Reds n. 03_2017

La quarta via renziana - di Frida Nacinovich

Cosa sarebbe successo se il Partito democratico avesse vinto il referendum costituzionale del 4 dicembre? Come nell’onirico ‘The man in the high castle’ di Philip Dick - tradotto in italiano ‘La svastica sul sole’ - vivremmo in un paese ben diverso da quello scampato alla furia ‘riformista’ di Renzi, Boschi & c. Non tanto per l’azione quotidiana di governo - visto che l’attuale esecutivo è chiamato scherzosamente ‘Renziloni’ - quanto per l’affermazione di una nuova architettura dello Stato. Snella, rapida, ultradecisionista. Una manna per chi occupa le stanze dei bottoni, e per le banche d’affari come Jp Morgan. Renzi siederebbe a Palazzo Chigi, incollato alla poltrona di presidente del consiglio con il bostik, le opposizioni sarebbero state ridotte a ben poca cosa, visti i meccanismi elettorali dell’italicum, legge che la Consulta avrebbe avuto più remore a disciplinare.

L’ex ragazzo di Rignano sull’Arno sarebbe passato alla storia del paese, e perfino del continente. Dopo la terza via blairiana, la quarta via renziana, nel segno del finanzcapitalismo. Una pagina di storia che però non è mai stata scritta, e se qualcuno un giorno volesse farne un racconto, il libro verrebbe messo lì, nel mezzo fra ‘Fatherland’ di Robert Harris e ‘Viaggio al centro della terra’ di Jules Verne, celebri romanzi ucronici, vere e proprie opere cult per gli amanti del genere.

Invece il 4 dicembre la Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza al nazifascismo, è stata salvata, i cittadini elettori hanno smontato il perverso meccanismo che avrebbe stravolto gli assetti istituzionali del paese. Matteo Renzi deve ricominciare da capo, come nel gioco dell’oca quando il lancio dei dadi ti porta nella casella sbagliata.

All’origine dell’ascesa del paffuto presidente provinciale fiorentino ci furono le primarie, la sua riconquista del potere riparte dalle primarie. Per tornare a Palazzo Chigi con una investitura popolare. I primi risultati del voto nei circoli di partito lo danno in netto vantaggio sugli sfidanti Andrea Orlando (che sarà votato anche da Enrico Letta) e Michele Emiliano (che è rimasto nel Pd, ma senza Bersani, Rossi & c., usciti dal partito per formare Articolo1 - Movimento dei democratici e progressisti). Se ci fosse stato qualche dubbio sul fatto che la scissione avrebbe indebolito il Pd ma rafforzato Renzi, i freddi numeri confermano questa ipotesi. Con tanti saluti, se questi risultati parziali dovessero essere confermati, all’idea che il Pd possa cambiare linea politica. D’altra parte l’appoggio al governo Gentiloni dei cosiddetti scissionisti di Mdp fa capire che la rottura è stata più personale che politica, più tattica che strategica. Anche se la politica, si sa, è l’arte del possibile.

Nello scacchiere italiano sarà poi interessante studiare le mosse dell’eterno Silvio Berlusconi. Riuscirà l’ex Cavaliere a riunire per l’ennesima volta il centrodestra, da Alfano e Verdini a Salvini e Meloni? Per i bookmaker e gli scommettitori la sfida è avvincente. Il protagonista ha più di ottant’anni, e al momento non può essere candidato per i suoi guai giudiziari. Però Mr B. è stato dato politicamente per morto tante volte e altrettante volte è risorto, dall’alto del suo impero mediatico economico. Per certo i sommovimenti nella sua area di riferimento, da qui alle elezioni del 2018, saranno da seguire con grande attenzione. Perché i numeri dicono che in Ger­mania, alle elezioni del prossimo settembre, potrebbe essere riconfermata la grande coalizione. Si spiega così perché il democristiano Renzi rivendichi con orgoglio l’entrata del suo Pd nella grande famiglia del socialismo europeo. Nel Pse si può finire, anche se non vi si è nati. E poi, a guardar bene, dopo le prime perplessità, Forza Italia è stata accolta trionfalmente nel Partito popolare europeo. La grande coalizione è un’ipotesi, concreta, che nasce da questi dati di fatto. Oltre ad essere un eccellente strumento per la rivincita di chi ha perso il referendum costituzionale ma non ha alcuna intenzione di farsi da parte.

Entro qualche settimana i giochi nel Partito democratico saranno fatti, avranno votato sia tesserati che simpatizzanti. E se il combinato disposto delle due votazioni farà trionfare - come tutto lascia pensare - l’ex presidente del consiglio, la prima metà del puzzle sarà composta. E sarebbe divertente vedere meccanismi analoghi nella scelta del leader del pur variegato campo del cen­trodestra. Fra Alfano, Salvini, Meloni e l’ex Cava­liere, scommettiamo che vince quest’ultimo? Andrà a finire che il patto del Nazareno entrerà nei libri di storia, al pari dei patti Lateranensi.

Russia 1917 ovvero Gioia e Tormento - di Maurizio Brotini

La pubblicazione di Guido Carpi, Russia 1917. Un anno rivoluzionario, pubblicata recentemente da Carocci, merita di essere letta e meditata. Una scrittura densa che denota la grande padronanza di uno studioso, ordinario presso l’Orientale di Napoli, profondo conoscitore della realtà russa e sovietica, sia sul piano letterario - è l’autore della recente Storia della letteratura russa sempre per i tipi Carocci - che su quello storico-ideologico (si veda al riguardo anche il capitolo sul Marxismo russo nella Storia del marxismo edita dallo stesso editore in tre tomi).

Un tentativo, riuscito, di descrivere ciò che è stato e dei motivi per cui proprio in quel modo è stato. Con quattro livelli.

Una cronaca, avvincente, dei fatti dell’anno rivoluzionario, utilizzando per la prima volta i quotidiani, finalmente liberi dalla censura, con una predilizione per “Russkaja voljia”, antisocialista e “Novaja zizn”, quotidiano socialista indipendente patrocinato da Gorkij.

Una storia, ovvero una interpretazione sistematica del fatto sulla scorta degli studi successivi al 1991, anno della piena messa a disposizione dei documenti degli archivi sovietici, con un confronto costante con la produzione anglosassone e russa, senza cedimenti alla vulgata del comunismo come pura e semplice avventura criminale. Chiari ed esplicitati i punti di vista: centralità della storia sociale per comprendere la rivoluzione, ruolo chiave del 1914 per la crisi del socialismo europeo e gradualista e per la nascita di movimenti di massa volti alla trasformazione violenta dell’intero assetto mondiale, rivoluzione russa come crisi irreversibile delle classi dirigenti e continuità di processo fra il Febbraio e l’Ottobre, necessità di contestualizzare il 1917, evitando il mito delle origini o dell’anno zero, inutilità ermeneutica della categoria del totalitarismo. Utilissimi a questo proposito i brevi ma densi lemmi premessi alla Cronaca vera e propria su Società, Sistema politico, Intelligencija, Populismo, Industrializzazione, Partiti, 1905 e dopo.

Le tesi di fondo sono chiare. Solo Lenin con i suoi bolscevichi, assieme a Trockij, saprà incanalare la forza sovversiva delle masse, inscrivendola in un disegno complessivo di trasformazione in senso socialista.
La Rivoluzione russa è innanzitutto una rivoluzione proletaria: i proletari di Pietrogrado ne costituiscono la dirigenza politica e l’ossatura organizzativa a tutti i livelli. Se la leggenda storiografica ormai dominante li descrive infatti come una massa primitiva ed inconsapevole, facilmente plagiabile da un manipolo di demagoghi, è vero il contrario: in tutti i momenti dirimenti del processo rivoluzionario il proletariato si sarebbe mosso secondo una valutazione razionale dei propri interessi. Un proletariato diretto dai propri elementi più progrediti, dall’elevato livello intellettuale, derivante anche dal fatto che in Russia la taylorizzazione del lavoro era solo ai suoi albori, e un buon metalmeccanico doveva saper fare un po’ di tutto, incluse operazioni che richiedevano una certa conoscenza di algebra, geometria e trigonometria.

Una riflessione storiografica, sollecitata dall’epigrafe all’introduzione, che merita di essere riportata: “La storia non si lascia interrogare da noi sul modo di soddisfare i nostri attuali bisogni né da lei si possono cavare responsi, perché, se qualcosa che noi vorremo fare fallì nel passato, potrebbe non fallire ora; e per converso, qualcosa che riuscì nel passato potrebbe non riuscire ora: tutto dipende dalla situazione che si svolge e dal concorso nostro e dal nostro concreto sforzo di volontà e di azione (Benedetto Croce, Filosofia e storiografia). La Storia non è dunque finita nell’’89, e ciò che sarà dipende anche dalle nostre volontà soggettive organizzate.

E tutto questo ci richiama ad una responsabilità di militanti e dirigenti politico-sindacali che non hanno dismesso l’ambizione di cambiare il mondo. Un mondo da cambiare - magari - proprio secondo le leniniane riflessioni di Stato e rivoluzione, quelle di una società nella quale varranno i principi di ognuno secondo le sue capacità e a ciascuno secondo i suoi bisogni, cioè quando gli uomini si saranno talmente abituati a osservare le regole fondamentali della convivenza sociale e il lavoro sarà diventato talmente produttivo ch’essi lavoreranno volontariamente secondo le loro capacità. Una Utopia? Una Utopia che si era inverata nel fuoco dell’Ottobre. Il grande regista Evgenij Vachtangov, riprovando sul momento l’Ottobre, osservando successivamente un operaio intento a riparare i cavi della tranvia, osservava: “Le mani, le mani dell’operaio mi hanno svelato ogni cosa. Per come quelle mani lavoravano, per come prendevano e riponevano lo strumento, per la calma, sicurezza e serietà con cui si muovevano – io vidi, capii che l’operaio stava riparando i suoi cavi, che li stava riparando per sé. A quella maniera possono lavorare solo le mani di un padrone. In ciò è il senso della rivoluzione”.
La Comune è vinta, vincerà.

Voucher e appalti: passi avanti significativi - di Andrea Montagni

Sono state raccolte milioni di firme per un cambio di rotta sul lavoro.

Abbiamo conquistato il decreto legge che abolisce i voucher dal 2018 e ripristina la responsabilità solidale negli appalti. E’ solo un primo risultato, ma la strada per una buona legge è ancora lunga e piena di insidie.

La nostra Carta dei diritti del lavoro contiene le proposte giuste e prospetta un diverso modo di concepire il lavoro, che sia buono e inclusivo, e i diritti universali, contro la precarietà, il lavoro nero e lo sfruttamento dilaganti. La Carta non elude il problema del lavoro subordinato e occasionale, ma propone con quali modalità e strumentazione farvi ricorso. Quanto al tema della responsabilità solidale tra committenti e appaltatori la Carta indica le “norme in materia di solidarietà negli appalti” e le “tutele dell’occupazione in caso di successione negli appalti” per ristabilire certezze, trasparenza e tutelare il lavoro.

Abbiamo rimesso al centro dello scontro il lavoro e il suo valore politico e sociale insieme alla dignità delle persone, e i diritti per tutti e per tutte. Per il diritto al lavoro, per includere, per dare risposte alle nuove generazioni, contro disoccupazione diffusa, precarietà, sfruttamento, disegua­glianze. Non è più sopportabile la lontananza della politica dall’esistenza concreta delle persone. La CGIL, forte del legame di massa nel fare sindacato, cerca di porre un argine. Ma siamo attenti e rispettosi per quanto sta avvenendo in tutta la sinistra politica, consapevoli della non autosufficienza del sindacato nella crisi della sinistra politica.

La CGIL rimane in campo come soggetto politico di rappresentanza sociale, con la sua autonomia, le sue proposte e la sua azione contrattuale per la centralità del lavoro nella vita politica e sociale.

SA 8000: la certificazione etica di responsabilità sociale - di Giorgio Ortolani

Uno strumento utile, spesso ignorato

La SA 8000 è una certificazione internazionale volontaria che riguarda la responsabilità sociale dell’impresa.
Le aziende che si certificano SA 8000 si impegnano a garantire che ai propri lavoratori siano garantiti: il rispetto dei diritti umani; il rispetto dei diritti dei lavoratori; la tutela contro lo sfruttamento dei minori; la sicurezza e salubrità sul posto di lavoro.
La stessa garanzia le aziende certificate SA 8000 la devono pretendere da parte dei propri fornitori/subfornitori, agenzie per impiego private ecc.
Le aziende che volontariamente richiedono tale certificazione si impegnano a rispettare:
• Convenzioni ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro);
• Dichiarazione Universale dei Diritti Umani;
• Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia;
• Convenzione delle Nazioni Unite per eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne;
• Le leggi nazionali e i contratti nazionali di lavoro.

Su poco meno di 4000 aziende certificate SA8000 nel mondo, oltre 1000 sono italiane e una buona parte di queste operano nel settore degli appalti.
Qui c’è qualcosa di strano. Nel settore degli appalti dove ci sono più violazioni ai diritti dei lavoratori sono di più le aziende che si fregiano della certificazione etica. Questo perché chi è in possesso della SA8000 acquisisce nelle gare di appalto pubbliche e non, maggior punteggio per aggiudicarsi l’appalto. In alcuni casi la certificazione SA 8000 è, insieme alle varie ISO e al mod. 231, tra quelle indispensabili per la partecipazione alle gare d’appalto.

Come spesso accade nel nostro paese, però, non sempre gli impegni sottoscritti dalle imprese, corrispondono a reali comportamenti messi in atto dalle stesse. In analogia a quanto avviene sulla sicurezza sul lavoro, dove il Dlgvo 81/08 prevede la figura del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (eletto o designato dai lavoratori nell’ambito delle RSA/RSU) e una formazione obbligatoria di almeno 8 ore per ciascun lavoratore.

La SA8000 prevede che una specifica informativa a tutti i lavoratori sui suoi contenuti e soprattutto la nomina di rappresentanti dei lavoratori alla SA 8000. Rappresentanti dei lavoratori alla SA 8000 che, ove sono presenti le OO.SS., devono essere designati dalle stesse OO.SS.

Avendo verificato che diverse delle aziende hanno proceduto a nominare rappresentanti dei lavoratori SA8000 di comodo, senza in alcun modo contattare le OO.SS. e non hanno in alcun modo informato correttamente i lavoratori, sarebbe importante iniziare a monitorare la situazione e a pretendere il rispetto degli impegni sottoscritti dalle aziende e in fase di certificazione.

Sul sito www.rlsfilcams-lombardia.org (comunicazione 1/17) è possibile recuperare l’elenco delle aziende italiane certificate; se la vostra azienda è certificata, è altresì possibile richiedere il rispetto delle modalità di designazione del rappresentante dei lavoratori alla SA8000 e della formazione dei lavoratori.

Ma veniamo ad alcuni passi della SA 8000/14 che si spera spingano delegati e funzionari della Filcams ad approfondire l’argomento.
8.1 L’organizzazione deve rispettare il diritto del personale ad un salario dignitoso, e garantire che la retribuzione pagata per una settimana lavorativa normale, straordinari esclusi, corrisponda sempre almeno agli standard legali o agli standard minimi di settore, o ai contratti collettivi (ove applicabile).
8.2 I salari devono essere sufficienti a soddisfare i bisogni primari del personale, oltre a fornire un qualche guadagno discrezionale.
8.3 L’organizzazione deve garantire che la composizione dei salari e delle indennità dei lavoratori siano dettagliate chiaramente e regolarmente in forma scritta per ogni periodo di paga. L’organizzazione deve inoltre garantire che i salari e le indennità siano corrisposti in conformità alla legge e in modo comodo per i lavoratori, ma in nessuna circostanza ritardati o limitati con metodi quali voucher, coupon o pagherò cambiari.
8.4 Tutto il lavoro straordinario deve essere retribuito con una maggiorazione, come definito dalla legge nazionale o dalla contrattazione collettiva. Nei paesi in cui la maggiorazione per lo straordinario non sia regolamentata dalla legge né dalla contrattazione collettiva, l’organizzazione deve compensare i lavoratori applicando la maggiorazione più alta tra quella definita dall’organizzazione stessa e quella stabilita dagli standard di settore prevalenti.
8.5 L’organizzazione non deve utilizzare accordi contrattuali di “sola manodopera”, contratti consecutivi a breve termine e/o programmi di falso apprendistato o altri schemi, volti a evitare l’adempimento degli obblighi nei confronti del personale previsti dalla legislazione e dalle normative applicabili in materia di lavoro e sicurezza sociale.
9.2 Social Performance Team
9.2.1 Deve essere costituito un Social Performance Team (SPT) per applicare tutti gli elementi di SA8000. Il team deve includere una rappresentanza equilibrata di:
a)  rappresentante(i) dei lavoratori SA8000;
b) management.

La responsabilità della conformità allo Standard deve restare unicamente in capo al Senior Management.
In quante delle aziende degli appalti quanto su riportato viene rispettato? Violazioni sistematiche da parte delle aziende certificate SA8000 degli impegni sottoscritti comportano la perdita della certificazione e in alcuni casi la stessa messa in discussione degli appalti acquisiti.
Proprio perché la rappresentanza dei lavoratori è elemento strutturale della SA 8000 sarebbe un errore imperdonabile che questa figura venga designata dai datori di lavoro, e non come è previsto dalle OO.SS. se presenti.
Quindi diamoci da fare.

Voucher e appalti, un decreto non è una legge - di Riccardo Chiari

Nel 2016 i dati Inps indicano che i voucher venduti sono stati 134 milioni, il 24% in più rispetto all’anno precedente. Numeri enormi, l’effetto diretto di quella progressiva deregolamentazione del mercato del lavoro che è arrivata al suo apice con l’estensione dell’utilizzo dei voucher in quasi tutti i comparti produttivi. Eppure non si sa ancora se ci sarà la possibilità, con il referendum, di cancellarli. Perché il governo, con un decreto legge ad hoc, ha messo un punto interrogativo sulla consultazione. Ma può bastare un decreto legge? La Cgil non ne è convinta, e sul punto Susanna Camusso osserva: “I nostri referendum sono una battaglia che intendiamo condurre per riscrivere il diritto del lavoro in questo paese. Abbiamo visto positivamente la scelta del governo di abrogare sia la legge sui voucher, sia la cancellazione della responsabilità solidale, ripristinando un principio di civiltà nel sistema degli appalti. Ma la nostra mobilitazione continua fino a quando ciò non sarà tradotto in una legge, perché un decreto è un provvedimento temporaneo”.

Così la mobilitazione referendaria sta andando avanti. Intanto la conferenza dei capigruppo della Camera ha stabilito che il decreto sui voucher andrà in aula il 5 aprile, e il voto finale per la conversione in legge è stato fissato per il giorno seguente, il 6 aprile. Ma anche dopo l’ipotetica approvazione ci sarà bisogno di attendere le decisioni della corte di Cassazione, il cui Ufficio centrale ha il compito di verificare che il dettato della norma, nella sua versione definitiva e quindi dopo la conversione in legge, risponda in toto al quesito referendario, così da accertare che non sia più necessaria la consultazione popolare.

Non per caso, la Cassazione ha fatto ufficialmente sapere: “Preso atto che il decreto legge 17 marzo 2017 numero 25 ha abrogato le disposizioni di legge oggetto dei referendum i cui comizi sono stati convocati per il prossimo 28 maggio 2017, l’Ufficio centrale ha deciso all’unanimità di rinviare ogni deliberazione all’esito dell’iter parlamentare di conversione del citato decreto legge”.
La Cassazione ha fatto la cosa giusta: il Parlamento deve trasformare il decreto in una legge che risponda al 100% alle richieste referendarie. Altrimenti ci saranno ugualmente i referendum. Per questo la mobilitazione sta andando avanti. Anche perché, ad esempio, una parte della maggioranza che sostiene il governo Gentiloni - Alternativa popolare - vorrebbe mantenere i voucher. E le parole di Maurizio Lupi sull’argomento sono chiare: “Quello della flessibilità del lavoro occasionale è un punto sul quale non accetteremo ritorni al passato che rimandino nel nero i tanti giovani, precari e disoccupati che grazie ai voucher in questi anni hanno potuto lavorare”. Senza vergogna.