Si scrive "Job-on-call" si legge "flessibilità"

Nel 2001 veniva presentato al Senato il “Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia”, alla cui redazione aveva contribuito anche il giuslavorista Marco Biagi, ucciso a Bologna dalle Br il 19 marzo 2002. Strumentalizzando cinicamente fatti e persone, l’allora ministro del Lavoro e delle politiche sociali Maroni ribattezzò subito col nome del professor Biagi il ddl 848, fermo dal novembre 2001 e trasformato in quella che per tutti sarà la L. 30 del 14 febbraio 2003. La chiamano dunque “Legge Biagi” anche se in realtà è firmata dal ministro del II Governo Berlusconi.
Sicuramente la legge 30 si basava sui contenuti del Libro bianco, ma era “solo” una legge delega al Governo. E’ con il D.Lgs. 276/2003 di attuazione che il mercato del lavoro subisce una profonda e radicale trasformazione, per la gioia di quanti anche nella sinistra e nel sindacato considerano il posto “fisso” e l’Art.18 termini da cancellare.
Gli artt. 33-40 del Decreto disciplinano una speciale tipologia di contratto di lavoro subordinato: pubblicamente lo chiamano job-on-call per dargli una dimensione globale, ma noi che non amiamo un certo tipo di globalizzazione, lo chiamiamo col suo vero nome: lavoro-a-chiamata o intermittente: cioè la flessibilità estrema.
La lavoratrice/il lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa entro determinati limiti e secondo determinate tipologie, con riferimento – in via provvisoria – a quelle indicate nella tabella del R.D. (Regio Decreto) 6 dicembre 1923, n. 2657
Questo tipo di contratto piace a un datore di lavoro: può avere a sua disposizione un ‘under 25’ o un espulso dal ciclo produttivo, cioè  le fasce oggi meno protette del mercato del lavoro. Non solo. Il contratto a chiamata ha anche una doppia versione: ‘con obbligo’ (improbabile) o ‘senza obbligo’ di corrispondere una ‘indennità di disponibilità’.
Ma, si sa, alla flessibilità non si pongono limiti e quindi chi lavora solo in determinati periodi così come stabilito percepisce l’eventuale indennità solo in caso di effettiva chiamata e in questo caso sono compresi i periodi prima e dopo la chiamata. Ma nel caso non venisse effettuata alcuna chiamata per tutto il periodo del contratto, non è dovuta alcuna indennità. Non so se siano nati prima i piani tariffari della telefonia mobile o il lavoro a chiamata, ma sembrano quasi della stessa famiglia: il caos!
A chiamata con o senza indennità, a chiamata a tempo determinato o anche indeterminato (e qui di indennità nemmeno un’ipotesi), a chiamata in determinati periodi, sarà flessibile anche il trattamento economico normativo e previdenziale? Certo che sì. Distinguiamo i periodi di lavoro da quelli di inattività: durante i periodi lavorati si applica il principio di non discriminazione, per cui al  lavoratore intermittente (mai termine fu più appropriato) a parità di mansioni non può essere corrisposto un trattamento normativo ed economico complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore continuo.
Se il contratto non prevede il vincolo della risposta alla chiamata, il periodo tra una chiamata e l’altra è di fine contratto. In presenza di obbligo di risposta per i periodi di inattività il lavoratore (subordinato a tutti gli effetti durante il periodo di lavoro) non è titolare di alcun diritto riconosciuto al lavoratore dipendente né matura alcun trattamento economico e normativo, salvo l’indennità di disponibilità (scisso più che intermittente).
Un solo contratto intermittente non basta a garantire un minino di quotidiana vita dignitosa. E’ oltre il popolo dei 1000 euro al mese! Da qui l’esigenza di svolgere più lavori contemporaneamente, e non è raro il caso di un’aggiunta di lavoro accessorio (i voucher), tanto per arrotondare.
Qualcosa di buono c’è: il datore di lavoro è tenuto a versare i contributi sia sull’importo della retribuzione corrisposta, sia sull’effettivo ammontare dell’indennità di disponibilità. E quando il lavoro cessa? Stante i requisiti assicurativi e contributivi, il lavoratore intermittente ha diritto all’indennità di disoccupazione (ordinaria o ridotta) limitatamente ai periodi non lavorativi. Con l’Aspi e la mini-Aspi? Vedremo chi riuscirà ad avere i nuovi requisiti per usufruire delle nuove indennità.

Nina Carbone


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