"Stop austerità, sì alla crescita" - Quattro referendum contro il fiscal compact - di Riccardo Chiari

Uno dei promotori del progetto di consultazione popolare, l’economista Gustavo Piga, cita i due i premi Nobel Paul Krugman e Joseph Stiglitz per condensare in una frase lo stato delle cose: “Un’austerità ottusa ha reso impensabile ogni politica industriale necessaria in una fase di crisi”. Per questo un gruppo di economisti e accademici, di diversa formazione politica, ha deciso di presentare un referendum contro il Fiscal Compact e le politiche di austerità. 

La campagna, riassunta nello slogan “Stop all’austerità. Sì alla crescita, sì all’Europa del lavoro e di un nuovo sviluppo”, appare tanto necessaria quanto difficile. Prima di tutto per motivi logistici, visto che prevede in soli tre mesi, fra il 3 luglio e il 30 settembre, la raccolta delle 500mila firme necessarie per cercare di arrivare al voto popolare nella primavera 2015. In seconda battuta valgono le parole di Emiliano Brancaccio: “Sul piano tecnico-giuridico, l’iniziativa si muove lungo un sentiero impervio”.
Non sfugge a nessuno che in Italia i referendum abrogativi non possono essere indetti su materie come le leggi costituzionali o i trattati internazionali. E il nuovo articolo 81 della Costituzione che impone il pareggio di bilancio strutturale, così come il Fiscal Compact, rientrano in questa categoria. Per questo motivo i referendari hanno deciso lavorare sull’abrogazione di alcuni punti della legge attuativa 243/12, che ha recepito nell’ordinamento italiano la modifica costituzionale dell’articolo 81 e la nuova disciplina dei bilanci europei.
“Le disposizioni della legge 243 – osserva in proposito il comitato promotore della consultazione - consentono un’applicazione del principio costituzionale di equilibrio di bilancio attraverso modalità e condizioni eccessivamente rigorose, che renderanno necessarie politiche di austerità eccessive, solo dannose per il paese, e in particolare per lo sviluppo, il lavoro e la stessa stabilità dei conti pubblici. E’ invece quanto mai urgente in Europa ripristinare la possibilità di politiche economiche favorevoli alla ripresa degli investimenti, pubblici e privati, e della domanda interna all’area dell’euro”.
In definitiva l’obiettivo del referendum è quello di archiviare una strategia fallimentare, e portatrice di enormi sofferenze, strappando la camicia di forza del pareggio strutturale di bilancio e del rientro del debito pubblico al 60% del Pil entro pochi anni. “Non è sufficiente puntare su un Fiscal Compact più flessibile – avvertono sul punto i promotori - giocando con le virgole tramite estenuanti negoziati e continue manovre restrittive, destinate ad accrescere rabbia e disincanto verso l’Europa”. A riprova le istituzioni Ue hanno ribadito che intendono ancora seguire una lettura integralista dell’austerità. Tale da produrre ulteriori devastazioni per l’economia e il lavoro, non solo in Italia ma in buona parte della Unione europea.


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