Lavoro e diritti: nel 2015 c'è molto da fare (anche per la Filcams) - di Giorgio Ortolani

Il governo Renzi in questi mesi ha spesso accusato il sindacato di essersi disinteressato delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di giovani e non più giovani, di quelli che non sono occupati nel pubblico impiego o nelle aziende medie e grandi.
Il presidente del Consiglio attribuisce alle organizzazioni sindacali, e alla Cgil in particolare, la colpa di aver favorito la promulgazione di leggi che il Parlamento, spesso con il contributo determinante del suo partito, ha varato.
L’obiettivo della campagna mediatica del presidente del Consiglio è chiara: confondere le responsabilità ed ergersi a paladino di un rinnovamento contro il ‘vecchio’, del quale il sindacato (la Cgil in particolare) secondo lui sarebbe parte. Così si è mosso con successo Renzi nel proprio partito, così vorrebbe muoversi anche nella società. Se vogliamo avere la possibilità di non uscire con le ossa rotte da questo scontro dobbiamo, ancor più che in passato, identificare i problemi generali, su quelli intervenire e mettere il parlamento e il governo di fronte alle proprie responsabilità.
La Cgil è impegnata in queste settimane nella raccolta di firme per la modifica della legge sugli appalti: un’iniziativa fortemente voluta dalla nostra categoria, che coniuga la tutela dei diritti dei lavoratori con il rispetto della legalità e il contrasto alla corruzione imperante nel settore.
La Filcams ha lanciato a settembre l’iniziativa la campagna #JobArt perché si presti la giusta attenzione alla cultura e al turismo come fattori indispensabili per la crescita del nostro paese.
Il 2015 sarà l’anno dell’Expo e, indipendentemente dal giudizio sull’evento, alcuni milioni di turisti coglieranno l’occasione per visitare il nostro paese. Proprio i lavoratori del turismo che opereranno nei bar, ristoranti e alberghi, con il proprio lavoro, dovrebbero rappresentare un elemento determinante per il successo dell’Expo e per il rilancio turistico del nostro paese. Si tratta di lavoratori che dovremmo tutelare noi della Filcams, ma riusciamo a farlo veramente? Una parte di loro dipende da aziende (della ristorazione veloce o degli alberghi) in cui siamo presenti e dove riusciamo a garantire, seppur sempre meno a causa della paura che la la crisi determina trai lavoratori stessi, la difesa dei diritti minimi previsti dai contratti. Ma sono tanti, credo la maggioranza, quei lavoratori del turismo che non riusciamo ad organizzare. Non passa giorno in cui agli uffici della Filcams di Milano, come in quelli della Lombardia e credo in tutt’Italia, non si rivolgano a noi lavoratrici e lavoratori che ci denuncino situazioni di lavoro nero o grigio vissuto quotidianamente.
Una situazione ben conosciuta dal Governo, visto che ogni anno, tra gennaio e febbraio, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali pubblica il rapporto annuale sull’attività di vigilanza in materia di lavoro e previdenziale.
Vediamo qualche dato. Nel 2013, su 235.122 aziende ispezionate, il 64,8% sono risultate irregolari con un aumento di quasi il 2% in più rispetto al 2012.
Se guardiano questi numeri da vicino ci accorgiamo che il Terziario, sia Commercio che pubblici esercizi, risulta tra i settori in cui si concentra maggiore irregolarità.
In particolare: su 20.141 violazioni per mancato rispetto dell’orario di lavoro ben 16.234 (80,6%) si riferiscono al Terziario.
I lavoratori per i quali si sono accertate forme fittizie di decentramento produttivo per abbattimento dei costi (appalto, distacco, somministrazione illecite di manodopera ecc.) sono in maggioranza (il 53%) appartenenti al settore che dovremmo tutelare.
Sui 7885 provvedimenti di sospensione dell’attività produttiva a seguito di gravi violazioni (oltre il 20% del personale in nero) ben il 37% hanno riguardato aziende dei pubblici esercizi, il 16% ha riguardato quelle del commercio.
Dai dati emerge un solo dato positivo: il 90% delle aziende dei pubblici servizi e l’88% di quelle del commercio hanno regolarizzato i lavoratori a seguito delle ispezioni.
Questo dimostra, ancora una volta, che un maggior controllo da parte degli organi ispettivi, specie nei nostri settori, porterebbe ad un’emersione del lavoro nero e irregolare e non alla chiusura delle aziende.
Perciò sarebbe opportuno che, oltre ad occuparci della meritoria tutela individuale, la Filcams iniziasse in modo deciso una campagna denunciando il fenomeno e sollecitando il governo e le stesse amministrazioni comunali affinché si facessero anch’esse carico del problema.
L’utilizzo della polizia municipale contribuirebbe ad aumentare esponenzialmente il numero dei controlli e a ridurre nei datori di lavoro quella sensazione di impunità che è spesso alla base della violazione delle norme.
Basterebbe una disposizione amministrativa che indicasse alla polizia locale di estendere le loro verifiche anche ai rapporti di lavoro quali:
- regolarità contributiva dei lavoratori presenti;
- tessera di riconoscimento o registro per il personale di imprese appaltatrici e subappaltatrici;
- presenza o meno delle figure previste dal Dlgvo 81/08 (Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, addetti alle emergenze e primo soccorso, Medico competente se previsto), segnalando agli organi di vigilanza del ministero del Lavoro le eventuali violazioni (art.14 dlgvo 81/08).

Quanto avverrà nel 2015 dipende anche da quanto noi, la Filcams e la Cgil, facciamo e faremo, oggi, domani e dopodomani. Quindi con determinazione e umiltà diamoci da fare.


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