Un piano contro i senza casa - di Riccardo Chiari

Nella campagna elettorale per le europee, i movimenti per la casa sono stati gli unici a contestare in piazza Matteo Renzi e il Pd. Questo l’effetto diretto del “Piano casa” approvato dal parlamento nell’imminenza del voto, e passato quindi sotto un relativo silenzio. Eppure perfino l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha denunciato il provvedimento, ricordando un dato di fatto: “Sono migliaia i rifugiati costretti a vivere in palazzi abbandonati e occupati nelle principali città italiane quali Roma, Milano, Torino, a causa dell’inadeguatezza dell’accoglienza e dell’insufficienza dei progetti di integrazione”. A loro vanno aggiunte altre migliaia di famiglie, piegate dalla crisi economica e da affitti sempre più alti in una realtà come quella italiana, dove l’edilizia residenziale pubblica sconta una ventennale mancanza di abitazioni. A tal punto che sono ben 700mila le famiglie, aventi diritto, che sono in attesa di un alloggio popolare che non esiste.
In questo contesto, sempre più drammatico, il “Piano casa” sparge sale sulle piaghe. In particolare l’articolo 5 del decreto sancisce: “Chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo, non può chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo, e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge”. In altre parole si vieta a chi occupa un edificio l’accesso alla registrazione della residenza, e per giunta si impone il taglio di luce, acqua e gas a tutte le occupazioni abitative nel paese.
La mancata possibilità di accedere alla residenza anagrafica comporta, come immediata conseguenza, il rischio di non poter più accedere all’assistenza sanitaria, al lavoro e all’istruzione per migliaia di bambini figli di coppie immigrate. In assenza di residenza non è infatti possibile per i genitori avere una carta identità, e senza di questa è difficile avere accesso al lavoro e ai servizi essenziali. Non per caso, questo è uno dei punti principali della campagna nazionale “Miseria Ladra” lanciata da Libera, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti, in quanto la residenza è uno degli strumenti per uscire dalla povertà, come chiave di accesso alla cittadinanza e a tutti i servizi sociali.
All’allarme lanciato dall’Alto commissariato Onu (“La legge, se così applicata, creerebbe un ulteriore ostacolo al processo di integrazione dei rifugiati in Italia, costringendoli in una spirale di isolamento e marginalità”), fa eco le dura presa di posizione dell’Unione inquilini: “Si tratta di una previsione incostituzionale, che impugneremo. Il diritto alla residenza è sancito anche da sentenze della corte di Strasburgo, ed è la condizione per godere di diritti costituzionalmente garantiti come l’assistenza sanitaria e l’obbligo scolastico”. Di qui le proteste, che stanno andando avanti nelle principali città della penisola anche dopo la chiusura delle urne, per contrastare l’applicazione del decreto.

 

“Disobbedire è un dovere”“

Disobbedire all’articolo 5 del ‘Piano Casa’ è un dovere di ogni sindaco e consiglio comunale, in quanto la norma è in palese contrasto con quanto scritto e previsto nella Costituzione”. Ha il pregio della chiarezza l’appello lanciato dalla “Rete delle Città in Comune”, che ha lanciato una campagna a tutti gli amministratori locali perché si rifiutino di applicare un provvedimento dalle devastanti conseguenze sociali.
Dall’approvazione del “Piano Casa” non è passato giorno che non ci siano state mobilitazioni, specialmente nelle città dove l’emergenza abitativa è più alta.
Ad esempio a Palermo gli attivisti del comitato di senza tetto “PrendoCasa” hanno occupato gli uffici dell’anagrafe. Mentre a Roma, dove nei giorni scorsi è stato addirittura arrestato uno dei leader dei movimenti per l’abitare, Paolo Di Vetta, il clima è incandescente.
Più che comprensibile dunque la campagna avviata a tambur battente dalle liste di cittadinanza anti-austerity di Bari, Messina, Pisa, Roma, Ancona, L’Aquila, Brescia, Brindisi, Imperia e Firenze, oltre che Feltre e Ciampino.
Pronte a evidenziare come l’esclusione dai servizi sociali di disoccupati, precari, studenti e immigrati che per avere una casa occupano uno stabile abbandonato, voglia dire negare la cittadinanza a causa delle condizioni economiche e di vita.
“Un comportamento illegittimo – segnala la Rete delle Città in Comune - adottato in violazione dei basilari principi della convivenza civile e della carta costituzionale”. Con l’ulteriore conseguenza di precludere la possibilità di accedere alla graduatoria per le case popolari.
Sul Piano Casa per giunta si addensano altre nubi, visto che l’articolo 3 viola tra l’altro la competenza esclusiva delle Regioni nell’edilizia sociale, cosa che le porterà a impugnare il provvedimento. Di più: il governo ancora non ha licenziato il decreto attuativo, senza il quale il (risibile) fondo per la morosità incolpevole resta solo sulla carta. Ma è l’articolo 5 la pietra dello scandalo. A tal punto che perfino a Firenze, città di Matteo Renzi, si è preferito riallacciare prontamente l’elettricità a una storica occupazione. Con un nuovo contratto firmato dagli occupanti.


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