Le donne della Filcams, la Filcams delle donne... - di Maria Carla Rossi

“Il personale è politico” è una parola d’ordine delle donne negli anni 70: attraverso questo slogan si ribadiva il principio della coerenza fra ciò che si dice e ciò che si fa, in pubblico come nel privato. Come ognuno vive, muore, ama e lavora dipende da scelte politiche e dopo oltre 40 anni non abbiamo ancora risolto questa semplice contraddizione. Nel frattempo, per non farci mancare nulla, è intervenuta una crisi economica pesantissima insieme ad una regressione culturale spaventosa che considera la precarietà (economica, sociale, lavorativa) uno stato con cui convivere piuttosto che combattere; e così anche l’emancipazione attraverso l’indipendenza economica è finita in soffitta. Spesso pensiamo che mettere “mi piace” su qualche post di Facebook assolva da qualsiasi altro tipo di riflessione, discussione o azione. Questa pigrizia intellettuale ha creato dei tromboni autoreferenziali e un abisso tra Paese reale e Paese virtuale: basta vedere la scarsissima attenzione dedicata alle donne (oltre che alla Cgil) dal sindaco candidato alla segreteria del Pd, tanto per dirne una...
A volte penso che però anche la nostra Cgil non abbia ancora sciolto la riserva se essere con e per le donne in modo sostanziale piuttosto che formale. O meglio, quando serve parlare di tematiche femminili in astratto non si sottrae nessuno, quando però bisogna praticare nascono i guai... ed esce il maschilismo congenito, difetto assolutamente trasversale di cui soffrono molti uomini ed anche qualche donna. Potremmo scrivere il prontuario “sindacalese/cigiellese” delle frasi fatte: “... Non perché è donna ma perché è brava”, alla fine l’abbiamo capita: nel caso di un uomo la bravura non è richiesta…
E ancora: “Io sono per valorizzare le donne ma un giorno hanno il bambino che sta male, e un altro devono fare l’inserimento all’asilo, un altro ancora devono andarlo a prendere, non se ne può più…”; “adesso fate le brave, avete il segretario generale donna…”; “al congresso ci toccherà lasciare fuori tanti bravi compagni perché bisogna metterci le donne e adesso anche gli extracomunitari…”.
Non ho inventato nulla. Queste affermazioni, come molte altre, ho avuto modo di sentirle in tempi diversi da persone con ruoli di rappresentanza in Cgil.
La Camera del Lavoro di Milano ha promosso un’iniziativa importante come quella su “L’immagine differente”, che ha visto la presenza di Laura Boldrini. Però resta tutta la fatica e la difficoltà di cominciare da noi la pratica di modelli positivi: tuttora nel ‘palazzo’ si sprecano battute misogine o machiste…
Per quanto riguarda la nostra categoria, il cambiamento è partito dall’alto, Franco Martini ha proposto la presenza paritaria di donne e uomini nel direttivo nazionale e così la Filcams ha cominciato da lì a rappresentare se stessa per come è realmente… Regioni e territori vedono sempre più la presenza femminile e questo è un aspetto molto positivo anche se non uniforme… Spesso ci si dimentica che la nostra è una categoria prevalentemente femminile, con lavori “poveri” e sottopagati, abbiamo delegate che fanno due o tre lavori e nonostante ciò partecipano attivamente alla vita della Filcams, lo sciopero del turismo del 31 ottobre ne è una dimostrazione, tantissime donne in piazza hanno portato rabbia, fantasia e determinazione.
Quanto iniziato da Martini ci dice che non è necessario essere donne per comprendere e sostenere le donne, basta crederci, provarci e rinunciare a un po’ di potere… proprio per gestire quest’ultimo (spesso raggiunto faticosamente) siamo straordinarie nel farci le guerre, gli uomini si alleano per obiettivi comuni ma noi restiamo incapaci di fare lavoro di squadra.
Mi riferisco alla difficoltà di considerare temi come la conciliazione, gli orari e la prestazione lavorativa patrimonio di tutta la categoria; troppi ancora considerano tali questioni cose da “donne”, non ci si impegnano più di tanto e noi più di tanto non facciamo sentire la nostra voce…
Nei nostri settori, più si scende di livello di inquadramento, di tipologia di lavoro, di orario di lavoro e più ci trovi le donne: nelle aziende della grande distribuzione le donne sono quasi tutte part-time, poche lavorano a tempo pieno su nastri orari giornalieri pesantissimi; nel settore dei servizi abbiamo donne che lavorano 2 ore al giorno ma con orario spezzato; le badanti straniere che perdono la casa quando l’assistito muore (spesso perdono anche il permesso di soggiorno). Gli esempi sono tanti e le necessità di intervento altrettante, quindi non possiamo dimenticare che anche la nostra metà del cielo è divisa in classi e che la nostra attività di sindacaliste/i è a tutela di chi è più debole contrattualmente, economicamente e socialmente, e spesso il debole è donna…


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