Carrefour, un passo in avanti - di Carlo Morciano

Bloccati i piani di chiusura, accordo sugli esuberi, conferma della contrattazione di secondo livello, ristabilite le relazioni sindacali


Abbiamo già parlato [“Fatturato contro diritti” e “La condizione precaria e quotidiana del lavoro” su Reds n. 2, febbraio 2017] della nuova vita all’interno dei mercati a marchio Carrefour, del giorno che è notte e della notte che è giorno. Abbiamo già esaminato l’estensione del nastro orario, di questo nuovo ciclo produttivo che non conosce confini. Dal “Tramonto all’alba”, e non è il film sceneggiato da Quentin Tarantino, si avvicendano zombie consapevoli con camici di vari colori e dai volti sempre più smunti al servizio in cassa, rifornimento, assistenza al cliente. Perché anche alle tre del mattino i dipendenti devono dare utili consigli ad una insonne clientela.

In questo contesto si è districata la complessa vicenda del rinnovo del contratto integrativo aziendale.

In uno dei tanti incontri tra azienda ed Organizzazioni Sindacali viene infatti espressa la volontà/necessità da parte aziendale di procedere alla gestione di un importante esubero (licenziamenti) nel canale Iper (circa 700 dipendenti). Contestualmente, viene inviata la famosa raccomandata che notifica la disdetta del Contratto integrativo aziendale (CIA).

A questo punto il clima si fa rovente e le piazze cominciano ad essere inquiete. Questa volta il problema è trasversale dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno. Sì perché il malcontento e la rabbia stavolta uniscono tutti dai lavoratori degli Iper, a quelli dei Super, dei negozi di Prossimità, della cosiddetta “Attrazione”, dal Nord al Sud del Paese.

I lavoratori Carrefour si ritrovano, come tutti i lavoratori delle aziende aderenti a Federdistribuzione senza contrato nazionale, ma anche con il CIA disdettato, circa 700 esuberi e la denuncia di un clima di alta tensione dovuta a strategie non proprio ortodosse adottate all’interno dei punti vendita. Ci sono tutte le condizioni per una azione su tutto il territorio nazionale perché la misura è colma.

La Cgil, si sa, non abbandona mai il tavolo della trattativa, altrettanto Cisl e Uil. Il confronto è serrato ma non si molla di un passo. La vertenza richiama l’attenzione di stampa e televisione, che mettono in evidenza le precarie condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici del gruppo, accrescendo l’effetto mediatico già provocato dalle aperture h24. Ne risulta una pubblicità negativa per l’azienda. Il marchio è il marchio e la pubblicità è l’anima del commercio. Il combinato disposto della reazione dei lavoratori e della compattezza delle Organizzazioni sindacali che procedono unitariamente e l’effetto mediatico della attenzione dei mass media produce effetti sulle volontà aziendali.

Si arriva finalmente ad una bozza su cui discutere seriamente. Si scongiura la chiusura di due Iper del Nord. Viene proposto di ridurne la superficie di vendita mantenendo comunque aperti gli impianti. Viene accettata la proposta di un’uscita su base volontaria su tutto il territorio. Spiragli di luce. Si arriva anche alla ridiscussione sul rinnovo del CIA il cui contenuto rimane invariato. Si rimanda al confronto territoriale su problematiche inerenti le singole unità (la crisi è reale e non si può far finta di non vederne la problematicità). L’azienda si impegna inoltre a rispettare gli accordi sottoscritti negli anni precedenti in termini di organizzazione del lavoro. Per le altre problematiche di carattere generale rimangono aperti i tavoli nazionali.
Una vittoria, tutto sommato, o comunque un bel sospiro di sollievo.

Rimane aperta la questione contrattuale con Federdistribuzione: un contratto che non si firma, troppe le distanze tra OO.SS. e associazione padronale. Carrefour è per Federdistribuzione una garanzia, come per la multinazionale francese Federdistribuzione è un punto di forza.
La nostra bella Italia ormai parla francese: A2 Electricitè de France controlla interamente la Edison; la Suez Environnement ha acquistato un’ulteriore quota di Acea passando dal 12,5 al 23% del capitale mediante l’acquisto di azioni dell’impresa romana Caltagirone; la Vivendi è il primo azionista in Telecom… Molte aziende italiane parlano francese. Un’Opa sulla nostra economia che si accompagna ad una cultura che nega la contrattazione nazionale e tende a sperimentare in Italia una legislazione del lavoro in chiave aziendale e di mortificazione dei diritti.


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