“Europa, cosa ti è successo?”, ha chiesto Jorge Bergoglio ai leader dell’Unione europea. Papa Francesco non ha avuto risposta. Del resto nella Fortezza Europa si spendono più risorse per il respingimento dei migranti che per l’accoglienza, anche se questa notizia resta confinata fra mille altre statistiche e certo non apre alcun quotidiano o telegiornale.
Così accade che Destinity, una donna nigeriana incinta, sia respinta dalla gendarmeria francese e lasciata di notte alla stazione di Bardonecchia, nonostante il pancione e una malattia che poi l’ha portata alla morte, dopo aver dato alla luce un bimbo. Così accade che il francese Benoit Ducos, che vive a Briancon e pattuglia il confine tra Francia e Italia, alla ricerca di uomini e donne che si perdono nella neve, sia stato arrestato e rischi il carcere per aver salvato una famiglia nigeriana con due bimbi piccolissimi, e con la donna incinta all’ottavo mese, recuperati a quasi duemila metri di quota e con una temperatura di dieci gradi sotto lo zero.
Che dire poi della nave Pro Activa Open Arms, battente bandiera spagnola e attrezzata per il soccorso in mare, che su chiamata dalla Guardia costiera italiana mette in salvo 218 migranti alla deriva nel Canale di Sicilia, e che come ricompensa viene sequestrata dalle autorità italiane con l’accusa iniziale di associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina?
In Libia sono detenuti in autentici lager 900mila fra rifugiati e “migranti economici”. Sottoposti, secondo il Rapporto del segretario generale dell’Onu, “a detenzione arbitraria e torture, tra cui stupri e altre forme di violenza sessuale, a lavori forzati e uccisioni illegali”. Ma tutto questo fa parte di un accordo, fatto dal governo italiano – con il plauso dei governi europei - con un ras locale, perché in Libia non c’è alcun governo, proprio per bloccare l’arrivo dei migranti in Europa.
Nel disordine internazionale, in una realtà nella quale i focolai di guerra fra Africa, Medio Oriente e la stessa Europa non si contano più, la strada scelta dal vecchio continente è stata quella di criminalizzare le migrazioni e coniare il “reato di solidarietà”. Affiancato da una disinformazione talmente pervasiva da far impallidire le esperienze nei paesi totalitari della prima metà del secolo scorso. “Quando chiedo ai miei studenti quanti sono gli immigrati in Italia – annota il prof universitario Tonino Perna - la maggior parte pensa che siano tra il 30 e il 40% della popolazione italiana. Quando spieghi che non arriva al 9%, una delle percentuali più basse della Ue, rimangono increduli. Se questo succede nelle aule universitarie, possiamo immaginare cosa accade fuori”.
Se poi il ministero dell’università e ricerca registra che gli studenti con cittadinanza non italiana che siedono ai banchi delle nostre scuole sono 826mila, solo il 9,4% della popolazione studentesca complessiva, e il 61% di loro è nato per giunta in Italia, a raccontarlo al bar ti prendono per pazzo.
Il 26 gennaio 2015, i partigiani e le partigiane kurde respinsero le milizie fasciste religiose dello stato islamico dalla città di Kobane, ponendo fine ad un assedio di quattro mesi.
Kobane ha resistito per mesi nell’indifferenza internazionale, finché le potenze impegnate nel conflitto siriano realizzarono che finalmente era stata individuata sul terreno una forza capace di contrastare e battere lo Stato islamico. Le ragioni di questa forza stavano e stanno nella determinazione di combattenti che si battono per la pace, la libertà e la convivenza multietnica. Solo allora americani e russi si decisero. Gli americani a fornire copertura aerea, i russi ad inviare truppe al confine tra Afrin e Turchia, per proteggerli dai turchi alle spalle.
Il 20 gennaio 2018, i russi hanno ritirato i propri reparti, gli Stati uniti hanno raccomandato ai turchi di “non esagerare” ed è iniziata da terra e dal cielo l’invasione di Afrin, Truppe turche e miliziani di Al Qaeda sono entrate nel cantone da Nord, da Est e da Ovest.
Il 16 marzo, i partigiani kurdi si sono ritirati da Afrin per non utilizzare i civili come scudi umani nella battaglia e dopo migliaia di vittime, soprattutto civili, 250.000 profughi hanno abbandonato le loro case, i loro villaggi e le loro proprietà per rifugiarsi nei territori sotto controllo dei governativi siriani o delle milizie kurde. I partigiani sono passati alla guerriglia e la lotta prosegue.
Il corpo martoriato di Amina Omar, “Barin Kobanì”, denudata, mutilata, straziata e offesa anche da morta, esibito in un video dai mercenari del sedicente Esercito libero siriano, ci ricorda che la battaglia che i kurdi combattono è anche la nostra battaglia contro la barbarie, l’oscurantismo, il terrorismo che insanguina le nostre metropoli. Non lasciamoli soli.