive un manuale con le varie tecniche e artifici per accorciare la durata delle telefonate. Se questo può andare bene alle aziende del settore privato, dove il rapporto tra chiamante e chi risponde si risolve entro i confini dei rapporti contrattuali, tra privati nel settore pubblico, soprattutto in sanità, pone problemi importanti sia etici che legali.
Meglio sarebbe considerarli sportelli telefonici, dove l’operatore non stressato dalla necessità di resa, possa dare al paziente tutta quella attenzione e quella cura che merita.
E’ anche per questo che chi scrive auspica con forza che questi servizi vengano internalizzati, con il mantenimento del personale addetto.


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