Frida Nacinovich: "Sfiderò il ministro Lotti. Potere al popolo" - di Andrea Montagni

Frida Nacinovich è notista politica di “Reds” e curatrice per “sinistra sindacale” della rubrica L’Officina del lavoro. Il lettore l’ha conosciuta sulle pagine di “Liberazione”, quando ne era direttore Sandro Curzi e la sinistra era divisa solo in due e non in tanti pezzi. L’ha ritrovata sulle riviste della Sinistra sindacale Cgil, sulle colonne culturali del periodico “Il Teatro” e “Il Mondo”, e quando ha provato a contattarla si è sentito rispondere da Bruxelles. Niente male per una giornalista professionista da vent’anni, notista parlamentare, collaboratrice di programmi Rai e di rassegne stampa Sky. Fra un ritratto di Antonio Albanese e un’intervista al sarto che ha cucito l’abito Brioni indossato dallo 007 Daniel Craig, la ritroviamo oggi candidata nelle liste di Potere al Popolo!. Ce ne chiediamo il perché, e lei puntualmente ci risponde. “Voglio prendere un voto in più del ministro Lotti”. Ascoltiamola.

È giusto che anche i giornalisti accettino la sfida delle elezioni politiche?
È una domanda che mi sono fatta. Nel corso delle prime assemblee che ho affrontato da candidata, avevo una voglia matta di tornare dall’altra parte della barricata e chiedere a Michele della sua storia dentro il Partito comunista italiano, di suo padre che fu deportato ad Auschwitz, di come era Graziano Cioni da giovane. Avrei voluto abbandonare un paio d’ore l’assemblea e andare al presidio degli operai della Falegnami Italia, una fabbrica di armadi dove per evitare trenta licenziamenti gli operai hanno accettato ridursi lo stipendio ora che il jobs act ha fatto strame degli ammortizzatori sociali. Si dice che giornalisti si diventi, ma io credo che ci voglia una passione particolare e a me è sempre piaciuto raccontare le storie delle persone, lavoratori, politici, attrici e attori di teatro, registi, cantanti. In questi anni la Cgil mi ha dato la possibilità di intervistare delegati sindacali di ogni parte di Italia. Uno scrigno di testimonianze preziose come perle per capire l’Italia che stiamo vivendo. Perché la crisi ha colpito indistintamente e molti, da chi cuce gli abiti di scena per film famosi, penso alla Brioni che ha vestito James Bond, all’operaia pugliese che ha denunciato il caporalato, e con il suo grido di dolore ha smosso le coscienze dell’opinione pubblica. Una storia che sembra presa di peso dalle cronache di inizio secolo scorso. Voglio bene alla ‘mia’ “Officina del lavoro” come ai miei libri più amati e letti, ad esempi quelli di Boris Vian. Ho conservate tutte le interviste fatte in questi anni, mi piacerebbe diventassero un libro. Tornando alla tua domanda: sono una giornalista che ha accettato la sfida. Penso che sia giusto metterci la faccia. Anche per onestà intellettuale.

Hai detto che accetti la sfida. Ma cosa ti ha convinta a sostenere le compagne e i compagni di ‘Potere al popolo’?
Mi hanno chiesto di correre alle elezioni politiche nell’uninominale nel collegio Firenze 4. L’assemblea di Potere al Popolo dell’Empolese-Valdelsa mi ha indicata all’unanimità, lo considero un onore. Il mio battesimo del fuoco come inviata, una storia che ha più di vent’anni, è stata la campagna elettorale delle suppletive del 1997 in Mugello. Raccontavo le giornate di Sandro Curzi, impegnato contro Antonio Di Pietro e Giuliano Ferrara, su ‘il manifesto’ e ‘Liberazione’. Un impegno che a me, all’epoca poco più che ventenne, mi faceva tremare le gambe. Da allora non ho più lasciato Curzi, l’ho seguito a Roma e ho cominciato a fare la cronista parlamentare, ma questa è un’altra storia. Sono passati molti anni, ma un particolare lo ricordo bene: Curzi voleva dare la possibilità ai cittadini del Mugello di votare a sinistra. Perché Di Pietro, peraltro persona degnissima, magistrato coraggioso, eroe di mani pulite, semplicemente non era di sinistra. Come dicevamo in quei mesi: che c’azzecca Di Pietro con la sinistra?

A proposito: il bilancio della legislatura appena finita registra come i governi Letta, Renzi e Gentiloni abbiano sempre dimostrato grande attenzione alla finanza e al mercato. Non certo al lavoro. Come si può cambiare rotta?
Semplice, abolendo quelle riforme, dal jobs act alla legge Fornero, che hanno aperto una ferita mai più rimarginata nelle classi lavoratrici e nei ceti popolari. Tutti questi governi, al di là dello stile personale del presidente del Consiglio di turno, hanno adottato un problema liberista, analogo se non identico a quello proposto dalla destra berlusconiana. Non per caso, a inizio legislatura, con il cosiddetto patto del Nazareno, il Pd e Forza Italia governavano insieme.

Perché candidarsi proprio con Potere al popolo?
Penso che Renzi, più che le persone avrebbe dovuto rottamare queste idee. Invece ha presentato e fatto approvare provvedimenti che con la sinistra hanno niente a che fare. Non dimentico che la nostra Costituzione è stata cambiata, molto in peggio, con l’introduzione del pareggio di bilancio nell’articolo 81. Votato da una larga maggioranza trasversale che comprendeva il Pd di Bersani, non quello di Renzi. Taccio per carità di patria sul voto favorevole alla deforma costituzionale dato da molti attuali esponenti di Leu, a partire dal presidente toscano Enrico Rossi. Quanto a D’Alema, continuo a pensare che la guerra in Kosovo e i bombardamenti sulla Jugoslavia e sulla sua capitale Belgrado siano stati un’autentica follia. La guerra è tornata in Europa, quando dopo la fine del secondo conflitto mondiale, costato la vita a decine e decine di milioni di militari e soprattutto civili, da De Gasperi ad Adenauer, da De Gaulle ai governi laburisti inglesi di Attlee e Bevan, era stato detto solennemente ‘mai più’.

Che prospettive immagini per Potere al popolo?
Se riusciremo a entrare in Parlamento sarà la vera novità di queste elezioni. Chiunque si sente di sinistra, dai movimenti per i beni comuni ai protagonisti di tante vertenze aperte da un capo all’altro della penisola, dovrebbe darci una mano in questa direzione. Non possiamo lasciare al leghista Salvini la proposta di abolire la legge Fornero e il jobs act, né al movimento Cinque stelle l’altra bandiera di una politica pulita che sia al servizio dei cittadini. L’intuizione delle ragazze e dei ragazzi di Genova di un altro mondo possibile, anzi necessario, non ha perso un grammo della sua attualità. Del resto la crisi delle socialdemocrazie europee è conclamata in tutta Europa. Il fallimento di un ciclo politico. Si dirà che l’inglese Corbyn ha sempre fatto parte del partito laburista. Certo, ma è sempre stato dichiaratamente all’opposizione delle politiche liberiste travestite da terza via di Tony Blair e dei suoi emuli.


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