Firenze, se il Cup torna dentro la Asl - di Sergio Tarchi

Una lezione esemplare per gli sciacalli delle pubbliche risorse

La prima cosa che mi è venuta in mente quando ho appreso la notizia per la quale l’ASL 10 di Firenze aveva deciso di reinternalizzare il servizio del CUP metropolitano, è stata una memorabile scena del film Frankenstein Junior. E mi vedevo con gli occhi spiritati e in mezzo ad una tempesta di fulmini urlare: “Reinternalizzare i servizi in appalto con gli addetti operanti? Si... può... fare!!!”.
Scherzi a parte, la cosa è molto seria perché riguarda il destino degli 85 lavoratori impegnati, una prospettiva nuova che si apre ad anche il coronamento di una visione e di un cambio di rotta che ha impegnato la maggior parte della mia azione sindacale.
Per riassumere in una breve sintesi la vicenda, iniziamo dal dire come fu redatto il capitolato di gara. Coi piedi. Nonostante gli scioperi, i presidi, gli incontri più o meno formali organizzati dalla FILCAMS non ci fu nessuna disponibilità da parte dell’ESTAV di prevedere nel capitolato di gara né clausola sociale né CCNL da applicare, nonostante anche l’ASL avesse provato a sollecitare l’ESTAV stesso all’inserimento di clausole per le salvaguardie occupazionali e ciò a seguito di quella stramaledetta interpretazione, definita impropriamente sentenza, del Consiglio di Stato in merito alla libera concorrenza, smentita dalle Direttive Europee in tema di appalti pubblici.
Altra tagliola presente nel capitolato, i criteri di aggiudicazione, per i quali veniva attribuito un punteggio del 50% all’offerta economica ed altrettanto a quella tecnica. Questo a seguito delle norme della spending review per le quali o la PA si rivolge a CONSIP o indice una gara aggiudicandola al massimo ribasso, pena l’immediato intervento della Corte dei Conti. La delicatezza del servizio posto in gara fece in modo che venisse leggermente forzata l’obbligatorità del massimo ribasso e a tal proposito vale la pena di ricordare come anche questo criterio di aggiudicazione contrasti con le Direttive Europee.
L’importo a base d’asta era di 6 milioni e 150 mila euro. Si arriva all’apertura delle buste contenenti le offerte e la gara viene aggiudicata, temporaneamente in attesa di verifiche, ad un’azienda che aveva formalizzato un ribasso di 2 milioni di euro, condizione che avrebbe messo in serio pericolo sia la condizione dei lavoratori che la qualità di un servizio fondamentale dedicato agli appuntamenti per visite ed esami dell’Azienda Sanitaria di Firenze.
Il grande merito delle lavoratrici e dei lavoratori in appalto presso quella realtà è stato quello, forti anche della grande competenza e personalità delle proprie rappresentanti sindacali, di non “sbandare” e fare fronte comune assieme alla CGIL mobilitata in tutte le proprie strutture coinvolte nella vicenda: CGIL Toscana, CGIL di Firenze, FILCAMS e FP di Firenze.
Dopo un paio d’incontri durante i quali venivano esposte le preoccupazioni sia dei lavoratori che dell’ASL, quest’ultima, avvalendosi di una clausola prevista nel bando per la quale era facoltà dell’appaltante di revocare la gara prima dell’aggiudicazione definitiva nel caso l’Azienda Sanitaria decidesse di gestire il servizio direttamente, siamo giunti alla decisione di reinternalizzare il servizio.
Non solo, la CGIL ha chiesto ad ESTAV un incontro tecnico per chiarirsi, una volta per tutte, sulle possibilità che le Direttive Europee prevedono, a garanzia di lavoratori e stazioni appaltanti, nella fase di redazione dei capitolati ed uscire da una cattiva, e strumentale, interpretazione della norma.
Naturalmente la contingenza dei tempi farà sì che a questi lavoratori venga fatta un’assunzione in somministrazione per 36 mesi durante i quali dovrà, gioco forza, essere individuato il percorso per la loro stabilizzazione definitiva.
Per la precisione questi lavoratori erano già nella condizione di essere a pieno titolo nella categoria dei somministrati, e quindi dovevano vedersi applicato il CCNL della stazione appaltante soltanto che, essendo in un appalto endoaziendale, lo erano in maniera fraudolenta, così come già chiarito da molta giurisprudenza di merito. Ritengo tutto ciò un grande risultato ottenuto grazie alla sinergia di tutti gli attori in campo. Un risultato che migliora la condizione salariale e professionale dei lavoratori, che garantisce l’ASL sulla qualità del servizio che andrà a erogare alla cittadinanza e che dimostra, qualora ve ne fosse ancora la necessità, che reinternalizzare i servizi in appalto con gli addetti operanti si può fare, anzi, si deve fare, per giustizia, per economia e per la qualità dei servizi stessi.
Ritengo, ancora, che questo sia stato anche un grande risultato per la mia Organizzazione che si è declinata con grande qualità in quella pratica confederale che è la risposta necessaria al lavoro frammentato.
Da questa vicenda si deve tutti trarre insegnamenti e riflessioni per invertire quella marcia che ha portato al fallimento delle esternalizzazioni fino al punto di ritenere prioritario il superamento di tutte quelle norme e leggi che le hanno favorite e che hanno a loro volta favorito solo il profitto privato, peggiorato il servizio, dilapidato risorse pubbliche, favorito corruzione e zone grige, spaccato il mondo del lavoro e prodotto sfruttamento.
Da questa vicenda si deve trarre anche un altro insegnamento. La cosa è finita bene perché nell’ASL abbiamo trovato un interlocutore attento e sensibile, cosa non scontata e rarissima e la CGIL deve avere una linea comune sugli appalti e le reinternalizzazioni e prendere lei il “pallino” in mano altrimenti, se lasciato alle controparti i disastri che ne conseguirebbero sarebbero incalcolabili.
La CGIL è per un’altra idea del Paese e dei diritti rispetto a quella che ha il governo in carica e questa nuova idea deve necessariamente riguardare il futuro di tutte quelle lavoratrici e di tutti quei lavoratori espulsi dai cicli produttivi per il profitto degli sciacalli delle pubbliche risorse.


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