Persino nel Gran Consiglio della Repubblica di Venezia ci furono dodici coraggiosi che votarono contro l’invasione napoleonica. Nel Pd a votare contro l’imperatore delle larghe intese Giorgio Napolitano ce n’è stato solo uno, un paio contro il proconsole Enrico Letta. Questa è l’Italia, soprattutto questi sono i democrat. Divisi ma uniti da un comune senso di responsabilità nei confronti dei poteri forti. L’Europa chiedeva un Napolitano bis al Quirinale, anche mr president Obama ne è stato contento, borse e mercati si sono impennati. Governo di cambiamento? La maggioranza – che non è più strana, ma certificata da accordi politici sottoscritti davanti al capo dello Stato – promette che non seguirà la via tracciata dal governo Monti. Ma i protagonisti sono gli stessi - Pd, Pdl e Scelta civica – e il copione non prevede colpi di scena.
La parola magica è “compatibilità”. L’Europa la esige, guai a chi sogna di percorrere strade diverse. Effetto collaterale del binario unico percorso dalla sbuffante e vecchiotta locomotiva Italia, la permanenza di Silvio Berlusconi nel cuore della politica e delle istituzioni nazionali. Il Cavaliere trionfa, porta a casa ministeri pesanti e vuole presiedere la convenzione per le riforme costituzionali per accoltellare la Carta fondamentale della Repubblica. Anche i leader continentali che l’hanno giudicato apertamente “impresentabile”, sanno in cuor loro che una delle nazioni cardine dell’Unione è co-governata dall’uomo che li ha sbeffeggiati a più riprese. Dal “kapò” indirizzato a Martin Schultz, all’offesa altrettanto pesante diretta ad Angela Merkel. Ma Berlusconi resta loro alleato quando si tratta di mettere all’indice la sinistra spendacciona del welfare.
Le elezioni italiane dovevano essere di svolta, per un’Europa diversa possibile. L’unica svolta che c’è stata è quella cui sono stati costretti gli elettori del Pd, che dopo una campagna elettorale basata sul “no” al populismo di Berlusconi e Lega – anche a costo di digerire i montiani – si trovano a braccetto con Berlusconi e Lega.
Per il Quirinale e per i poteri forti Enrico Letta, perfetto democristiano del XXI secolo, è assai più affidabile del rottamatore populista Matteo Renzi. Letta jr è primo ministro, il sindaco di Firenze resta comunque fra gli attori principali della nuova fase politica. Scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa: “bisogna cambiare tutto perché non cambi niente”. L’Italia è il Paese dei gattopardi e di Comunione e Liberazione, che anche questa volta è riuscita a piazzare i suoi uomini in dicasteri cardine dell’esecutivo. Perché i soldi pubblici che sono rimasti, si sa, devono girare.
Maggio. Buon compleanno Reds, neonato dell’editoria sindacale che ha così tante cose da raccontare. Si cominciò un anno fa partendo dalla festa dei lavoratori - sempre più vilipesi, più difficili da rappresentare a fronte degli ‘spezzatini’ contrattuali.
La Filcams è mal-accomodata in un’esistenza di frontiera, dovendo difendere entrambe le trincee: quella del Primo Maggio dalla liberalizzazione degli orari (allargata persino alla grande distribuzione ‘grazie’ all’articolo 31 del decreto ‘Salva Italia’ varato da Monti) e quella dei diritti contrattuali (a causa della deregulation imposta spesso ai lavoratori del settore). Perciò occorreva un giornale in grado di rappresentare le istanze dell’area di ‘Lavoro Società’ in categoria ma anche capace, dall’altro, di offrire occasioni di approfondimento giornalistico, qualificato, non semplicemente propagandistico.
Un anno dopo la nascita, il Primo Maggio ha accompagnato tristemente l’ennesimo, triste passaggio della vita politica repubblicana: al varo del governissimo guidato da Enrico Letta ha fatto seguito l’elezione dei responsabili delle commissioni parlamentari permanenti, tra cui quella che si occuperà di Lavoro. E ci siamo chiesti come potranno cimentarsi nell’elaborazione comune di leggi avanzate (o quantomeno difensive) Cesare Damiano del Pd (alla Camera) e Maurizio Sacconi (al Senato). La domanda non è retorica né peregrina, nasce bensì da una banale constatazione: il chiacchiericcio dei ‘pro’ e dei ‘contro’ – come se l’arena politica fosse il catino della curva nord contrapposta alla sud – prima o poi cede il passo ai problemi reali: si misureranno nel concreto i discorsi di insediamento del premier.
Se il Parlamento risulterà ingessato o, peggio, se opererà contro gli interessi del mondo del lavoro, noi di Reds torneremo qui a denunciarlo. Continuando ad occuparci, nel frattempo, delle speranze e dei diritti di chi si alza all’alba o di notte per correre ad aprire la cassa al supermercato o per rassettare un ufficio.