L'antifascismo del lavoro - di Maurizio Brotini

Dopo il 25 aprile, guardando al futuro

Premessa. Una cosa ognuno di noi può fare. L’ANPI non finirà con la morte fisica degli ultimi Partigiani, scegliamo tutti di essere i Partigiani di domani. Iscriviamoci all’ANPI!

Le bandiere della Cgil hanno animato le manifestazioni del 25 aprile. E’ un bene, nella stagione del Governo della Lega e della sua presa sugli strati popolari e tra i lavoratori, nelle periferie del neoliberismo e tra gli sconfitti della globalizzazione. La Lega ha assunto una posizione ideologica segnata da elementi razzisti e razziali, proponendo il migrante islamico come capro espiatorio da indicare ai penultimi a fronte del loro oggettivo immiserimento, materiale e morale. Le élites economiche e finanziarie europee e la classe politica che a loro fa riferimento sono tutt’altro che un argine contro le nuove destre, ne sono anzi il motore. L’ascesa del postfascismo è in larga misura il prodotto di più dieci anni di austerità condotta indifferentemente da governi di destra e sinistra subalterna al neoliberismo.

Il 25 Aprile del 1945 l’Italia riacquistò libertà e dignità. Le riconquistò grazie a quanti affrontarono la battaglia per la libertà e la dignità pagando col confino, il carcere, le torture, l’esilio, la morte. Anarchici, socialisti, comunisti, azionisti, cattolici democratici, mossi da una idea di società diversa, che non potevano tollerare l’arbitrio del più forte sul più debole, il dominio degli agrari e dei padroni, i miti della razza, la mancanza di parola e di libertà. Furono lavoratori e lavoratrici, militanti sindacali. Gli squadristi intimidirono, picchiarono, uccisero, ma non riuscirono a piegare mai la mano ribelle del lavoro, la forza del movimento operaio. E furono operai e contadini quasi analfabeti che nelle carceri fasciste ed al confino trovarono volenterosi insegnanti e studiarono, lessero, si fecero una idea del mondo libera ed autonoma. E quando se ne presentò l’occasione, organizzarono la lotta di resistenza armata per liberare il paese dall’occupatore tedesco e sconfiggere il fascismo. Oggi più di ieri è necessario ricordarlo,oggi che stanno morendo gli ultimi e le ultime protagoniste di quella epopea civile.

Abbiamo il dovere di ricordare. Difendendo la Costituzione da loro voluta per impedire che il fascismo ritornasse, perché il lavoro ed i lavoratori e le lavoratrici fossero protagonisti dalla vita politica, affinché la guerra fosse ripudiata: il diritto al lavoro come fonte di libertà ed emancipazione, la partecipazione democratica, la rimozione da parte dello Stato delle differenze sociale che impediscono il pieno dispiegarsi della libertà umana, i vincoli e le limitazioni sociali imposte alla proprietà privata ed alla libertà d’impresa.

Chi nega il lavoro, la dignità delle persone, il diritto ad una vita dignitosa, ad una uguaglianza sostanziale è nemico della Costituzione e della Repubblica.

Questo Primo Maggio - di Giacinto Botti

Il significato del Primo Maggio, festa internazionale del lavoro, è scritto nella storia del movimento operaio. Vietata dal regime fascista, ripristinata con l’avvento della Repubblica grazie alla lotta di Liberazione e agli scioperi del ’43, pagati con la deportazione di migliaia di lavoratori nei campi di concentramento, oggi è più che mai attuale nei suoi simboli e nel valore solidale.

Questo Primo Maggio dovrà cogliere la spinta di tanti giovani a battersi per il futuro del pianeta, consapevoli di essere a un bivio tra autodistruzione e impegno per fermare l’inquinamento, l’avvelenamento della terra, il surriscaldamento del clima. Battersi per la riconversione produttiva e per un modello di sviluppo sostenibile. Difendere il pianeta insieme al diritto al lavoro di qualità e con diritti, per la salute e la prevenzione contro le troppe morti sul lavoro, per un futuro migliore.

Un Primo Maggio per ricordare al tempo stesso il ruolo della classe lavoratrice nella conquista della pace, della democrazia, della giustizia, dei diritti sociali e politici sanciti dalla Costituzione, in un’Italia e un’Europa che vedono avanzare la destra nazionalista, razzista e fascista.

La pace assume un valore dirimente in questa fase, nella quale è reale il rischio di un’escalation incontrollata del conflitto in Libia, con la corresponsabilità di tanti governi e l’inaccettabile inconsistenza di ruolo di mediazione politico-diplomatica dell’Europa e dell’Italia. Ecco perché va riaffermato l’impegno di sempre del movimento dei lavoratori nella lotta per la pace e per il disarmo.

La Cgil, come sempre, è in campo con le sue bandiere, la sua identità sociale e generale, il suo progetto per il futuro del paese.

La FILCAMS e la CGIL dopo il Congresso - Andrea Montagni

Una sinistra sindacale che vuole guardare oltre, verso la CGIL del futuro, senza recinti navigando in mare aperto, ma senza smarrire la propria natura collettiva

Per lunghi anni, Lavoro Società ha rappresentato nella maggioranza congressuale della CGIL e della FILCAMS un punto di vista critico ma unitario. Dopo esser stati una leva potente per il rinnovamento negli anni che vanno dalla costituzione di Democrazia consiliare (1984) all’ultimo congresso su documenti contrapposti (2002) siamo diventati un pungolo e qualche volta un “guardiano” della linea acquisita con il congresso del 2006 contro il rischio sempre presente di una deriva opportunista.

All’ultimo congresso, sia nella fase preparatoria che nel vivo del percorso congressuale, siamo stati protagonisti, pur nel limite delle nostre forze, della battaglia per affermare le scelte della CGIL per l’autonomia, l’autoriforma e la continuazione della battaglia intrapresa con la Carta dei diritti e a sostegno della candidatura di Maurizio Landini a segretario della CGIL.

In FILCAMS-CGIL abbiamo sostenuto lealmente e contribuito fattivamente, dai congressi di base al congresso nazionale, alla determinazione con la quale la delegazione della categoria ha sostenuto la linea in sede di congresso confederale nazionale. Con i delegati eletti nei livelli confederali territoriali abbiamo contributo a rafforzare la delegazione in congresso nazionale a Bari. Positiva anche la presenza, nella delegazione FILCAMS degli organismi nazionali confederali, delle compagne e dei compagni di Lavoro Società.

La FILCAMS-CGIL può dare un importante contributo alla autoriforma della CGIL che ha nella contrattazione inclusiva, nel decentramento territoriale, per restituire alle Camere del Lavoro il ruolo di case dei lavoratori dispersi sul territorio, e nella partecipazione democratica il proprio cuore. Siamo una categoria che ha la confederalità nel sangue. Questo sarà l’impegno dei prossimi 4 anni a partire da ora.

A conclusione del percorso congressuale l’Assemblea generale ha eletto la nuova segretaria, accogliendo la proposta della Segretaria generale. Nella nuova segreteria si conferma la segreteria uscente, si valorizzano le competenze interne, sia dei territori, sia dell’apparato nazionale e si riapre – dopo anni di chiusura – una contaminazione con altre esperienze confederali, anche perché la categoria ha visto nei 4 anni precedenti il XV congresso un ricambio diffuso, essendo diventata un importante bacino per il ricambio dei gruppi dirigenti confederali. La segreteria riflette l’orientamento politico-sindacale del congresso. L’individuazione dei candidati è stata una scelta della Segretaria generale che si è assunta la responsabilità della proposta. Noi condividiamo i criteri generali della scelta ed abbiamo espresso voto favorevole. Ai nuovi ingressi, Alessio Di Labio, Cinzia Bernardini, Gianfranco Fattorini e ai confermati, i migliori auguri di buon lavoro.

Resta il fatto che la segreteria, per il terzo congresso consecutivo, non riflette il pluralismo della categoria. E’ unitaria ma non è plurale: dalla uscita di Maurizio Scarpa dalla segreteria per fine mandato e la sua mancata sostituzione, nonostante il peso rilevante di Lavoro Società e della sinistra sindacale nel suo complesso in categoria, la presenza si è ridotta ad un solo compagno nell’apparato nazionale, entrato due anni dopo la sua uscita.

Nel congresso confederale abbiamo detto – ed è nostra intenzione essere coerenti con questo impegno – che il percorso collettivo che pure è indispensabile per garantire nella CGIL la presenza di una cultura sindacale che riconosce l’antagonismo di classe e il conflitto sociale come motori di qualsiasi lotta per l’emancipazione dei lavoratori e che vede ineludibile il nesso tra lotta e organizzazione sindacale e lotta politica per la trasformazione sociale non comporta necessariamente il mantenimento delle aree organizzate e non vorremmo che questa scelta fosse condizionata da una necessità di “autotutela”.

Abbiamo anche detto che noi vogliamo guardare oltre Lavoro Società e partecipare ad un processo che veda una sinistra sindacale larga a sostegno della linea del congresso e del Segretario generale per quello che oggi rappresenta per milioni di lavoratori, di precari, di giovani e anziani.

Quel che vogliamo è riprendere un confronto che ci consenta di portare a partire dalla nostra impostazione teorica, dalla nostra visione programmatica, un contributo che continui a far vivere in CGIL e in FILCAMS una opzione democratica conflittuale e di classe, traducendola sul piano del programma d’azione rivendicativo anche categoriale.

In FILCAMS-CGIL lo faremo portando un contributo puntuale e di merito, praticando l’unità a partire dal terreno contrattuale che si presenta come il più accidentato e difficile della storia della categoria. (oltre 10 contratti ancora da rinnovare con crescenti difficoltà e scelte difficili da fare ai tavoli contrattuali).

Sovracup Torino: una storia di ordinaria esternalizzazione - di Luigi Romeo

La dura battaglia dei delegati sindacali per ottenere il rispetto dei loro diritti, pregressi e futuri

“Pronto buongiorno, sono Luigi, come posso aiutarla?”. Questo è lo script che dal 2006 io e i miei colleghi utilizziamo, con esperienza e professionalità, in risposta ad ogni telefonata ricevuta per la prenotazione di esami e visite specialistiche per la Regione Piemonte.

In questi quindici anni abbiamo cambiato cinque datori di lavoro. Inizialmente eravamo assunti tramite agenzie interinali che, pur con i limiti intrinseci contenuti nei relativi contratti di somministrazione, ci garantivano a parità di mansioni lo stesso CCNL che veniva applicato ai dipendenti pubblici che svolgono il nostro stesso tipo di mansioni, salvo la garanzia del posto di lavoro che deriva dall’aver vinto un concorso pubblico, o dall’esser stati assunti per chiamata diretta al collocamento, per i lavoratori di bassa qualifica. Quindi, stesso orario e stesso stipendio. Nel 2010 il servizio è stato invece esternalizzato e da quel momento è iniziato un lungo calvario. L’esternalizzazione ha significato che i nostri posti di lavoro diventavano a rischio. Potevano licenziarci “per fine missione”.

Di fronte a questa prospettiva non sono rimasto a guardare e, insieme al mio collega e compagno Alessandro Rossi, ho iniziato, con l’appoggio della categoria, a darmi da fare con tutti gli altri lavoratori per cercare di contrastare questo processo. Siamo riusciti faticosamente e al prezzo di una dura battaglia a limitare i danni: siamo ancora al lavoro e ancora rispondiamo con la stessa professionalità e competenza “Pronto buongiorno, sono Luigi, come posso aiutarla?” ma, di fatto, dopo quattro anni di esperienza, ci siamo ritrovati con un nuovo contratto: il CCNL Multiservizi, il contratto maggiormente utilizzato nei servizi esternalizzati. Ci ritroviamo quindi, d’un tratto, con uno stipendio nettamente inferiore a parità di mansioni. Per accorciare l’enorme divario salariale abbiamo rivendicato e ottenuto il consolidamento delle ore supplementari, necessario anche per l’enorme mole di lavoro. Per tornare ai salari base che percepivamo da interinali dobbiamo lavorare più ore e accettare l’aumento dell’orario di lavoro giornaliero di fatto.

Ma i problemi non finiscono qui. Dopo due anni di apparente serenità sono cominciati ad arrivare “regolarmente” in ritardo gli stipendi, con tutte le inevitabili conseguenze e difficoltà, sotto ogni aspetto sociale ed economico, che si sono abbattute sulla forza lavoro. Uno stillicidio continuo che ha tolto serenità e creato incertezza tra le lavoratrici e i lavoratori.

Gli anni sono passati e si è arrivati alla nuova gara. La stessa ATI (Associazione Temporanea d’Impresa) si è aggiudicata la gara del CUP Unico, definito dalla Regione Piemonte come il suo “fiore all’occhiello”. Per aggiudicarsi la gara, l’ATI ha inserito come “miglioria” l’estensione del servizio 7 giorni su 7. Ma non è finita. L’Azienda che gestisce il call-center, a causa di un “sopraggiunto e inaspettato” stato di crisi, ha comunicato che rinuncerà alla gestione del servizio e che procederà con l’affitto del ramo d’azienda. Tra i lavoratori la crescente preoccupazione si è accompagnata ad una certezza: l’art. 2112 del Codice civile garantisce infatti, anche in caso di affitto di ramo d’azienda, il mantenimento del posto di lavoro “senza soluzione di continuità” con il passaggio diretto.

E’ subentrato poi un ulteriore colpo di scena: dall’oggi al domani la stessa azienda ha fatto sapere che avvierà la procedura di fallimento, facendo saltare così l’affitto di ramo d’azienda. E’ stata così avviata la procedura prevista dall’art. 4 del Multiservizi che, in caso di successione di appalto, prevede, a parità di termini della gara, il mantenimento in organico di tutti i dipendenti presenti nell’appalto stesso da almeno i 4 mesi precedenti alla successione. Anche in questa occasione abbiamo chiesto e ottenuto l’anzianità di servizio che ci spetta.

Ad oggi ci ritroviamo con una vertenza sindacale in atto, attraverso la quale rivendichiamo due mensilità arretrate, ferie, permessi e Tfr maturati in 8 anni di servizio.

E’ demagogico attribuire il tutto alla politica? Assolutamente no. Il processo delle esternalizzazioni dei servizi pubblici permanenti ha causato e continua a causare un’inevitabile e ingiustificata classificazione della forza lavoro, a causa della quale lavoratrici e lavoratori si ritrovano spesso senza lavoro, reddito e dignità, motivo per cui tale fenomeno deve essere contrastato con forza e coraggio con l'arma più potente che abbiamo: la confederalità.

Una situazione complessa chiede analisi e innovazione - di Matteo Gaddi

Presentiamo la raccolta di articoli e interventi pubblicati sulla rivista “Mondo Operaio” dal dicembre 1957 al marzo 1959, con le introduzioni di Matteo Gaddi e Luigi Vinci

Il dibattito è introdotto da due corposi saggi di Matteo Gaddi e Luigi Vinci che, oltre a ragionare sui temi del testo, hanno il compito di inquadrare questo dibattito nel periodo che va dall’immediato dopoguerra agli anni settanta e di proporne una possibile attualizzazione. Il libro è dedicato alla memoria di Raniero Panzieri, Lucio Libertini e Vittorio Rieser.
Per invogliarvi alla lettura, pubblichiamo uno stralcio della introduzione di Matteo Gaddi

“I dibattito sulle Sette tesi sul controllo operaio potrebbe apparire come una mera rievocazione di una fase storica gloriosa dalla quale presero avvio le grandi lotte operaie che si sarebbero protratte fino alla fine degli anni ’70 o, peggio ancora, una sorta di archeologia del movimento operaio da ammirare, nella sua straordinarietà, in qualche museo. A sconsigliare di scomodare un tema tanto impegnativo, sia sul piano teorico, sia ancor più su quello della concreta iniziativa di classe, potrebbe essere anche l’attuale situazione del movimento dei lavoratori, piegato da anni di sconfitte, sotto schiaffo dalla più grande crisi economica e sociale dal 1929, privo di rappresentanza politica e con organizzazioni sindacali anch’esse in grande difficoltà. Un simile modo di ragionare, tuttavia, finirebbe per svalutare ed ignorare proprio gli insegnamenti che il dibattito pubblicato in questo libro dovrebbe, invece, suggerire. Seppur in una situazione profondamente diversa dagli anni in cui avvenne tale dibattito, chi scrive ritiene che proprio per le difficoltà in cui versa oggi il movimento di classe, una ripresa dei temi propri del controllo operaio potrebbe costituire un valido elemento su cui ragionare per impostare una strategia di ripresa dei lavoratori.

E’ proprio la perdita da parte dei lavoratori e delle organizzazione di effettive capacità di controllo sulla condizione lavorativa, sui processi di ristrutturazione dell’impresa, sull’organizzazione del lavoro e sull’utilizzo delle nuove tecnologie che ha indubbiamente contribuito a determinare la difficile situazione in cui si trova il movimento di classe.

D’altronde, come abbiamo visto, non è che nel 1958 la situazione delle organizzazioni di classe fosse particolarmente favorevole; al contrario fu proprio per contrastare quelle condizioni che le Sette Tesi (e più in generale la riflessione e l’impegno di Panzieri) tentarono di dare una scossa salutare alla ripresa dell’iniziativa classista.

Proprio le condizioni attuali del movimento dei lavoratori dovrebbero suggerire di riprendere l’impianto teorico delle Sette Tesi e tentare di aggiornarlo in un progetto per l’oggi...”