Reds n. 07 - 2017

Ceta, un cavallo di Troia da fermare - di Riccardo Chiari

Non ci sono riusciti con il Ttip, ci stanno provando con il Ceta. Ma il 25 luglio scorso è saltata in Senato la ratifica del Comprehensive economic and trade agreement (di qui l’acronimo Ceta), il trattato di libero scambio fra Unione europea e Canada che, di fatto, permetterebbe anche al Ttip di rientrare dalla finestra, dati gli strettissimi rapporti politici e commerciali fra il Canada e gli Stati uniti d’America.

Quella di fine luglio è stata una piccola grande vittoria, visto che il governo Gentiloni aveva annunciato a chiare lettere che la data del 25 luglio doveva essere rispettata. Non è stato così. Ma sarebbe un errore marchiano pensare che le forze sostenitrici del Ceta (Pd, Ap, Forza Italia) si siano arrese definitivamente. Ci riproveranno, gli interessi in gioco sono troppo grandi, e le multinazionali che si aspettano l’approvazione definitiva del trattato sono le stesse che, in maggiore o minore misura, sostengono sia l’attuale governo che quelli degli ultimi anni, da Berlusconi a Monti, da Letta a Renzi. Prova ne è che, a Strasburgo, il Parlamento europeo ha dato l’ok al Ceta nello scorso febbraio con i voti favorevoli dei Popolari, dei Socialdemocratici e dei Liberali.

Insomma non bisogna abbassare la guarda. Così la campagna “Stop Ttip Italia” è andata avanti anche nel mese di agosto, grazie all’ospitalità offerta dalle feste dei partiti di sinistra – Rifondazione comunista e Sinistra italiana in testa – che hanno organizzato incontri e tavole rotonde sull’argomento. Invitata d’obbligo la Cgil, impegnata anch’essa nel contrastare civilmente il trattato. “Siamo soddisfatti che il voto sul Ceta sia stato rimandato a settembre – ha osservato sul punto Fausto Durante – è stato un primo risultato della mobilitazione e dell’impegno profuso da un gran numero di associazioni, tra cui la Cgil e le sue categorie”.

Per il responsabile politiche europee e internazionali della Cgil il trattato di libero scambio tra Canada e Unione europea “è un accordo che non risponde ai bisogni e ai diritti dei cittadini e dei lavoratori. È malsano per l’agricoltura italiana, per la qualità del cibo e dei prodotti alimentari e per i servizi pubblici. Per questo non può essere approvato frettolosamente, nel silenzio e nell’assenza di dibattito e di informazione pubblica e senza un adeguato percorso democratico. La nostra azione quindi non si fermerà, e subito dopo le vacanze riprenderemo le iniziative di sensibilizzazione per creare una coscienza collettiva sulle conseguenze del Ceta, affinché il Parlamento italiano decida tenendo conto delle legittime preoccupazioni e del parere negativo di larga parte del paese”.

Contro il Ceta si sono espresse anche numerose Regioni, votando delibere contrarie e chiedendo al Senato di fermare il processo. Lazio, Lombardia, Liguria, Veneto, Puglia, Calabria, Marche e Valle d’Aosta, oltre a centinaia di Comuni, hanno intimato al Parlamento di aprire una consultazione ampia sugli effetti del trattato. La campagna “Stop Ttip Italia” ha diffuso un dossier, “Debunking Ceta: manuale di sopravvivenza alla disinformazione sull’accordo Ue-Canada”, in cui affronta e smentisce punto per punto le affermazioni e le stime sul Ceta. Ultimi ma non certo per ultimi gli agricoltori, che a migliaia hanno protestato a Roma in piazza Montecitorio per fermare il trattato. “Per la prima volta nella storia dell’Unione europea – avverte Coldiretti – si vuole accordare il via libera alle imitazioni dei prodotti italiani più tipici, considerato il Ceta prevede la tutela di sole 69 Dop e Igp sulle 367 registrate in Italia”.

Venezuela e lotta di classe - di Geraldina Colotti

Abbiamo chiesto alla giornalista Geraldina Colotti, rientrata dal Venezuela, una opinione sulla situazione del paese

Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Per smascherare chi afferma di essere più chavista di Chávez ma poi si allea con l’oligarchia, il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha fatto ricorso alla saggezza popolare: si può conoscere una persona valutando le sue frequentazioni. Nel 2002, per esempio, i vertici della Confederazione sindacale CTV andavano a braccetto con la locale Confindustria. Insieme hanno appoggiato il colpo di Stato contro Chávez, portando brevemente al comando Pedro Carmona Estanga, presidente di Fedecamaras. Prima che il popolo liberasse il presidente legittimo, Carmona aveva abolito la Costituzione e dato corso a una dura repressione, silenziata dai media privati, altri attori del golpe.

La Confederazione internazionale dei sindacati liberi (Icftu), a cui aderivano anche Cgil-Cisl-Uil, prese però lucciole per lanterne, appoggiando Ctv e Fedecamaras in nome dei diritti dei “lavoratori” e sostenne anche la serrata petrolifera padronale scambiandola per “sciopero generale”. Peccato che a difendere i lavoratori e le loro conquiste fosse e continua a essere il socialismo bolivariano. E, infatti, il primo bersaglio delle destre maggioritarie in parlamento è stata l’avanzatissima legge sul lavoro, che ora l’Assemblea Nazionale Costituente intende “blindare”, forzando le gabbie dello Stato borghese.

L’“equivoco” persiste e una sinistra italiana disorientata da anni di consociativismo e rassegnazione a perdere scambia la “rivolta dei ricchi” per una protesta legittima contro la “dittatura”. Che i paladini dei diritti siano quelli che più li violano (da Trump a Santos, da Temer a Macri, passando per i nostri “centristi” europei) sembra non porre problema.
A forza di fare gli struzzi, si finisce per occultare la vera natura della società borghese, legittimandone contraddizioni e storture. Persino in spregio al buon senso della saggezza popolare.

Precarietà sempre in agguato per 400mila stagionali - FILCAMS Cgil

Lanciata la campagna informativa ‘Conosci le tue Carte’, per promuovere tra i lavoratori informazione e consapevolezza dei propri diritti, con l’obiettivo di responsabilizzare un’intera categoria nella richiesta di tutele spesso ignorate


“Conosci le tue carte” è la campagna Filcams per promuovere informazione e quindi consapevolezza dei propri diritti tra i lavoratori e le lavoratrici stagionali del turismo. Nonostante un trend positivo rispetto agli anni passati, l’occupazione nei settori dell’accoglienza e della ristorazione deve misurarsi con la precarietà generata da forme di assunzione precarie e irregolari. L’invito a tutti i lavoratori è di informarsi sulle proprie condizioni di lavoro, per non farsi sfruttare e per rivendicare appieno diritti inespressi.

Il rapporto trimestrale dell’”Osservatorio sul terziario di Mercato – Turismo” indica come il 2017 sia iniziato con il passo giusto per tutto il settore, registrando un incremento sia nelle strutture alberghiere che “extra” (B&B, agriturismi, …); crescono gli italiani (rispetto al 2016 +9,2% gli arrivi; + 8,7% le presenze) diminuiscono seppur di poco gli stranieri (-1,5% nelle presenze).

Le mete predilette vedono ancora in vetta con il 62% le località balneari, mentre le città d’arte vengono scelte dal 14% dei vacanzieri e la montagna dal 10%. Il budget medio per persona, per l’intera vacanza è quantificato poco sotto i mille euro (970 €), in leggero aumento rispetto ai 925 € rilevati nel 2016.

Nonostante la tanto attesa crescita, non è ancora certo quali ricadute potrà avere questo trend positivo sull’occupazione. La reintroduzione dei buoni lavoro proprio all’inaugurazione della stagione estiva ha riaperto le porte alla precarietà e all’insicurezza per un lavoro a tutele ridotte.

Un’autentica tegola per il settore del turismo, già provato dagli interventi legislativi sul mercato del lavoro degli ultimi anni.
“Come è ampiamente noto – afferma Cristian Sesena, segretario nazionale Filcams Cgil – negli ultimi anni le problematiche di queste centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori sono aumentante a fronte degli interventi introdotti dal Governo Renzi alla Naspi (ridotta da 6 mesi a 3, ndr); a ciò si aggiunge il mancato rinnovo di alcuni importanti contratti collettivi nazionali, come quelli della ristorazione”.

“La reintroduzione dei voucher, nell’ambito della cosiddetta manovrina – prosegue il segretario – rischia infine di aggravare pesantemente le condizioni di lavoro di questi addetti già quasi sempre costretti ad operare in condizioni precarie e nel mancato rispetto delle più elementari norme di legge”.

Secondo i dati Istat infatti, nel turismo i voucher riscossi nel 2016 sono stati poco meno di 22 milioni (21.959.919) e hanno riguardato 343.326 lavoratori. In media ciascun lavoratore del turismo ha incassato 64 voucher per un importo totale netto di 480 euro (contro 556 della media totale). Il 53% dei voucher riscossi interessa lavoratrici, mentre il 48% giovani. Dati allarmanti, che rischiano di gravare sul settore e soprattutto creare una vera e propria patente di legittimazione per il lavoro nero. Per questi motivi, la Filcams CGIL ha deciso di lanciare una campagna mediatica e di sensibilizzazione a tutti i livelli, per accendere i riflettori sulle lavoratrici e i lavoratori stagionali del settore Turismo.

Conosci le tue carte è la campagna che oltre a cercare di dare adeguata visibilità a questa importante parte del mondo del lavoro italiano, ha come obbiettivo quello di promuovere informazione e consapevolezza, precondizioni necessarie a qualsiasi forma di organizzazione collettiva matura e di rivendicazione acquisitiva.

La campagna informativa si sviluppa attraverso promozioni social e la distribuzione di materiali nei luoghi di lavoro, sulle spiagge e nei locali, nelle strutture ricettive, dove i responsabili Filcams territoriali provano a intercettare personalmente i lavoratori e le lavoratrici, invitandoli ad informarsi sui loro diritti, garantiti dai contratti di lavoro di settore.

La Filcams Cgil è da sempre in prima linea per contrastare gli abusi e per rivendicare nell’interlocuzione con le imprese e con le istituzioni, condizioni migliori per questi lavoratori che ricoprono un ruolo strategico eppure non ancora adeguatamente valorizzato nel settore del Turismo.

Lavoro Società in Filcams e il Congresso - di Andrea Montagni

La decisione formale di posticipare il XVIII Congresso della CGIL ha segnato – sembra un paradosso ma non lo è – l’avvio della discussione in preparazione del congresso stesso. Il dibattito interno nei prossimi mesi e le tappe già fissate, a partire dalla conferenza programmatica, sarà tutto finalizzato al congresso. Del resto le commissioni preparatorie – quella sulle regole e quella politica – sono già da tempo state elette dal Direttivo nazionale e attendono che la segreteria confederale consegni loro una prima proposta di regolamento e di tesi (o che altro venga deciso).

Il congresso confederale porta con sé anche la convocazione dei congressi delle federazioni di categoria che costituiscono parte integrante del complesso meccanismo congressuale. Le assemblee di base di luogo di lavoro costituiscono contemporaneamente l’assemblea congressuale degli iscritti tanto della Confederazione che della categoria, come ben sanno i nostri iscritti.

Il XV congresso della FILCAMS-CGIL non è ancora stato convocato. Lo sarà dopo che sarà stato formalmente convocato il congresso della CGIL. In questo momento la categoria è impegnata sul fronte dei rinnovi contrattuali e sarebbe una forzatura sostenere che il congresso sia in questo momento il principale assillo dei cuori e delle teste dei delegati, dei funzionari e dei dirigenti. Non solo perché la categoria ha visto in questi anni successivi al XIV congresso un ricambio diffuso, essendo diventata un importante bacino per il ricambio dei gruppi dirigenti confederali, ma anche perché il terreno contrattuale si presenta come il più accidentato e difficile della storia della categoria. (23 sono i contratti che la categoria firma e ben 13 quelli non ancora rinnovati, tra i quali quelli rilevanti per numero di addetti interessati della grande distribuzione organizzata e cooperativa, del turismo comprese le grandi catene della ristorazione, le mense scolastiche e i multiservizi).

La FILCAMS ha alle spalle una robusta elaborazione sul terreno dei diritti e della linea rivendicativa che ha trovato modo di essere largamente socializzata in iniziative larghe rivolte al quadro attivo e che è condivisa in modo pressoché unanime. Ma questa ricchezza si scontra con una difficoltà crescente di tenuta sul piano contrattuale.

La FILCAMS conosce le difficoltà di settori in crisi (per la crisi del modello della grande distribuzione organizzata e il crollo della domanda interna nella crisi, della crisi industriale per il settore commerciale legato alla produzione, alla edilizia, ecc. per la politica di spending review che ha tagliato appalti tra gli altri) con alcune eccezioni, con alcune eccezioni nel terziario avanzato e nei gruppi multinazionali legati a settori in ripresa e quindi una difficoltà concreta tanto sul piano della rivendicazione salariale, che soprattutto su quella del contrasto dell’assalto ai diritti su orari, flessibilità, malattia da parte padronale.

Altre categorie hanno un margine contrattuale maggiore legato all’incidenza del costo del lavoro sula determinazione del valore dei prodotti o alla professionalità oppure hanno fatto la scelta della via più semplice, con accordi contrattuali costi quel che costi che non hanno niente a che fare con quanto scritto nei propri documenti.

La FILCAMS-CGIL in questo senso è in mezzo al guado. Nel quadro del congresso confederale, la linea sindacale, il programma d’azione e la prassi contrattuale e organizzativa dovranno essere oggetto anche di una specifica riflessione.

Qui entra in gioco Lavoro Società, come aggregazione collettiva di compagne e compagni che vengono dalla esperienza consolidata di un’area sindacale programmatica che è stata per anni il motore propulsivo di una critica e di un rinnovamento della CGIL.

Negli ultimi due congressi, in CGIL come in FILCAMS, Lavoro Società ha rappresentato nella maggioranza congressuale un punto di vista critico ma unitario. Senza sminuire il nostro ruolo, siamo stati dopo esser stati una leva potente del rinnovamento più un pungolo e qualche volta un “guardiano” della linea contro il rischio sempre presente di una deriva opportunista.
Tutto questo non basta a motivare un percorso collettivo che pure è indispensabile per garantire nella CGIL la presenza di una cultura sindacale che riconosce l’antagonismo di classe e il conflitto sociale come motori di qualsiasi lotta per l’emancipazione dei lavoratori e che vede ineludibile il nesso tra lotta e organizzazione sindacale e lotta politica per la trasformazione sociale. Quello che occorre è la ripresa di un confronto che ci consenta di portare collettivamente, a partire dalla nostra impostazione teorica, dalla nostra visione programmatica, un contributo che continui a far vivere in CGIL una opzione democratica conflittuale e di classe traducendola sul piano del programma d’azione rivendicativo anche categoriale.

Di questo discuteremo in una sede seminariale che sarà aperta a tutta l’organizzazione e che organizzeremo entro e non oltre la fine del 2017.

Il Sole dell'avvenire - di Maurizio Brotini

Valerio Evangelisti ci ha dato con il suo romanzo storico popolare Il Sole dell’Avvenire, uscito in tre tomi dotati di una relativa autonomia ma da leggersi unitariamente, un interessante e documentato spaccato, avvincente nei primi due volumi Vivere lavorando o morire combattendo e Chi ha del ferro ha del pane, delle vicende sociali e politiche post-Risorgimentali fino agli anni Cinquanta del Secolo scorso. Lo fa seguendo le vicende di alcune famiglie emiliano-romagnole, in partenza i Verardi ed i Minguzzi, che incroceranno i grandi passaggi della Storia. Al centro c’è una grande conoscenza storica della vita popolare dell’Emilia Romagna resa con grande capacità narrativa. Il terzo e conclusivo tomo, che va dagli anni Venti agli anni Cinquanta del Novecento lascia tuttavia un retrogusto amarognolo alla lettura. E’ a nostro avviso anche quello meno riuscito sul piano squisitamente letterario, in quanto l’Autore costruisce l’architettura del racconto su tre topoi (luoghi comuni) della tradizione antipatizzante dell’esperienza comunista italiana ed internazionale. Tanto era stato capace di descrivere in maniera corale le dinamiche sociali e politiche che avevano attraversato le espressioni mazziniane, repubblicane, anarchiche e socialiste restituite attraverso una efficace resa dei personaggi e delle loro relazioni, tanto costruisce in Nella notte ci guidano le stelle su Tito Verardi, fascista fiumano antiborghese, Destino Minguzzi, col cuore preso da una militante comunista resa macchiettisticamente e trascinato nella Spagna Repubblicana e Soviettina Merighi, per descrivere la pagina della Resistenza attraverso gli occhi della Banda Corbari.

Del fascismo si avvalora l’indimostrata e dannunziana posa di “cercar la bella morte” e della violenza come levatrice della Storia, nello specifico resa ancor più morbosa dal duplice suicidio mano nella mano con la sorella del padre Euletelia, una volta che un bacio li ha resi entrambi consapevoli dell’attrazione carnale che li univa.

E anche rispetto alla Guerra di Spagna si ripropongono le apodittiche letture della responsabilità comunista nel non aver perseguito nell’Europa della metà degli anni Trenta una ipotesi rivoluzionaria, classe contro classe, per la Spagna, con il corollario delle descrizioni simpatetiche per l’eroismo e spensieratezza dei militanti anarchici e del Poum a contrasto dei rigidi ed irregimentati dottrinari aderenti alle organizzazioni comuniste.
In questo, lo ammettiamo, la nostra simpatia va al Comandante Carlos del Quinto Reggimento.

La stessa scelta di raccontare la Resistenza attraverso la Banda Corbari, al netto della grandezza dei protagonisti - tra i quali giustamente spicca la figura di Iris Versari-, poggia sul posizionamento eterodosso, sia sul piano della cultura politica e soprattutto delle logiche operative, di detto raggruppamento.

Altra sarebbe stata la narrazione se si fosse fatto incontrare ai protagonisti della vicenda una figura come Arrigo Boldrini, il capo partigiano Bulow.

Se è condivisibile ed apprezzabile aver messo i risalto gli autonomi elementi di classe e di solidarietà, ovvero il gran mare delle aspettative di riscatto delle masse popolari e subalterne, che costituivano assieme alle strutture solidaristiche come le “cameraze” e le cooperative il brodo di cultura di tutte le espressioni della sinistra politica del tempo, meno condivisibile ed apprezzabile dal punto di vista politico e storiografico far risalire ai sostanziali tradimenti perpetrati dalle forze comuniste degli ideali rivoluzionari, questo in Spagna come nella Resistenza, del Sol dell’Avvenire..

Tale impostazione ideologica non giova alla struttura narrativa ed alla descrizione dei caratteri dei protagonisti di parte comunista, resi in maniera piatta, passiva, ottusa e sostanzialmente caricaturale.

La storia è sempre storia contemporanea, come ammoniva Benedetto Croce, e probabilmente questo assunto vale anche per i romanzi storici.
La sconfitta sul campo, almeno nella nostra parte di mondo, legittima purtroppo la riscrittura della Storia, con apparenti singolari convergenze tra punti di vista ideologici che dovrebbero essere antitetici.

I personaggi paradossalmente grandi pur nella differente posizione sono due morti, il suicida Tito e l’ucciso partigiano Corbari, come se non ci potesse esser grandezza se non nella sconfitta politico-esistenziale da chiudersi con una tragica morte, capace di accomunare gli antipodi.

Non resta comunque che invitare alla lettura della trilogia, confidando politicamente che il mondo del lavoro e delle classi subalterne possa ricostruire una adeguata rappresentanza politica salda ideologicamente e storiograficamente, magari facendo i conti, senza dismettere la prospettiva del cambiamento, con i mediocri e prosastici giorni che ci sono stati dati in sorte.