Omicidi bianchi, gennaio di sangue - di Riccardo Chiari

Nell’arco di una decina di giorni, due terribili tragedie hanno scosso l’opinione pubblica, e riproposto con forza, alla politica, il tema ineludibile degli omicidi bianchi. A Milano il 16 gennaio, alla Lamina Spa, quattro operai perdono la vita, soffocati da esalazioni venefiche. Due giorni dopo la Fiom milanese sciopera e scende in corteo, insieme alle altre rappresentanze sindacali della categoria metalmeccanica.

“In questo paese – raccontano i lavoratori in corteo - capita troppo spesso di andare una mattina al lavoro e di non fare ritorno a casa. Non basta l’attenzione per qualche giorno e il generale cordoglio in occasione di una strage. Noi vogliamo di più”.

Quel “di più” si sostanzia in una maggiore sicurezza degli impianti. In controlli più frequenti e approfonditi. E in uno specifico lavoro normativo, sulla scia di analoghe esperienze europee, da parte della politica. Una necessità pressante, visto l’interminabile stillicidio di morti e feriti sul lavoro.

Passano pochi giorni, e il treno regionale lombardo 10452 Cremona-Milano, che parte ben prima dell’alba con il suo carico di lavoratori pendolari diretti nel capoluogo lombardo, deraglia appena fuori dalla stazione di Pioltello. Tre lavoratrici perdono la vita, un’altra decina di pendolari stanno ancora lottando per la sopravvivenza, e alcuni di loro porteranno per sempre i segni di un altro incidente sul lavoro, questa volta “in itinere”. Uno dei sopravvissuti racconta a un quotidiano: “Non mi sono fatto niente. Sono un miracolato. Noi pendolari paghiamo il biglietto e anche le tasse. Poi moriamo sui treni e non sappiamo nemmeno perché”.

Un perché è spiegato dai familiari delle 32 vittime della strage ferroviaria di Viareggio, e dai macchinisti della storica associazione “In Marcia”: “Sui treni continua a mancare il detettore di svio, un apparecchio che blocca automaticamente il treno appena una ruota esce dai binari. A Pioltello il treno ha percorso due chilometri dopo lo svio, prima che un vagone si schiantasse contro un palo. Con il detettore si sarebbe fermato dopo poche centinaia di metri, e le conseguenze sarebbero state meno gravi”.

Anche la strage di Viareggio sarebbe stata evitata se il treno merci – pericolose – deragliato nella città toscana avesse avuto il detettore di svio. Non lo dicono solo i macchinisti e i familiari delle vittime, è scritto nero su bianco nelle motivazioni della sentenza di condanna dei numerosi responsabili del disastro. Compresi i vertici dell’epoca del gruppo Ferrovie dello Stato.
Ora è stato annunciato che, a partire dal prossimo anno, il detettore di svio diventerà obbligatorio per tutti i treni d’Europa. Una buona notizia, che però arriva sempre troppo tardi. Perché sia le imprese che le istituzioni dovrebbero sempre garantire, a priori, il diritto alla vita. Almeno quello.


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