Un nuovo giornale sindacale

Lavoro società ha dato vita ad una nuova testata che sostituisce la vecchia “LavoroSocietà” chiusa con l’ultimo congresso. “Sinistra sindacale” è già consultabile sul web (www.sinistrasindacale.it) e può essere richiesta via posta elettronica.

Il direttore responsabile è Riccardo Chiari, giornalista de “il Manifesto” e che ben conoscete come collaboratore di “Reds” e dello staff fanno parte altri tre collaboratori del nostro foglio, Frida Nacinovich, Andrea Montagni e Mirko Bozzato.

Il gioco delle tre carte sull'acqua - di Riccardo Chiari

Alla quarta Conferenza europea dell’acqua a Bruxelles di metà marzo, il Forum italiano dei movimenti e la Rete europea hanno protestato, anche con un sit in, per denunciare di essere stati esclusi da lavori che hanno invece visto protagoniste le multinazionali del settore. Non sono bastate quasi due milioni di firme, raccolte nel 2013, per poter essere considerati dall’Unione europea. Di più: di fronte alla proposta di legge collegata al milione e 800mila firme, tendente a far riconoscere l’accesso all’acqua da bere e per i servizi igienici come bene dell’umanità; escluderlo dalle norme del mercato interno e dalle liberalizzazioni, e sottrarre la materia dai trattati internazionali, i tecnocrati europei se ne sono di fatto lavati le mani. Eppure la proposta era già stata discussa nell’Europarlamento. Poi però è letteralmente sparita. “La commissione ci ha detto – riepiloga Corrado Oddi del Forum italiano - che il principio andava bene. Ma non toccava all’Ue legiferare in materia di concorrenza e privatizzazioni, a differenza di quanto ci ripetono da anni i governi italiani che si sono succeduti dal 2011 ad oggi. Intanto però nel Ttip si parla anche delle risorse idriche…”. Insomma il classico gioco delle tre carte.
La Rete europea non ha intenzione di demordere: “Faremo pressione sul parlamento che si è insediato l’anno scorso – annuncia il portavoce dei movimenti italiani per l’acqua pubblica - perché ci dia risposte”. Nel mentre però le ultime iniziative del governo Renzi vanno in direzione opposta al risultato referendario, che aveva sancito la volontà di portare l’acqua fuori dalle logiche del mercato e del profitto. Palazzo Chigi sta utilizzando tutta una serie di strumenti per favorire processi di fusione e aggregazione tra le aziende che gestiscono i servizi pubblici locali, tra cui anche l’acqua. L’obiettivo, va da sé, è quello di consegnarli ai privati. Ma senza mai dirlo apertamente.
Il primo passo è stata la spending review, che punta al taglio delle società partecipate dagli enti locali. In parallelo è arrivato lo “Sblocca Italia”, con gli articoli dedicati al servizio idrico che prevedono la creazione di un gestore unico regionale, con ambiti territoriali che devono corrispondere alle province o città metropolitane. Il meccanismo è tagliato su misura per le grandi multiutilities dei servizi come Acea, Hera, Iren e A2A, già pronte a fare un sol boccone delle società partecipate più piccole, e spesso ancora pubbliche.
“Il governo Renzi – tira le somme Corrado Oddi - punta a creare un oligopolio: Iren in Piemonte, in Liguria e nell’area nord dell’Emilia. Poi A2A in Lombardia. Ad Hera deve spettare il resto dell’Emilia Romagna, con in più Padova e Trieste. Infine c’è Acea, che già monopolizza il centro Italia con il Lazio, la Toscana e parte della Campania”. A riprova, nonostante il referendum che aveva cancellato il decreto Ronchi, le amministrazioni comunali stanno già progettando di far scendere le loro quote nelle attuali società miste di gestione: “A Bologna la giunta Merola intende scendere in Hera dal 51 al 35. Quanto alle fusioni, la Cassa depositi e prestiti ha già pronti 500 milioni per finanziarle.
Mentre il governo lavora alle leggi per strangolare progressivamente le aziende rimaste pubbliche o che vogliono tornare ad esserlo – ad esempio il consiglio comunale di Napoli ha approvato una delibera della giunta De Magistris che assegna la gestione dell’acqua all’azienda speciale pubblica Abc, per cercare di bloccare l’operazione di occupazione da parte di Acea - l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema chiude la tenaglia.
Sotto forma di un nuovo metodo tariffario che, di fatto, consente ai gestori di aumentare i guadagni, facendo salire i costi per gli utenti. Solo nel 2013 le tariffe del servizio idrico integrato sono cresciute in media del 7,4%. Negli ultimi dieci anni addirittura dell’85%.

Toscana, portinerie: la lotta porta consiglio - di Frida Nacinovich

Lavorare in appalto, anche per gli enti pubblici, significa saper fare di tutto: dalla portineria al centralino, dalle pulizie all’autista. Con orari oltremodo flessibili. L’immagine che viene in mente è quella del giunco che si piega al vento: quando arriva la chiamata alla ditta appaltatrice, i lavoratori devono essere pronti a entrare in azione. “Prendiamo ad esempio le sedute del consiglio regionale - osserva Annarosa Picchioni - possono ‘allungarsi’ fino a notte inoltrata, ben oltre la mezzanotte. E per il buon funzionamento dell’assemblea deve essere garantita tutta una serie di servizi: centralino, portineria, autisti”. Picchioni sa di che parla, iscritta alla Filcams-Cgil, fa parte della combattiva rappresentanza sindacale della portineria regionale Toscana, passata alla cronaca - non solo cittadina - per la lotta in difesa del posto di lavoro. Quando il loro committente, l’ente Regione, cambiò i termini, le regole, per la nuova gara d’appalto. “Una gara al massimo ribasso, senza garantire neppure i minimi di categoria”. Nodo del contendere, quasi inutile dirlo, il tipo di trattamento, che varia di gran lunga nella retribuzione oraria dei lavoratori a seconda che il contratto di riferimento applicato sia quello del terziario, del “multiservizi”, come ritengono adeguato lavoratori e sindacati, oppure sia quello applicato dai “proprietari dei fabbricati”, vale a dire quello che riguarda i portieri presso stabili “privati”. Dopo uno sciopero ad oltranza e vari sit-in davanti alle sedi regionali, il Consiglio regionale prese posizione, approvando all’unanimità una mozione grazie alla quale i lavoratori in appalto ottennero in cambio di un ulteriore aumento di mansioni, un lieve aumento retributivo.
La domanda più complicata da fare a Picchioni è quella in apparenza più semplice. Cosa fanno nel loro turno di lavoro i sessantacinque dipendenti in appalto della Regione Toscana? “Dal semplice portierato a una sorta di security generale nel palazzo. Smistiamo la posta, facciamo i centralinisti, gli autisti. Siamo anche facchini e vivandieri, guardiani e guide del Museo. Rispondiamo alle chiamate di cittadini che vogliono parlare con il Corecom, o con il difensore civico. So bene quanto sia importante offrire questo servizio, è la mia mansione, ci vuole competenza ma anche sensibilità: spesso arrivano telefonate molto delicate al numero verde del difensore civico. Ah, facciamo anche il centralino della protezione civile regionale”. Quella che viene impegnata quando succedono disastri, anche gravi, che finiscono sulle prime pagine dei giornali. E da poco i lavoratori in appalto si occupano anche del nuovo numero verde della sanità, riservato ai cittadini che non riescono a ottenere risposta in tempi accettabili alle loro richieste per una prestazione specialistica.
Sessantacinque dipendenti più qualche lavoratore a “chiamata”. Picchioni si chiede: “Un ristoratore può aver bisogno di qualche addetto in più a Pasqua e Natale, per il cenone di capodanno. Nel nostro campo perché non viene espressa questa esigenza? Perché avvalersi di lavoratori ancor più flessibili, ancor più ricattabili?”. Altra domanda complicata: qual è il vostro orario di lavoro? “Tutti quelli possibili, compresi i turni notturni e gli orari spezzati. Comprese le domeniche e i festivi. Dipende dalle esigenze dei committenti”.
Nell’epoca in cui la qualità del lavoro è peggiorata ovunque, gli addetti in appalto non sono la rondine che fa primavera. “Ancora aspettiamo i nostri contratti. Grazie alle lotte che abbiamo fatto le condizioni sono migliori rispetto a quelle cui ci avevano relegato, ma abbiamo comunque perso salario”. “Fra le ulteriori mansioni che ci hanno attribuito - ricorda Picchioni - ci sono il controllo dei presidi antincendio e dei dispositivi antifumo, anche quello di custodi del museo”. Insomma, sono poco più di una cinquantina e si occupano davvero di tutto, retribuiti molto meno dei loro colleghi ‘strutturati’. “Non esistono pause, per uno stipendio di poco superiore ai 5 euro orari. Ce lo avevano addirittura abbassato a 4,08!!! Per questo abbiamo aperto la vertenza, durata sei mesi durante i quali abbiamo guadagnato quella cifra. Si può solo immaginare come se la siano passata male i/le le colleghi/e con un mutuo in famiglia, oppure con figli piccoli all’asilo nido”.
Con la precarizzazione del lavoro, il loro comparto è sempre più vasto. Quale è il livello di consapevolezza sindacale fra i lavoratori delle portinerie della Regione? “Più tessere che attivisti, anche perché siamo ricattabili. Se ad esempio qualcuno di noi sta sulle scatole al committente può essere destinato a lavorare in posti lontani, o con orari impossibili o senza pause e riposi”.
Picchioni sottolinea la particolarità di un lavoro a diretto contatto con le istituzioni politiche. “Vediamo tutti i giorni i consiglieri regionali e gli assessori, lavoriamo al loro fianco, ma a volte abbiamo l’impressione di essere “invisibili”. Non così, però, per alcuni, come il consigliere Romanelli, la cui mozione, la 990, votata pochi giorni fa all’unanimità, impegna la giunta a ripensare il sistema degli appalti, fino ad una eventuale reinternalizzazione delle mansioni. Sicuramente l’ente Regione risparmierebbe sull’Iva dei contratti d’appalto”. I rapporti con l’azienda sono difficili, i tavoli di incontro rari. “Dovremmo essere in sciopero spesso e volentieri - dice con amara consapevolezza Annarosa Picchioni - ma sarebbe complicato - aggiunge subito - guadagniamo meno di 1’000 euro al mese per quaranta ore settimanali”. Storie ordinarie di lavoro in appalto.
[Questo articolo è stato pubblicato in una versione ridotta nel numero 0 di “sinistra sindacale”, il nuovo periodico confederale di Lavoro Società]

proletari in divisa quaranta anni dopo - di Pericle Frosetti

E' uscito da un paio di mesi un romanzo di esordio di un giornalista anconetano, Sergio Sinigaglia, che ha avuto occasione di collaborare anche con “Reds”. Da sempre attivo nei movimenti e nell’associazionismo politico-culturale, dopo una esperienza di due anni nella redazione di “Lotta Continua” a partire dal 1995 ha collaborato con il mensile “Una Città”, il quotidiano “il Centro”, “Carta Cantieri Sociali” e “il manifesto”). Ha pubblicato: Di lunga durata (affinità elettive 2002), Fuori Linea (affinità elettive 2005), La piuma e la montagna (manifesto libri 2008, con Francesco Barilli), Altre Marche (affinità elettive 2010).
Una vecchia casa di campagna, un gatto sornione e schivo, una soffitta, una cassapanca con tanti oggetti di un tempo ormai andato, un ragazzino curioso… Ne Il diario ritrovato, Paolo, adolescente molto sveglio, durante una breve vacanza nell’abitazione rurale di famiglia, ritrova per caso un vecchio quaderno. Scopre essere il diario di uno zio mai conosciuto, scritto nel 1975 durante il servizio militare. Il romanzo è la storia del processo di educazione civile e sentimentale (sentimentale nel senso lato degli affetti) di un ragazzo di oggi in un contesto familiare borghese e si presume di una certa agiatezza. Il ragazzo ha un conflitto irrisolto con il padre che si intuisce vivere con disagio il presente e con una certa irrequietezza il proprio passato e con la presenza di una madre-padrona che domina la famiglia senza essere amata. Figura abbastanza anomala in un romanzo scritto da un ragazzo del ’77 che rivela, lui, di avere un qualche problema irrisolto dopo circa 20 anni con le dinamiche femministe degli anni settanta…
Giocando su una sequenza temporale che rimbalza tra gli anni Settanta e i nostri giorni, l’autore ci propone un romanzo dove le ragioni di chi allora voleva cambiare il mondo, il conflitto generazionale, la meschinità dei tempi attuali, si intrecciano.
Quello che emerge così è uno spaccato delle idee, dei sentimenti, della pratica militante della sinistra degli anni settanta vista attraverso una esperienza credo fino ad oggi mai raccontata in un romanzo, che è quella della nascita e dello sviluppo del movimento dei soldati di leva nelle caserme di cui vengono raccontati con realistica efficacia – anche grazie alla biografia personale dell’autore – condizioni di vita quotidiana, difficoltà di rapporti in un corpo chiuso militarizzato, la scoperta e l’affermazione di una voglia insopprimibile di libertà e partecipazione, anche là dove dovevano regnare ordine e disciplina assoluti, il coraggio della ribellione e la precoce saggezza di chi si muove rischiando il carcere militare con il coraggio e la levità di chi comunque non ha paura di nulla.
La lettura farà tornare indietro nel tempo i sessantenni che in quelle caserme hanno prestato servizio militare di leva e farà scoprire un mondo sconosciuto a tante donne e giovani ambosessi delle nuove generazioni.
Riporterà alla memoria in modo descrittivo ed emotivamente coinvolgente l’insieme di idee e sentimenti di una generazione che pensava di dare l’assalto al cielo. Anche per questo lo consiglio vivamente.

Sergio Sinigaglia, Il diario ritrovato,
Italic Pequod editore, pp. 180, € 16

Bentornato contratto! - di Andrea Montagni

Lunedì 30 marzo è stata siglata unitariamente l’ipotesi di accordo per il contratto nazionale terziario, distribuzione e servizi (Confcommercio). L’ipotesi di accordo siglata sarà sottoposta all’assemblea unitaria delle strutture e dei delegati in programma a Roma per il 14 aprile prossimo e poi alla consultazione delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
La firma giunge dopo che Confcommercio aveva ripreso le trattative che aveva abbandonato a giugno perché il sindacato si era reso indisponibile a rimettere in discussione la potestà contrattuale delle RSA/RSU nella gestione delle politiche degli orari aziendali.
La pretesa di Confcommercio partiva da una situazione compromessa, ma non rovinata dall’accordo separato del 2011. L’ipotesi di accordo ripristina in linea generale le condizioni previste dal contratto del 2008. L’ultimo siglato unitariamente.
L’intesa contrattuale che riguarda 3 milioni di lavoratrici e lavoratori del terziario, commercio, distribuzione e servizi, ovviamente non è fatta solo di questo, a partire dall’aumento salariale di 85,00 euro al IV livello da riparametrare per gli altri livelli e da erogare in 5 tranche.
In questi giorni che ci separano dall’assemblea nazionale dei delegati e dalla consultazione ci sarà il tempo di approfondire tutti gli aspetti positivi e negativi dell’intesa.
Per ora restano questi fatti.
La struttura portante della democrazia sindacale in azienda mantiene le sue prerogative;
il contratto nazionale resta l’autorità salariale e normativa per i lavoratori del commercio nelle aziende che afferiscono a Confcommercio e riconferma il secondo livello di contrattazione;
si è superato il vulnus del contratto separato;
si è creato un precedente positivo rispetto agli altri tavoli del commercio (federdistribuzione, confesercenti e cooperazione).