La Lega dei Giusti e la Lega dei comunisti: da ‘I princìpi' a ‘Il Manifesto' - di Gian Marco Martignoni

Reds n. 5 - 2018 Hits: 1279

In occasione del bicentenario della nascita di Karl Marx, nato a Treviri il 5 maggio 1818, Cosimo Cerardi ha voluto contribuire al dibattito in corso sull’attualità del suo pensiero attraverso la pubblicazione del libro Le Radici del Comunismo Scientifico - genesi e struttura de ‘Il Manifesto’ “(La Mongolfiera Editrice, pag. 153, euro 15). Come è noto ‘Il Manifesto’ “per la sua forza letteraria ed evocativa ha segnato un’epoca, quella a metà dell’800, ed ancora oggi non ha esaurito la sua capacità performativa ed immaginativa”, perché, come ha ben evidenziato Pasquale Falasca nella sua prefazione, “Il Manifesto è l’epicentro e il baricentro della teoria di Marx ed Engels”. Ovvero, la sua strutturazione è per Falasca una vera e propria “stratificazione dialettica”, che ha permesso tra l’altro lo sviluppo concettuale dei Grundrisse “e delle categorie storiche ed economiche che sono alla base dei tre volumi che compongono Il Capitale”.

La stesura de Il Manifesto del Partito comunista scaturisce dal dibattito che vedeva da una parte il socialismo-comunismo utopistico ispirato a Saint-Simon, Fourier, Owen, il socialismo borghese identificato in Proudhon e la tendenza che con Marx ed Engels darà vita, passando per la Lega dei Giusti che era composta prevalentemente da artigiani, in particolare sarti, alla Lega dei Comunisti.
Nella Lega dei Giusti occupava un ruolo di primo piano un certo Weitling, autore di un’opera intitolata Le Garanzie dell’Armonia e della Libertà. Idee per una riorganizzazione della società, che aveva una impostazione mistico-profetica, in quanto faceva derivare il comunismo - ovvero l’instaurazione della libertà e dell’armonia - da un governo affidato alle capacità umane, dall’abolizione dello sfruttamento e la promozione di una dittatura provvisoria, oltre a recuperare nei suoi impetuosi proclami alcune posizioni cospirazioniste derivanti da Babeuf. Il dissenso di Marx ed Engels con le posizioni di Weitling fu radicale, poiché per loro il comunismo non derivava ingenuamente dalla bontà della natura umana, bensì aveva un carattere oggettivo e necessario. Questa scoperta scientifica era conseguente ad una visione storica in cui diventava prioritaria la conoscenza della situazione reale e concreta, al fine di trasformare la società sul piano della lotta politica, abbattendo quindi le classi proprietarie e dominanti. Lo scontro politico e ideologico comportò la trasformazione della Lega dei Giusti in Lega dei comunisti, con tanto di cambio di statuto e l’abbandono del motto a carattere religioso “Tutti gli uomini sono fratelli” con quello più evocativo e battagliero “Proletari di tutto il mondo unitevi”, oltre alla necessità di definire programmaticamente il suo impianto dottrinale, a partire da una analisi materialistica della realtà e l’indicazione dei fini da perseguire.

Engels, dal suo canto, si era già cimentato nella redazione di uno scritto divulgativo, I Principi del Comunismo, di cui Cerardi evidenzia le analogie e le molteplici coincidenze con la stesura de Il Manifesto. Entrambi, infatti, partono dalla definizione del proletariato, dal contrasto tra borghesia e proletariato, ed esposta la teoria del salario, postulano che il nuovo ordinamento della società non può che essere il comunismo. L’egemonia della borghesia non può occultare la palese contraddizione tra “l’accrescimento illimitato della ricchezza e la miseria proletaria”, e, pertanto, solo con l’abolizione della proprietà privata e l’egemonia del proletariato si potrà instaurare il comunismo. Il nuovo ordinamento è realizzabile anche per via pacifica e dovrà mirare allo sviluppo onnilaterale dell’individuo e della sua personalità. Nel quinto capitolo, Cerardi richiama i temi trattati nei Principi ed elenca le misure da adottare per affermare il potere democratico-rivoluzionario. Tra questi per Engels sono centrali, rispetto allo sviluppo della personalità, quelli riguardanti l ‘educazione dei fanciulli, il rapporto tra lo studio e il lavoro, nonché la questione urbanistica, stante l’impetuosa dinamica tra città e campagna per via del peso crescente delle manifatture e quindi dell’inurbamento. Al contempo emerge il problema di come superare il dominio della proprietà privata e accentrare sempre più nelle mani dello stato tutto il capitale, l’industria,l’agricoltura, i trasporti, ecc. Nonché la prefigurazione della società futura sulla base di un piano, che tenga in considerazione i mezzi a disposizione della società e i suoi bisogni. I Principi avevano uno scopo di carattere divulgativo, mentre Il Manifesto avrà, invece, uno scopo esterno di carattere propagandistico e soprattutto di strategia a lungo termine. Anche per questa ragione in occasione della nuova denominazione della Lega in una circolare interna venne ribadito che “noi non siamo per la giustizia genericamente intesa, ma per la comunità dei beni, a partire dall’abolizione della proprietà privata”, tanto che nel congresso del 1847 Engels si ingegnò per far affidare dall’assemblea l’incarico a Marx di stenderne il programma. Programma a cui Marx lavorò sulla base di un secondo abbozzo dei Principi redatto da Engels, consegnando l’elaborato entro la data richiesta del 1 febbraio 1948. Se Engels attribuirà tutto il merito della sua stesura a Marx, le coincidenze tra i Principi e Il Manifesto consigliano ad avviso di Cerardi di non sottovalutare il ruolo di Engels, che “aveva indicato a Marx come funziona il sistema capitalistico e il significato del cartismo”, e molte altre intuizioni, tra cui la congiunzione fra l’economia socialista inglese e la filosofia materialista. Negli altri capitoli che completano il testo, Cerardi mette a fuoco tutta la ricchezza concettuale ed analitica che Il Manifesto del Partito comunista ci consegna, nella consapevolezza, purtroppo, della tragica involuzione che ha investito il movimento operaio e le sue organizzazioni di rappresentanza, tanto che la lotta di classe è condotta dalle classi dominanti. Il processo combinato dovuto alla mancata alfabetizzazione marxista e all’analfabetismo di ritorno determinato dalla dismissione degli strumenti fondamentali dell’analisi marxista, ha favorito il venir meno dei presupposti per la formazione di una coscienza critica del modo di produzione capitalistico, e quindi di una soggettività politica adeguata allo scontro di classe.

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