Facendo ricorso principalmente al fascicolo del Casellario politico centrale (Cpc) diamo un breve profilo biografico di uno dei massimi dirigenti della Filam (Federazione italiana lavoratori albergo e mensa) delle origini. Il Nicola, questo era il suo cognome, nacque a Caravaggio (Bg) il 1° agosto 1890 da Giacomo e Costanza Maggioni. La famiglia è molto povera e quindi il ragazzo viene presto avviato al lavoro. Lo troviamo a 11 anni come garzone in un albergo di Melzo. Si iscrive, e presta una intensa attività, alla lega dei Lavoratori di Albergo e mensa di Milano tanto da essere eletto nel 1913 membro della Commissione Esecutiva (Ce) della Camera del lavoro, carica che mantenne fino al 1916 quando è chiamato alle armi. Anche se fervente socialista, durante la guerra si comporta eroicamente tanto da essere decorato 2 volte, viene anche ferito alla gamba. Congedato nel 1919, è rieletto nella Ce della Camera del lavoro di Milano. Nel 1920 organizza e dirige il più lungo sciopero dei lavoratori della Filam milanese durato ben 53 giorni. Nel febbraio 1921 viene eletto segretario della Filam, carica che ricopre fino allo scioglimento. Come rappresentante della Camera del lavoro di Milano fa parte del Comitato segreto che organizza lo sciopero generale dell’agosto del 1922. Lo sciopero legalitario indetto il 31 luglio 1922 dall’Alleanza del Lavoro, sigla in cui si riuniscono i sindacati di sinistra, è uno sciopero generale a tempo indeterminato di opposizione al fascismo. I fascisti lanciano un ultimatum al Governo dandogli “48 ore di tempo perché dia prova della sua autorità nei confronti di tutti i suoi dipendenti”.
Alla scadenza dell’ultimatum, i fascisti reagiscono con inaudita violenza contro gli scioperanti per far fallire lo sciopero. In tutt’Italia le squadre d’azione fasciste (in combutta con le camicie azzurre dei nazionalisti) occupano i municipi dei comuni retti dai socialisti. A Milano, dopo violenti scontri vi è la presa di Palazzo Marino e Gabriele D’Annunzio arringa gli assalitori da uno dei balconi. Grazie all’appoggio dell’opinione pubblica moderata e la “benevola indifferenza” del governo, le squadre fasciste possono far uso di tutta la forza contro le organizzazioni “rosse”. Vengono completamente distrutte e date alle fiamme decine di Camere del lavoro, sedi socialiste e comuniste, cooperative ecc. Lo sciopero fallisce definitivamente dopo due giorni: solo a Parma e a Bari le formazioni di difesa proletaria (socialisti, comunisti, anarchici) riescono a respingere i fascisti. Mussolini si attribuisce il merito di aver stroncato lo sciopero legalitario, tappa e prova generale della “marcia su Roma” del 28 ottobre successivo. Dopo il fallimento dello sciopero il Nicola dalle pagine de “Il lavoratore d’albergo e mensa” si scaglia contro i dirigenti riformisti della CGdL ritenuti corresponsabili del fallimento dello sciopero. Con la rottura del patto di alleanza tra la CGdL e il Psi e la scissione socialista dell’ottobre del 1922 Nicola entra a far parte del Comitato sindacale nazionalista socialista fino alla sconfitta della componente terzinternazionalista (congresso Psi dell’aprile 1923). Fuoriesce dal partito socialista e si appresta allora a far rinascere la Filam, sciolta per le violenze fasciste alla fine del 1922. Ma di questo parleremo nel prossimo numero.
Dopo che, il 2 maggio, la Fiat Ricambi ha comunicato la disdetta unilaterale del contratto con la Unilogistic, è iniziata una durissima vertenza. La data del 6 maggio verrà a lungo ricordata, sia dai lavoratori sia dalla proprietà. Tanti dipendenti hanno infatti raccolto l’appello lanciato dalla Filcams di fronte ad una situazione critica: Fiat aveva infatti dichiarato di non volere parlare con le lavoratrici e i lavoratori di Unilogistic. Si è deciso di organizzare subito un’assemblea, considerando che i lavoratori arrivavano da tre giorni di presidio in seguito alla serrata del venerdì precedente. Molti di loro sono alla prima esperienza di lavoro, non hanno mai subito il sopruso di vedersi negato il lavoro. Sono stanchi, delusi, ma anche arrabbiati. Eppure compatti, e hanno deciso di entrare ugualmente in fabbrica! Alcuni sindacalisti della Filcams si sono uniti a loro, per non lasciarli soli, perché è la Cgil che non vuole lasciarli soli.
La maggioranza dei lavoratori ha superato senza problemi il cancello, poi però i “guardioni” hanno reagito, riuscendo a bloccare qualcuno.
Dopo un po’ sono arrivati i carabinieri, che hanno identificato i presenti, e mi sono così reso conto di essere rimasto fuori con ragazzi molto giovani: le loro preoccupazioni quasi mi hanno intenerito e mi ha commosso la loro volontà di voler rimanere lì, comunque.
In un momento in cui la situazione sociale è pesantissima, con la gente che ha perso il lavoro che arriva alla follia di spararsi o di sparare, il comportamento di Fiat e di Unilogistic sembra gettare ulteriore benzina su una situazione già fin troppo infiammata.
Nel frattempo le cose sono cambiate rapidamente: sono arrivati altri carabinieri, anche il reparto “antisommossa”, evidentemente dai piani alti della Fiat stavano reagendo. Ma sono accorsi sul posto anche tanti altri colleghi dei lavoratori Unilogistic, altri compagni e funzionari della Cgil. E i giornali, le televisioni, anche esponenti di altre sigle sindacali.
Le notizie che arrivavano da dentro, intanto, erano contraddittorie: “Stanno contrattando”, “No, vogliono sgomberare”... Da fuori eravamo però sicuri di un fatto: la loro azione era di autodifesa, stavano occupando una proprietà privata perché veniva loro impedito di fatto di poter esercitare un loro diritto: il diritto al lavoro, al salario, alla dignità.
Sono arrivati poi anche i sindaci di Piossasco, Orbassano e Rivalta, che sono i Comuni dove risiedono i lavoratori coinvolti: hanno offerto la loro mediazione e chiesto di poter entrare a parlamentare con i lavoratori e con le forze dell’ordine.
Intorno alle 14 i lavoratori hanno deciso di uscire dalla fabbrica, anche per alleviare la tensione verso i carabinieri, li ho visti sfilare davanti a me, stanchi ma non delusi. Li ho visti fieri, in molti poi mi hanno detto: “E’ la prima volta in vita mia che faccio una cosa del genere, ma so di avere fatto bene”.
Si sono raggiunti dei risultati: intanto un primo incontro tra alcune delle parti, cui ha fatto seguito un incontro alla presenza dei sindaci. I lavoratori hanno deciso di mantenere comunque il presidio, per testimoniare con la propria presenza fisica il torto subito. Provano amarezza di fronte all’ostinazione di Fiat nel non volere parlare con loro, con la Cgil. Un rifiuto dettato dal non riconoscere alla Fiom il ruolo in rappresentanza di migliaia di impiegati nel settore metalmeccanico. Senza contare che, senza nulla togliere ai compagni metalmeccanici, i lavoratori sono rappresentati dalla Filcams e dalle altre sigle che si occupano dei settori in appalto.
A conti fatti, una buona giornata di lotta!
La vertenza
Il 2 maggio 2013 la Fiat Ricambi ha comunicato la disdetta unilaterale del contratto con la Unilogistic, azienda con sede a Monza che ha in appalto il servizio per la gestione della logistica presso lo stabilimento di Rivalta (To).
I lavoratori sono in forza a Mirafiori, ma in accordo con il piano di trasferimento del settore logistico svolgono il loro compito a Rivalta, per l’impacchettamento e la spedizione dei ricambi, e in minor numero a Volvera (To). Le ragioni che hanno indotto Fiat a tale scelta sarebbero gravi inadempienze contrattuali legate al mancato versamento dei contributi; fatto vero solo in parte, in quanto risulterebbe, secondo le organizzazioni sindacali, soltanto un piccolo ritardo.
Il giorno 3 maggio la Fiat ha impedito ai 60 lavoratori l’ingresso nello stabilimento ed è stato loro ritirato il tesserino di riconoscimento.
I 60 dipendenti di Unilogistic hanno iniziato il presidio permanente lo stesso giorno. Il 6 maggio è partita la prima iniziativa dimostrativa con l’occupazione di un’area dello stabilimento di Rivalta; seguita poi da diverse presenze di delegazioni dei lavoratori Unilogistic a manifestazioni sindacali e politiche.
Il giorno 8 maggio una delegazione di lavoratori e sindacalisti è stata ricevuta in Consiglio Regionale.
Attualmente Unilogistic ha inviato alla Regione Piemonte la richiesta di cassintegrazione in deroga, ma non avrebbe ancora versato lo stipendio di aprile. Il contratto prevalente è il multiservizi, l’età media dei lavoratori è di 40 anni.