Reds n. 11 - 2019

La narrativa sul sindacato - di Andrea Montagni

La memoria collettiva se non coltivata con lo studio e l’approccio critico è spesso fallace, esattamente come quella individuale.

La narrativa sul sindacato è fatta di rimpianti per gli anni 70 e 80. Dirigenti sindacali come Lama e Trentin sono elevati a simboli di un sindacato combattivo e contrapposti ai dirigenti attuali.

Invito a rileggere i documenti dell’epoca e a cercare di ricostruire i fatti. Sia Lama che Trentin furono oggetto di contestazioni di massa (il primo da ampi settori della gioventù scolarizzata che avvertiva il venire meno delle conquiste della generazione precedente, il secondo dai lavoratori stessi per aver accettato nel 1992 l’abolizione della scala mobile). La linea sindacale di Lama, la cosiddetta politica dei “sacrifici”, comportava moderazione salariale e rivendicativa, la linea di Trentin preconizzava (l’alleanza dei produttori) un patto stabile e codeterminato tra capitale e lavoro. Lo stesso Cofferati (anch’egli oggetto di contestazioni di massa) si caratterizzò per la linea della concertazione.

La linea attuale della CGIL è il prodotto della svolta di Cofferati nel 2002, che sia Epifani che Camusso hanno mantenuto. Parte dal riconoscimento del fallimento delle politiche liberiste e della globalizzazione ed è molto, molto, molto più di sinistra della linea precedente. Con Landini segretario, la svolta “a sinistra” si è consolidata.

La differenza che conta di più è che la CGIL del passato era forte, con una base in espansione, come era in espansione l’occupazione soprattutto nei settori industriali e nel pubblico impiego, era riconosciuta come interlocutore dai governi e dal padronato e aveva alle spalle un grande partito comunista ( per altro anch’esso moderato e dedito ad una politica di compromesso con la DC).

Il nostro problema è qui: organizzazione più debole, colpita dalla crisi economica e sociale, e assenza di una forza politica proletaria di riferimento.

Milito in CGIL dal 1978, prima come delegato, poi come dirigente dal 1992. Anche io rimpiango la CGIL della mia gioventù e della mia maturità, perché ero giovane, pieno di energie e sicuro dell’avvenire radioso del proletariato e dell’umanità e vedevo il socialismo dietro l’angolo (anche se la fine del muro si allontanava sempre impercettibilmente).

L’angolo è ancora più lontano, ma non immagino più dirigenti che cercano di portarmi dalla parte opposta. Ci sono le liti tra di noi che ci fanno rallentare la marcia e che contribuiscono a disorientare lavoratori che faticano ad affrontare i problemi quotidiani...

Eppure il vento soffia ancora! - di Kang Sheng

Un’ondata possente di lotte sta scuotendo l’America Latina e il mondo arabo-islamico. Centinaia di migliaia di uomini e donne scendono in strada e manifestano, chiedono giustizia e libertà, si ribellano alle politiche del Fondo Monetario Internazionale, alle ricette del neoliberismo, denunciano la corruzione dei ricchi.

Annichiliti da politiche trentennali che hanno disperso il patrimonio della sinistra e del movimento sindacale nei paesi dell’Europa e negli Stati uniti, privati di riferimenti ideali e travolti dalla narrazione che ci descrive un mondo dove lo scontro sarebbe tra diverse versioni dello stesso sistema, l’una liberista ed elitaria, l’altra liberista, populista e xenofoba, ambedue contro il lavoro e i suoi diritti, nemmeno vediamo quel che accade nel resto del mondo, nei paesi in cui la gioventù costituisce ancora la stragrande maggioranza della popolazione.

In tuti i paesi, ferma è l’opposizione al neoliberismo e all’imperialismo.

Ovunque è lotta contro la povertà e per una vita degna. Nel mondo arabo islamico dal Sudan, al Libano, all’Irak la lotta alla corruzione si affianca alla lotta contro il settarismo religioso. Il prezzo di queste mobilitazioni è altissimo: oltre 200 ad oggi i morti in Irak, centinaia i morti in Sudan, così come le vittime in Cile, in Ecuador, ad Haiti. Ovunque tornano a sventolare accanto ai vessilli nazionali, simbolo di indipendenza e unità, le rosse bandiere dei partiti comunisti e dei sindacati. Il socialismo in tutte le sue versioni e varianti, da quello socialista democratica, a quello basista e populista, a quello umanitario, a quello “tradizionale”, dimostra la sua vitalità nel XXI secolo.

Il vento soffia ancora. “E’ un vento rosso che non si può fermare e unisce chi ha deciso di lottare!”.

Le tre giornate di Rimini - di Riccardo Chiari

“Organizzare, contrattare, per includere”. Fin dal suo titolo, l’intelligente e partecipato seminario organizzato a Rimini da Lavoro Società in Filcams ha cercato di dare risposta ad una delle principali linee d’azione intraprese dalla Cgil in questi anni: riunificare i lavoratori precari e i loro colleghi che hanno un contratto a tempo indeterminato, per contrastare una deriva che ha portato le aziende a scaricare su chi lavora i risparmi del costo di gestione di questo o quel servizio.

“A parità di lavoro parità di salario”. Sulla base di questo (sacrosanto, ndr) principio, in una categoria “di frontiera” come la Filcams, l’obiettivo non può essere che quello di riconquistare un contratto unico per gli addetti diretti e per quelli in appalto. Per riuscirci resta ineludibile il tema dell’organizzazione nei luoghi di lavoro, che può essere resa possibile solo grazie all’impegno quotidiano dei delegati di base, vera e propria colonna vertebrale di un sindacato generale di classe come la Cgil. E proprio loro, i delegati di base, sono stati i protagonisti del seminario con le loro esperienze dirette, denunciando a più riprese come alla precarietà lavorativa di molti loro colleghi si assommi, nel tempo, un senso di precarietà esistenziale.

“La strada dell’inclusione contrattuale è difficile e piena di ostacoli - ha sintetizzato efficacemente Andrea Montagni – tuttavia è l’unica strada percorribile per un sindacato confederale”. Un tema caro alla Filcams guidata da Maria Grazia Gabrielli, che nel congresso di Assisi dello scorso anno ha posto come obiettivo ineludibile del sindacato una contrattazione collettiva nazionale che deve riguardare tutti i lavoratori, diretti e indiretti, dipendenti e pseudo autonomi. Nel segno di quella Carta dei diritti universali del lavoro che oggi è stella polare dell’azione della Cgil.

“La ricomposizione del mondo del lavoro è il nocciolo della discussione – ha a sua volta ribadito nel suo intervento finale il segretario confederale toscano Maurizio Brotini – perché il lavoro è stato frantumato non certo per motivi organizzativi, quanto per motivi di potere”. Una frantumazione che, ha ricordato Vincenzo Bavaro dell’Università di Bari, ha portato in parallelo anche ad una “parcellizzazione degli statuti giuridici contrattuali, perché esistono oltre 250 contratti nazionali di categoria vigenti nel sistema confederale cui partecipa anche la Cgil”. E che pone di conseguenza il tema degli accorpamenti contrattuali, e della ricomposizione di un quadro contrattuale oggi estremamente frammentato, visto che in assoluto il Cnel ha censito più di 700 contratti nazionali di categoria, di cui, appunto, un terzo è ascrivibile alla tre confederazioni sindacali più importanti.

Nel chiudere le tre giorni seminariale, il coordinatore nazionale di Lavoro Società per una Cgil unita e plurale, Giacinto Botti, nell’apprezzare il lavoro svolto (e seguito personalmente anche durante i lavori delle tre aule tematiche, ha reso una volta di più omaggio al certosino, quotidiano lavoro dei delegati di base: “Voi siete una risorsa vitale per la vita dell’intera Cgil”.

Delegati di un lavoro in costante cambiamento - di Riccardo Chiari

Fra le note positive del seminario di Rimini, dedicato all’operaia e combattiva sindacalista Sandra Cappellini, vanno annoverate le otto comunicazioni che hanno aperto la tre giorni romagnola, a partire dal doppio intervento di Ilaria Bettarelli e Frida Nacinovich sulla rivoluzione digitale che ha investito il settore della comunicazione, rendendo obbligatorio per il sindacato un sapiente utilizzo dei nuovi strumenti (dai social network ai nuovi media) per raggiungere i lavoratori sia iscritti che non iscritti, e terremotato quello dell’informazione, che oggi può essere diffusa solo grazie a strategie e pratiche tese ad aumentare la visibilità di un sito internet, in collegamento naturalmente con la sua declinazione cartacea.

Tutte leggibili sul sito www.lavorosocietà-filcams.it, le comunicazioni hanno approfondito temi importanti come quella sulla (in)sicurezza sul lavoro, grazie all’esperienza del formatore alla sicurezza Pasquale Cesarano e di Giorgio Ortolani della Filcams bresciana, che ha segnalato: “Sulla salute e la sicurezza non è detto che i lavoratori abbiano coscienza dei propri diritti, siamo noi che dobbiamo insegnarli”. Di contrattazione collettiva inclusiva hanno parlato Vincenzo Bavaro dell’Università di Bari e Claudia Nigro, che guida la Filcams di Brindisi, pronta a ricordare il ruolo decisivo di Camere del lavoro e categorie come luoghi di ricomposizione della rappresentanza, e di riferimento per ogni singolo lavoratore. Infine a Federico Antonelli e Giancarlo Straini il compito di tratteggiare sapientemente il complesso rapporto fra democrazia, rappresentanza e partecipazione, affrontato in chiusura di convegno, nella dimensione internazionale, anche da Massimo Frattini.

La FILCAMS-CGIL del futuro: organizzare, contrattare, per includere - di Federico Antonelli

Organizzare contrattare, per includere. E’ questo il titolo che abbiamo scelto per il nostro seminario di Rimini dei giorni 23, 24 e 25 ottobre.

Organizzare; alla base dell’attività sindacale. Organizzare i lavoratori, offrire un luogo concreto dove le istanze del lavoro possano trovare voce e sintesi.

Contrattare; ciò che come sindacalisti facciamo in ogni momento nella nostra attività, sul territorio o in azienda.

Includere; uno degli obiettivi primari della contrattazione e dell’organizzazione. Contrattare condizioni migliori di lavoro, superando barriere generazionali, professionali e territoriali. Includere tutti i lavoratori in una casa comune dove potersi confrontare e discutere.

Il seminario ha visto una partecipazione ampia e qualificata di delegati e strutture sindacali. Ha permesso ai delegati di ascoltare spunti di riflessione profondi e stimolanti. Ha offerto a tutti la possibilità di discutere e approfondire ciò che avevano ascoltato come relazioni, in un gioco di elaborazione che rappresenta un patrimonio prezioso, per noi che abbiamo organizzato il seminario, e per la discussione sulla rielaborazione della nostra “sinistra sindacale”.

Le istanze che abbiamo potuto ascoltare nel corso delle discussioni seminariali sono antiche e moderne allo stesso tempo.

Partecipazione, formazione, ascolto e coerenza quando si discute del ruolo dei delegati.

Organizzazione del lavoro, dignità del ruolo e della professione, conciliazione tra le esigenze personali e la vita aziendale, salario, rispetto di ogni persona al di la del ruolo ricoperto in azienda e salvaguardia della salute se pensiamo al merito delle questioni contrattuali e di politica sindacale.

Una discussione brillante e partecipata che ha dato sostanza a una idea centrale, al quesito difficile ma fondamentale che molti delegati hanno portato con se: c’è bisogno di “sinistra” in questa nostra CGIL?

Dai tre giorni di Rimini la risposta emersa è: assolutamente si. Il clima di entusiasmo portato dalle compagne e dei compagni ha segnato la forza del nostro collettivo. In questo clima tutti hanno potuto sentirsi coinvolti e l’elaborazione ha detto che; anche se la nostra linea è perfettamente allineata a quella emersa dall’ultimo congresso, in continuità ed evoluzione con la linea confederale e di categoria di questi ultimi anni, abbiamo bisogno di continuare a restare organizzati e coesi nel contenitore della sinistra sindacale.

Il richiamo alla coerenza delle prassi arrivato dai delegati è il primo motivo a cui dobbiamo rispondere e su cui dovremo spenderci.

La necessità di autoriformarci, ragionando su una struttura confederale e di categoria (restituendo forza all’idea organizzativa confederale, a volte messa in discussione da una deriva categoriale presente in alcuni gangli della nostra organizzazione) che non sempre è capace di dare risposte adeguate, al di la delle volontà dei singoli. Rivendicando la nostra autonomia, mai indifferenza dalla politica partitica, una seconda ragione. La necessità di continuare a dotarci di una struttura ideale ed ideologica di sindacato di classe e generale che non disperda, conformandosi all’idea egemonica attuale incentrata su un capitalismo dal volto umano, la nostra idea di società, anticapitalista, ecologista, egualitaria e realmente libertaria (mai liberista) l’idea centrale.

Su questi cardini potremmo continuare a costruire la nostra la nostra proposta, che sarà ancora a vocazione maggioritaria. Perché il nostro obiettivo è quello di essere parte attiva del dibattito categoriale e confederale e non semplice aggregazione organizzativa autoreferente.

Nella pesante assenza dei partiti della sinistra, o per la perdita drammatica di consenso elettorale o per la scelta di modificare le proprie strutture ideologiche, il lavoro della CGIL resta fondamentale. Il nostro sindacato è il solo contenitore politico che rappresenta oggi le istanze del lavoro.

In tutto questo la porta della “sinistra sindacale” in FILCAMS è aperta a chi vorrà offrire un contributo, a chi vorrà raccontare la propria idea e trovare una sintesi comune. Raccogliendo la nostra proposta che nasce dal documento “la CGIL del futuro” e si è evoluta in questi mesi di attività.

Perché una fase nuova non si apre se non si opera una discontinuità con il passato. Per evitare il rischio, usando una espressione gramsciana, “che il vecchio muore e il nuovo non può nascere”.

In tutto questo la FILCAMS ha dimostrato di poter offrire un contributo fondamentale, anche al livello confederale, per lo sviluppo e il consolidamento di una grande e organizzata area di sinistra sindacale. Con l’entusiasmo, la coesione e la passione che il seminario di Rimini ha mostrato e rafforzato.