il PD tentenna sui diritti - di Riccardo Chiari

Come un pugile all’angolo, di fronte alle osservazioni – e alle critiche – di chi non dimentica i diritti inviolabili di ogni uomo e ogni donna, il Pd continua a tentennare sullo ius soli. Ma potrebbe anche cedere e far approvare nei prossimi giorni il, sacrosanto, provvedimento di legge.
Sono troppi i colpi ricevuti dal partito guidato da Matteo Renzi. Ad esempio, dopo la decisione di Giuliano Pisapia di fare un passo indietro che ha messo fine all’esperienza di Campo progressista, l’ex sindaco milanese è stato chiaro: “Per noi non era possibile avere come alleati chi contrastava l’approvazione di leggi di civiltà come biotestamento e ius soli, e ha una visione diametralmente diversa dai valori della sinistra”.

Il riferimento agli alleati di centro(destra) del Pd, ora peraltro in via di ricompattamento con una cabina di regia affidata a Pierferdinando Casini, ben più duttile ed esperto di Angelino Alfano, non esaurisce le difficoltà incontrate da Pisapia ma tocca un nervo scoperto. “Confermiamo la nostra determinazione nel portare all’esame del Senato sia il testamento biologico che lo ius soli – dichiara così Piero Fassino – provvedimenti già calendarizzati per l’aula”. Anche Marco Minniti ha assicurato: “Sullo ius soli c’é il convincimento pieno del Pd, del governo e mio personale”.

Staremo a vedere. Per certo anche il presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, nella sua lectio magistralis su “Diritti del cittadino e attualità della Costituzione”, tenuta in Consiglio regionale a Firenze per la Festa della Toscana, è stato chiaro. E convincente: “Alcuni diritti fondamentali possono essere estesi anche a un immigrato che viene fuori dall’Italia e dalla Comunità europea, perché competono ad ogni uomo. Anche l’immigrato può fruire di queste risorse, che all’inizio erano pensate soltanto per il cittadino”. Grossi, giurista fra i più autorevoli del paese, ha ricordato urbi et orbi l’articolo 2 della Costituzione, quello che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo.

Diritti che però l’Italia continua a negare. La rivista “Internazionale”, in un articolo-reportage sul tema delle migrazioni, fotografa bene la situazione: “L’Italia non ha una politica delle ‘porte aperte’. Negli ultimi anni Roma ha coordinato un importante sforzo umanitario per soccorrere i migranti che attraversano il Mediterraneo a bordo di imbarcazioni fatiscenti”. Però: “Nel 2017 il flusso di migranti si è ridotto del 30%, dopo un discusso accordo con la Libia voluto dal ministro Minniti. L’accordo prevede che la guardia costiera libica intercetti i barconi, e misure più severe contro i trafficanti nelle città costiere della Libia”.

Nel termine “discusso” entrano le tante denunce di pilatesca disumanità arrivate al governo Gentiloni. Anche da parte delle ong che, in mare, hanno salvato migliaia di migranti da morte certa e che ben conoscono, da testimonianze dirette, quale sia la terribile realtà dei campi di detenzione libici.

Una lotta per la dignità e i diritti di tutti - di Giacinto Botti

Dobbiamo ringraziare e sostenere, come fanno la Filcams e la Confederazione, Marica Ricutti, la lavoratrice licenziata dalla multinazionale Ikea e i suoi compagni di lavoro che si sono ribellati al grave sopruso di cui è stata vittima. La loro lotta ha portato alla luce l’esistenza lavorativa concreta delle persone, che in troppo luoghi di lavoro è svalorizzata e denigrata. E’ una vicenda che, oltre a dimostrare l’importanza dell’articolo 18, dice di quanto il decantato jobs act sia uno strumento di precarietà e di “tutele decrescenti”.

Come per la vicenda Amazon, tornano al centro le condizioni di lavoro, l’asservimento della produzione a logiche di consumo a basso costo che si traduce in un’organizzazione del lavoro fatta di sfruttamento intensivo, precarietà, assenza di diritti. A questo si accompagnano la crisi economica, la centralità del mercato e la ricerca assillante del profitto che ci stanno riportando indietro di cent’anni, a intollerabili forme di schiavismo che mortificano i giovani.

Delle nuove tecnologie si fa un uso distorto che non produce liberazione, qualità del lavoro, buone relazioni contrattuali, ma un “moderno”, rinnovato scontro tra capitale e lavoro che si consuma sulla pelle e la dignità delle persone che lavorano. L’algoritmo si traduce in nuove forme di sfruttamento, nel “vecchio” cottimo e in un controllo disumanizzato e senza volto.
Il lavoro e le sue condizioni sono un’emergenza sociale e politica - la Cgil lo denuncia da tempo, in solitudine - per responsabilità di una politica e di governi lontani dalla realtà del lavoro.
C’è bisogno di una lotta lunga e costante per far avanzare chi è indietro, senza voce, diritti, un futuro degno, per una reale uguaglianza di diritti e possibilità. Qui sta la ragione della nostra mobilitazione del 2 dicembre, per ribadire che è “solo l’inizio” di una complessiva e lunga “vertenza” sociale e politica.

La catena di montaggio della 4.0 factory - di Fiorenzo Molinari

Il magazzino Amazon di Castel san Giovanni e i suoi 4000 addetti, tra supersfruttamento, precarietà e voglia di lottare

A Castel San Giovanni a Piacenza sono giorni di grande fermento, si mescolano insieme emozioni e preoccupazioni per quello che sarà il futuro di una vertenza che dietro al simbolismo della riscossa delle lotte sindacali vede l’urgente necessità di dare risposte concrete alle esigenze di tanti lavoratori, spesso giovani, che chiedono di migliorare le condizioni di lavoro.
Nella sede italiana del colosso on line di Jeff Bezos lavorano in questo momento circa 4000 addetti suddivisi tra “blu badge” (1600 lavoratori circa a tempo indeterminato) e nella restante parte “green badge” (oltre duemila lavoratori somministrati) che sfornano circa 400 mila pacchi al giorno da consegnare in pochi giorni a volte in meno di 24 ore.

Tutto questo chiaramente ha un prezzo che pagano i lavoratori. Il lavoro è ripetitivo come in una catena di montaggio. Le patologie al tunnel carpale, al collo o alla schiena non si contano. Quando si tratta di stilare il foglio che registra il malessere, raccontano i delegati sindacali, i manager fanno pressione perché non si scriva che è correlato al lavoro. E proprio il tema della salute è uno dei più invocati da parte dei lavoratori.

Nell’innovativo “mobile marketing” di cui Amazon è colosso indiscusso, le problematiche tornano ad essere quelle delle fabbriche degli anni cinquanta: almeno 20 chilometri al giorno, non c’è pausa per il caffè, per andare in bagno si deve chiedere al caporeparto e la pausa pranzo è di mezz’ora ma si conta da quando si lascia il reparto e tra andare e tornare dal posto più lontano se ne vanno 8 minuti. In aggiunta a questo il lavoro è costantemente monitorato al punto tale che la maggior parte dei richiami avviene in riferimento al mancato rispetto tempi di lavoro, particolarmente intensi soprattutto nei periodi di picco.

A confermare la gravosità delle condizioni di lavoro e di ritmi insostenibili è la pratica delle incentivazioni all’esodo “The offer” come la chiama il colosso dell’e-commerce, per la quale dopo pochi anni di servizio Amazon offre 5000 euro ai lavoratori per andarsene e purtroppo aumentano i casi di lavoratori che a furia di subire vessazioni e umiliazioni a un certo punto perdono la testa e mandano tutto al diavolo. La pratica dell’esodo volontario è così tanto diffusa da determinare un tempo medio massimo di permanenza al lavoro pari a 3 anni come ha confermato in una trasmissione televisiva il direttore dello stabilimento.

Eppure qualcosa sta cambiando. La Filcams CGIL assieme agli altri sindacati di settore è entrata nello stabilimento piacentino ed ha iniziato un dialogo con la direzione aziendale per un contratto integrativo e l’azienda per la prima volta si è seduta al tavolo delle trattative. La mancanza però di risposte concrete alle legittime richieste dei lavoratori ha determinato lo sciopero del 24 novembre nella giornata del cosiddetto “Black Friday”; uno sciopero legittimo che ha determinato tra il personale a tempo indeterminato un’adesione inaspettata che ha raggiunto punte del 50% di adesioni. Un grande risultato se si pensa che si tratta del primo sciopero in Amazon e che parte di questo personale, pur essendo a tempo indeterminato, è assunto senza la tutela reale dell’art.18.

Ci aspettiamo e rivendichiamo che l’Azienda si sieda al più presto al tavolo di confronto per determinare fin da subito soluzioni che possano dare risposte alle legittime richieste dei lavoratori e delle lavoratrici su temi quali orari, salute e sicurezza e premialità. Dopo lo sciopero del novembre, sono arrivati tanti attestati di solidarietà a questi lavoratori per il coraggio e la determinazione dimostrata. Avremo bisogno che questo clima e questa vicinanza restino accesi sapendo che sarà un percorso nuovo in un settore, quello dell’e-commerce, che determina per il sindacato nuove sfide tutte da esplorare che partono da un presupposto, ovvero che il nostro obiettivo è migliorare le condizioni di lavoro tramite la contrattazione e su questo di certo non lasceremo soli i tanti giovani che ci stanno dando fiducia. Avanti!

Lo stesso articolo è stato pubblicato  in anteprima su “sinistra sindacale n. 21 del 2017 ]

Napoli: Città della Scienza, "non faremo calare il sipario" - di Frida Nacinovich

Ci sono luoghi che avrebbero bisogno di una benedizione, anche laica. Città della Scienza di Bagnoli, ad esempio. L’incendio che nel 2013 rischiò di cancellarla dalla mappa dei musei italiani è acqua passata, restano solo alcuni segni. Ma le nuvole non accennano a diradarsi. 
Oggi Città della Scienza è di nuovo chiusa. Al buio. Da queste parti la crisi è come le Olimpiadi o i mondiali di calcio, arriva puntuale ogni tre, quattro anni. Problemi economici, gravi, appena otto mesi dopo l’apertura del Planetario e di ‘Corporea’, l’unico museo interattivo dedicato al corpo e alla salute. Come è potuto accadere? Alfonso Fraia non è un ragioniere, è ‘solo’ uno dei più esperti lavoratori del polo museale, la sua è un’analisi culturale, e visto che tutti si riempiono la bocca dicendo che la cultura è il petrolio d’Italia, vale la pena stare a sentire. “Ci manca solo il presidente Mattarella, poi sono venuti tutti: Pietro Grasso, Laura Boldrini, sindaci, presidenti regionali.

Annunciavano che Città della Scienza sarebbe tornata ad essere, dopo l’incendio, un polo scientifico all’avanguardia, una ricchezza del paese. Alla fine dei salmi è rimasto un buco di bilancio di 15 milioni di euro e i dipendenti sono senza stipendio da mesi”. Fraia scuote la testa: “Pensa che l’apertura di ‘Corporea’ e del Planetario è stato un grandissimo successo, in tre mesi oltre duecentomila visitatori hanno affollato il museo”. Ma l’impegno dei lavoratori - quasi duecento considerando anche i collaboratori e gli operatori dell’indotto - nulla ha potuto rispetto a una crisi finanziaria che viene da lontano e su cui oggi sta indagando la Corte dei Conti.

Non è chiaro se gli scontri al vertice della Fondazione Idis - l’ente no-profit che amministra la struttura - siano stati la causa o la conseguenza di questa situazione. Per certo ci sono debiti. Tanti, e tali da mettere in discussione la sopravvivenza dell’intera struttura. “Davvero non capiamo, considera che recentemente sono arrivati 13 milioni dall’assicurazione come risarcimento dell’incendio”.

Ora si parla di commissariamento. I lavoratori hanno reagito, presidiano quella che, nel tempo, è diventata la loro seconda casa. Difendono la loro vita. Alfonso Fraia punta l’indice verso un bersaglio preciso: “Vogliamo l’azzeramento dell’attuale governance di Città della Scienza, chi è parte in causa di questo disastro non può diventare il controllore di quanto accaduto”. Lui, assieme alla maggior parte dei colleghi, ha già pagato il suo contributo: il totale delle mensilità congelate ammonta a nove (cinque quest’anno, altre quattro risalgono al 2011), a cui nel tempo sono state aggiunte la decurtazione del dieci per cento dello stipendio (per un anno e mezzo) e tre anni di cassa integrazione a zero ore (a rotazione per il 70 per cento dei dipendenti). E ancora peggiore è la situazione di altri contrattisti, senza retribuzione ormai da gennaio. Conclusione d’obbligo: non si può andare avanti così, non ci sono più buchi per stringere ulteriormente la cinghia.

Le ultime notizie sembrano confermare le perplessità e le prese di posizione dei lavoratori, Città della Scienza è stata visitata non dagli studenti ma dalle Fiamme gialle. I finanzieri, su ordine della Procura, indagano per capire come sia stato possibile arrivare a un buco del genere. Fraia, cinquantatré anni, di cui quasi trenta passati a Bagnoli, delegato Filcams Cgil, sottolinea come “nel corso del tempo i lavoratori abbiano sostenuto Fondazione Idis contribuendo con sforzi eccezionali al superamento delle crisi, che la Fondazione stessa si è trovata ciclicamente ad affrontare”. “Non potevamo fare di più – sottolinea. C’è da considerare che qui dilagano anche forme di precariato intellettuale, inaccettabili per una realtà che dovrebbe essere un’eccellenza nel paese. Succede di vedere contratti a ventitré giorni per ricercatori che hanno studiato vent’anni specializzandosi nel loro mestiere”.

Ai tanti interrogativi su come stia stato possibile provocare un dissesto del genere in uno dei musei scientifici più importanti d’Europa potrà dare risposta la magistratura. Intanto i lavoratori scioperano, non lasciano Città della Scienza al proprio destino, la difenderanno con i loro corpi. “L’ultima assemblea di soci è andata quasi deserta. Il nostro picchetto era lì, per scongiurare eventuali blitz. Li abbiamo accolti a suon di musica, cantando ‘Bella ciao’ e ‘Vengo anch’io no tu no”. I lavoratori, al solito, stanno facendo la miglior figura in questo dramma kafkiano.

Con un convitato di pietra, lo Stato, che propaganda in lungo e in largo la cultura come molla di sviluppo per il paese, e poi lascia che le luci si spengano su Città della Scienza.

[Lo stesso articolo, con il titolo “Città della Scienza, non ci sono più gli studenti, sono arrivate le Fiamme gialle” è già stato pubblicato su ‘sinistra sindacale’ n.20 del 19 novembre 2017]

Una tre giorni utile e impegnativa - di Reds

Il Seminario di Lavoro Società in FILCAMS-CGIL

“La lotta, la militanza, lo studio”. Non ci sarebbe stato, forse, titolo più apprezzato da parte del compianto compagno Bruno Rastelli, cui il seminario nazionale di Lavoro Società della Filcams era dedicato. Lo hanno ricordato, in apertura, la moglie Adriana e Zaverio Giupponi, che con Rastelli ha passato una vita di militanza e lotta alla Cgt.

La cinquantina di quadri e dirigenti sindacali presenti di studio ne hanno fatto molto, nei tre intensi giorni, di lavoro. A partire dalla relazione di Andrea Montagni, dal titolo emblematico “Rossi ed esperti”, dove il rosso “vuol dire essere ribelli”, ma anche umili e disposti a rimettersi in discussione. Partendo dal ricordo di Rastelli, Montagni ha delineato un quadro della collocazione odierna della Cgil e della Filcams, dalle posizioni “pacifiste” e antiliberiste alla costruzione del Piano del Lavoro e della carta dei Diritti, dalla contrattazione inclusiva alla lotta alla precarietà. Senza nascondere le difficoltà sul piano contrattuale e il “vero” problema di oggi: la distanza tra la “linea” e la pratica.

Dopo i saluti di Mirco Botteghi, della Segreteria FILCAMS di Rimini, che non si è limitato alla formalità, ma è entrato subito nel vivo con un contributo sulla realtà del mercato e delle condizioni di lavoro nel territorio riminese e poi è restato a dare una mano per il buon funzionamento del seminario, sobbarcandosi la funzione di raccordo per gli ospiti e per i partecipanti. Cosa di cui lo ringraziamo vivamente.

Le sessioni di lavoro si sono susseguite incalzanti e stimolanti. Dapprima un confronto – con Frida Nacinovich e Leopoldo Tartaglia – sui mezzi di informazione e collegamento della sinistra sindacale, come i periodici “Reds” e “Sinistra Sindacale”. Poi, nella seconda giornata, aperta da un caloroso applauso di sostegno alla lotta dei lavoratori Amazon, con relazioni su temi di rilievo, nazionale ed internazionale. Il professor Riccardo Bellofiore, dell’Università di Bergamo, ha fatto il punto sulla situazione economica globale, europea e nazionale, da lui definita come di un “keynesismo privatizzato” dominato dalle figure del “lavoratore traumatizzato”, del “risparmiatore maniacale” e del “consumatore indebitato”. Politiche che vengono da lontano (Thatcher e Reagan), amplificate in Europa con lo scoppio della crisi, travestite da monetarismo, ma che si caratterizzano per un intervento dello Stato. Solo che la redistribuzione avviene a favore di capitale e rendita, invece che del lavoro, come fu nei “trenta gloriosi”. Un quadro che non lascia troppo spazio all’ottimismo.

Monica Di Sisto, di Fairwatch e delle campagne “Stop Ttip e Ceta”, ha illustrato le nefaste politiche del Wto e degli accordi commerciali multilaterali, unici veri strumenti della “governante globale” a scapito dei diritti del lavoro, dell’ambiente, dello stato sociale. In definitiva, della stessa democrazia, coartata agli interessi della finanza e delle multinazionali. Contro le quali lavora con ogni mezzo possibile, a partire dal sostegno ai deboli sindacati dei paesi in via di sviluppo, la federazione internazionale di categoria Iuf. Massimo Frattini, che dal quartier generale di Ginevra coordina diverse vertenze mondiali, ha illustrato alcune campagne vincenti, come quelle contro Unilever e McDonalds, dove si sono usati sapientemente le mobilitazioni e il lavoro di lobby, le campagne dei consumatori e gli strumenti internazionali come l’Oil, le linee guida Ocse e gli accordi quadro globali.

Massimo Cuomo e Loredana Sasia hanno riportato l’attenzione alle vicende interne. Il primo ha disegnato il quadro quasi apocalittico dei cambiamenti indotti nella grande distribuzione dall’impresa 4.0, con il nuovo asservimento “tecnologico” dei lavoratori, il cui tempo di vita è sempre più invaso dalle esigenze e dal controllo aziendale e pone nuove sfide all’organizzazione dei lavoratori e alla contrattazione sindacale. La seconda ha analizzato la complicata stagione contrattuale della Filcams, con le difficoltà indotte dalla frammentazione sia del lavoro che delle controparti. Ognuna delle organizzazioni padronali cerca di accreditarsi presso la propria base con politiche di sempre maggior dumping contrattuale. Sebastiano Calleri, responsabile salute e sicurezza per la Cgil nazionale, ha fatto il punto sulla situazione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali: un fenomeno in ripresa, dopo qualche anno di calo, dovuto anche alla riduzione delle ore lavorate. La situazione economica – in un rapporto tra la situazione di arretramento del Mezzogiorno italiano e le politiche economiche europee che favoriscono l’enorme export della “locomotiva” tedesca – è tornata nell’intervento di Andrea Del Monaco, autore di recente del libro “Sud colonia tedesca” (Ediesse).

La giornata conclusiva, iniziata ricordando la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è stata aperta dall’intervento della segretaria generale della Filcams, Maria Grazia Gabrielli. Gabrielli ha richiamato i temi della relazione introduttiva utilizzandoli nel suo contributo che ha richiamato puntigliosamente le posizioni e gli orientamenti che la FILCAMS-CGIL ha assunto ai tavoli negoziali e nella gestione delle vertenze. Numerosi compagni sono intervenuti portando il loro contributo, “approfittando” dei temi messi in discussione e allargando la discussione.

E’ toccato a Giacinto Botti tirare le fila del dibattito, ricollegando le questioni categoriali ai temi confederali e iniziando la discussione sul prossimo congresso. Forte il richiamo alla scadenza di lotta del 2 dicembre.

Nella tre giorni sono stati importanti anche i momenti di socializzazione, extra plenarie. Anche le pause nelle oltre 15 ore complessive di riunione, favorite dall’accoglienza di un luogo che lo consentiva, sono servite a rafforzare i legami ed ad affiatare le compagne e i compagni.

Un ringraziamento particolare al personale della struttura ricettiva per la competenza e la professionalità, alla compagna Francesca del Ce-Mu, che ha collaborato tecnicamente, al Dipartimento organizzazione della FILCAMS nazionale e alla FILCAMS di Rimini per la perfetta riuscita del nostro seminario.