L'occasione referendum - di Riccardo Chiari

Lontano dalle telecamere delle televisioni, la lunga campagna referendaria si gioca anche sulle iniziative e sulle manifestazioni organizzate sul territorio. L’Italia è lunga e popolata quasi ovunque. Gli incontri sono un’occasione per far conoscere e conoscersi; per avviare quelle reti amichevoli, ancorché “elastiche”, che assicurano il passaparola sul voto del 4 dicembre. Un fattore vincente, quando la contesa politica riguarda temi generali per eccellenza come i diritti, i doveri, le tutele e le garanzie per ognuno di noi.

Nelle città e cittadine della penisola i comitati unitari per il No in difesa della Costituzione si danno da fare, e organizzano dibattiti con giuristi ed esperti. Non negano anzi ricercano anche i confronti con sostenitori del Sì. E’ il caso, fra i tanti, dell’associazione dei Giuristi Democratici, frequentata da competenti professionisti del diritto, diffusa lungo l’intero stivale, in grado di organizzare discussioni pubbliche sulla corposa pubblicistica costituzionale seguita alla Carta del 1948.
Il “costituzionalismo democratico” che fa da collante alle iniziative dei comitati referendari per il No, almeno a giudicare dalle rilevazioni statistiche degli istituti di sondaggio, ha presa su una parte consistente dell’opinione pubblica. Maggioritaria o meno, e sempre dovendo tener conto della percentuale degli astensionisti, lo scopriremo solo il 5 dicembre.
Per certo le mille iniziative organizzate a sostegno del No al referendum sono spesso occasione di appuntamenti di massa. In questo contesto, il peso di un’organizzazione come la Cgil, che riesce a catalizzare l’interesse di componenti della società più variegate di quanto non dica la vulgata tradizionale (e non di rado conservatrice), appare fattore essenziale al pari delle miriade di iniziative di base. Il tutto esaurito che non di rado accompagna la presenza e gli interventi pubblici dei dirigenti sindacali, a partire dalla segreteria confederale, è una bella cartina di tornasole dell’importanza del sindacato nella vita quotidiana del paese.

Per giunta, almeno nel campo ancora vasto della pur variegata sinistra italiana, la meritoria convinzione di tutti i referendari che, per risolvere la crisi della democrazia, ci sia bisogno di più democrazia, è come un’assicurazione sulla vita. Specialmente per le fasce sociali più giovani della società. Quelle piagate, prima ancora che arrivasse il discriminatorio jobs act, da venti anni di progressiva precarizzazione dell’attività lavorativa, a partire da quelle a maggior contenuto intellettuale. Ad ennesima dimostrazione che c’è rapporto di causa fra lo spreco dei cervelli (di quelli che non sono fuggiti), e la diminuzione del 25% della capacità produttiva italiana.


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