Una giornata per ricordare Beniamino Lami

Scacchiera referendaria - di Riccardo Chiari

Non solo italicum. Il Coordinamento per la democrazia costituzionale ha anticipato i tempi, e ha dato vita anche ad un “comitato per il no” al referendum sulle riforme costituzionali. La mossa ha una sua logica: se il parlamento dovesse approvare il ddl Boschi entro la prossima estate, al massimo in autunno, il referendum consultivo dovrebbe tenersi nel 2017. In parallelo a quello sulla legge elettorale, e forse anche alle consultazioni su altre due leggi molto discusse del governo Renzi, la cosiddetta “buona scuola” e il jobs act.

Domenico Gallo, consigliere di Cassazione e autorevole esponente del Coordinamento, sintetizza così la situazione: “Naturalmente la speranza è che il parlamento riveda le sue posizioni. Ma se questo non dovesse avvenire, sarà giocoforza affrontare il referendum previsto dall’articolo 138 della Costituzione, che permetterà ai cittadini italiani di potersi finalmente esprimere e di bocciare la manomissione della Costituzione, come è avvenuto nel 2006 quando è stata cancellata la riforma voluta da Berlusconi”.
Nel caso del ddl Boschi, le osservazioni del costituzionalista Alessandro Pace individuano il cuore dei problemi: “Il vizio che caratterizza tutta la riforma è la mancanza di contropoteri. Sia per le funzioni assegnate al nuovo Senato, sia per il numero dei componenti di molto inferiore a quello della Camera, che, infine, per la loro natura di consiglieri regionali e di sindaci che creerebbe dei senatori part-time. In definitiva poi la fiducia data solo dalla Camera sposta l’asse istituzionale sul governo, che diventa il dominus dell’agenda parlamentare”.

Mentre su legge elettorale, jobs act e “buona scuola” saranno necessarie 500mila firme, da raccogliere fra la primavera e l’estate 2016, il referendum costituzionale è un obbligo di legge. Ma il Coordinamento chiederà l’adesione anche a deputati e senatori, singoli e per gruppi, per raggiungere quel 20% di parlamentari necessario per rafforzare la richiesta. “Un modo per evitare che a farlo sia la stessa maggioranza di governo – puntualizza Gallo - che così si intesterebbe un referendum plebiscitario. Alla De Gaulle”.

Un contributo importante per il socialismo del XXI secolo - di Roberto Mapelli

A proposito degli scritti dal carcere di Ocalan

In questi ultimi tre anni, per le edizioni Punto Rosso, sono usciti in italiano i primi tre volumi degli scritti dal carcere di A. Ocalan (il quarto è in via di pubblicazione e uscirà probabilmente all’inizio del 2016).

Si tratta nel complesso di uno sforzo enorme di ricostruzione concettuale, che, a partire dalla vicenda storica e politica, grandiosa e drammatica, del popolo curdo, affronta i nodi teorico-politici per la ricostruzione di una prospettiva socialista all’altezza delle sfide del nuovo millennio.
Il nodo principale, dal quale si dipanano tutti gli altri, è quello della pace e della democrazia, o meglio, per riprendere un concetto centrale dell’ultimo Lukacs, quello della democratizzazione radicale della vita sociale e quotidiana, come sostanza fondamentale di una società socialista degna di questo nome e in grado di porsi come alternativa reale alla democrazia competitiva e di mercato del Capitale, che inevitabilmente costruisce le condizione del suo fallimento nella sua propensione alla guerra.
Scrive Ocalan: “La teoria e la prassi della pace è altrettanto necessaria quanto quella della guerra. Una pace che sfocia solo parzialmente in libertà nuove è da preferirsi persino ad una guerra dalle più grandi conquiste. Sono convinto che un popolo che per sua libera volontà rende possibile una pace, è anche un popolo organizzato e consapevole che potrà ottenere sicuramente i propri diritti. Non ho dubbi sul fatto che la pace significa forza e non debolezza. Considero bugie fasciste le posizioni nazionaliste, demagogiche, che si esprimono in nome della sacra patria con bandiere ed apparato statale. Secondo me il patriottismo più coerente passa per il rispetto delle esistenze culturali. Sono sicuro che chi vuole essere utile per la propria nazione, lo può fare al meglio rispettando le culture di tutti i popoli, al pari della propria. Il XXI secolo sarà testimone di una pace che sarà realizzata dai Kurdi. All’inizio del XX secolo Kurdi e Turchi hanno condotto insieme una guerra di liberazione contro gli intrighi imperialisti. Il loro punto debole fu quello di non aver saputo costituire nella nuova repubblica un sistema democratico ed una libera convivenza”.
Tutti i capisaldi di una teoria della liberazione sono affrontati da Ocalan e spesso vengono cambiati di segno proprio a partire dalla prospettiva della democrazia radicale e dell’etica della pace, dentro la proposta di un incontro reale fecondo tra la cultura occidentale della libertà (borghese e marxista) e la antica civiltà del Medio Oriente: patria, nazione, stato, famiglia, ecc, sono dotati di nuovi significati utili allo sviluppo di un processo di democratizzazione e non più intesi come potenti elementi di legittimazione di un dominio coloniale, di classe, di genere.

Gli scritti di Ocalan compiono questo sforzo teorico-politico dentro anche il racconto della storia curda (con le sue grandi contraddizione mai sottaciute) e anche dentro alla vicenda personale del Presidente del Pkk, dalla sua grandiosa funzione di leader (senza nasconderne le ombre) fino alla sua cattura e imprigionamento. Questi scritti sono anche per Ocalan il modo di restare attaccato alla vita e alla volontà di una sua nuova funzione utile al suo popolo: “Le analisi e le valutazioni che presento in questi libri rappresentano una difesa, un’apologia nell’accezione originale greca. Sono state scritte per effetto dello straordinario complotto che mi ha portato in questa cella solitaria dove ora vivo”.

Una lettura faticosa (le pagine sono migliaia), ma che rappresenta anche una straordinaria esperienza di passaggio dalle dimensioni più politiche ed oggettive fino alla più intima soggettività di un rivoluzionario. Buona lettura.

 


ABDULLAH ÖCALAN
Scritti dal carcere I
GLI EREDI DI GILGAMESH
Dai Sumeri alla civiltà democratica
Traduzione dal tedesco di Simona Lavo
Collana libri/FMA, pagg. 452, 20 euro.

 

 

 

 

ABDULLAH ÖCALAN
Scritti dal carcere II
IL PKK E LA QUESTIONE KURDA
NEL XXI SECOLO
Note preliminari di Cemil Bayik
Traduzione dal tedesco di Simona Lavo
Collana libri/FMA, pagg. 394, 20 euro.

 

 

 

 

ABDULLAH ÖCALAN
Scritti dal carcere III
LA ROAD MAP
VERSO I NEGOZIATI
Prefazione di Immanuel Wallerstein
Collana libri/FMA, pagg. 126, 10 euro.

 

Caccia all'Italicum - di Riccardo Chiari

Sul nuovo sistema elettorale, nato dal patto del Nazareno fra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, è partita la corsa del referendum. Anche se l’italicum può ancora teoricamente essere modificato nel corso dei passaggi parlamentari, il Coordinamento per la democrazia costituzionale non ha atteso le mosse del governo. Ed ha presentato alla Camera, e poi depositato presso i Tribunali dei capoluoghi dei distretti di corte d’Appello, un documentato ricorso. Tendente a “smontare” i due principali aspetti del discusso disegno di legge, fra loro strettamente legati.

Nel mirino dei referendari c’è principalmente il premio di maggioranza, automaticamente concesso alla lista che riesce a conquistare il 40% dei voti, e tale da assicurare la comoda maggioranza di 340 deputati su 630 a Montecitorio, nell’unica assemblea legislativa superstite dopo la prevista trasformazione (cancellazione?) del Senato in camera delle autonomie.

Secondo punto contestato dal Coordinamento, l’eventuale ballottaggio fra le due liste più votate nel caso di un mancato raggiungimento della soglia del 40%. Per i referendari è impensabile, e va corretta, la previsione che il secondo turno scatti senza soglia, anche per un partito che dovesse fermarsi al 25% delle preferenze del corpo elettorale. Di qui la richiesta di abrogare sia il ballottaggio, che l’ennesima forzatura messa in cantiere dei capilista bloccati, e delle pluricandidature previste nelle pieghe dall’italicum.

Nel Coordinamento per la democrazia costituzionale c’è anche Felice Besostri, l’avvocato che con il collega Aldo Bozzi e altri 25 ricorrenti è riuscito a convincere la Consulta della palese incostituzionalità del “porcellum”, la legge elettorale elaborata nel 2005 da Roberto Calderoli, utilizzata nelle ultime tre elezioni politiche. A far parte del Coordinamento ci sono fra gli altri anche Gustavo Zagrebelski, Massimo Villone, Gianni Ferrara, Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare e Alessandro Pace.

Si tratta in altre parole di un consistente gruppo di studiosi della Costituzione repubblicana, che giudicano pericolose per la democrazia parlamentare italiana le previsioni dell’italicum, legate con le altre disposizioni di revisione costituzionale contenute nel disegno di legge Boschi. A sostenere le ragioni del Coordinamento un lungo elenco di associazioni, Libertà e Giustizia in testa, e le tre forze di opposizione parlamentare del Movimento 5 Stelle, della Sinistra italiana e di “Possibile” di Pippo Civati.

Domenico Gallo, anche lui fra i promotori del Coordinamento, ha fatto da portavoce del gruppo di giuristi, ponendo l’asticella nella primavera del 2017. Questo significa dover raccogliere entro l’estate 2016 le 500mila firme necessarie, per votare il referendum fra il 15 aprile e il 15 giugno 2017, dopo il via libera della Consulta.

Questa non è più la "nostra" coop! - di Andrea Montagni

La Filcams nazionale mi ha dato l’opportunità di vivere “sul campo” lo sciopero del 7 novembre nella preparazione ( l’assemblea generale) e nello svolgimento (il picchetto davanti all’ingresso) nell’ipermercato coop Katané di Gravina (CT). Una bella esperienza che poi si è conclusa con il trasferimento in massa di decine e decine di lavoratori al centro commerciale Città Mercato a Catania di fronte al negozio Auchan. Si sono ritrovati insieme a centinaia i lavoratori di Federdistribuzione e della distribuzione cooperativa. Una bella prova di unità e di forza!
Ma non di questo vorrei parlare. Vorrei invece denunciare con forza il comportamento della Coop che, come in tutta Italia, ha - come si diceva una volta - “gettato la maschera”: nel tentativo di fermare lo sciopero, di aprire le casse, rifornire i banchi del fresco per poter affermare che lo sciopero sarebbe fallito, è ricorsa a tutti i mezzi. Personale trasferito da altre catene (in Sicilia ci sono negozi acquisiti da altri gruppi che, in attesa di armonizzazione, applicano il contratto Confcommercio), dirigenti e quadri trasformati con corsi di formazione di pochi giorni in cassieri improvvisati e banconisti del fresco, salumieri e macellai, forse persino privi, alcuni, delle certificazioni idonee… E poi la cosa peggiore, mandare capireparto e dirigenti a fare pressione sui dipendenti: “se fai così perdi il lavoro”, “in casa lavori solo tu”, “la coop sei tu…” ecc.
La Filcams di Catania e la Camera del Lavoro hanno dichiarato, e lo stanno facendo, che adiranno le vie legali per la sostituzione di manodopera e chiederanno all’ispettorato del lavoro una verifica.
Tutte le lavoratrici e i lavoratori si sono sentiti traditi. Chi lavora in Coop si sente parte del mondo cooperativo, dei valori di socialità e solidarietà. Vedere la Coop che si comporta come un padrone qualsiasi fa male, veramente male. “La coop sei tu”.
Ai lavoratori coop vorrei dire che era e resta vero. La coop siete voi e siamo noi. Sono loro, i dirigenti, i vertici della distribuzione cooperativa che non sono più la coop!