Riccione, un esempio da non imitare - di Mirco Botteghi

Era il 1936 quando a Riccione venne eretta dall’industria Dalmine di Bergamo, su progetto dell’architetto Greppi (che realizzò anche il Sacrario di Redipuglia e di Montegrappa) una colonia elioterapica marina, la “Dalmine”, che con i suoi 300 posti letto distribuiti su 2.850 mq. di superficie dava alloggio estivo ai figli dei dipendenti. Una sorta di “asilo aziendale” ante litteram. La colonia dopo il fascismo venne dismessa per molti decenni passando poi, a fine anni ottanta, per la ristrutturazione ad opera dell’allora proprietaria Olga Salciccia, che la trasformò in un moderno e lussuoso 4 stelle battezzato “Hotel Le Conchiglie”. All’inizio degli anni 2000 la struttura passò di proprietà alla società Conquista S.r.l. di Aldo Veleno Foschi, uno dei pionieri del turismo alberghiero riminese, che dopo alcuni anni di gestione diretta cominciò ad affittarla a vari soggetti imprenditoriali.
L’inizio delle gestione non diretta da parte dell’anziano imprenditore Foschi, deceduto qualche mese fa, segnò la parabola discendente della struttura. Da aprile 2011 si erano susseguite tre gestioni aziendali, ultima delle quali - da luglio 2011 - la società Mediterranea Gestioni S.r.l. Elemento unificante di tutte le gestioni in affitto era il dilazionamento del pagamento degli arretrati dovuti alle maestranze. Oltre a ciò si sommava il mancato riconoscimento delle competenze di fine rapporto con la gestione “Conquista”.
A febbraio 2012 la Filcams-Cgil di Rimini denunciava inoltre che Mediterranea Gestioni S.r.l. stava procedendo a licenziare tutto il personale fisso, che lavorava nella struttura da anni. In quella maniera venivano a determinarsi due situazioni gravi. La prima: l’azienda, che aveva solo in affitto la struttura, modificava la natura dei contratti di lavoro senza che ve ne fossero ragioni oggettive, dunque per mere ragioni speculative. La richiesta sindacale di attivare degli ammortizzatori sociali, stante la dichiarata intenzione di ristrutturare l’albergo, rimase inascoltata. La seconda situazione che si andava delineando era l’esternalizzazione totale dei servizi interni, condizione che portava la Filcams a chiedere pubblicamente in che maniera si sarebbe affrontata la stagione estiva. Il modello prospettato irrealisticamente era quello di un grande albergo, a vocazione annuale e congressuale, totalmente appaltato. I rischi allora paventati si trasformarono in realtà nei mesi estivi successivi. Le società appaltatrici, oltre a non corrispondere gli stipendi, destarono forti dubbi in relazione alla liceità dei contratti siglati con una ditta sub appaltatrice romena; contratti oggetto di nostra denuncia presso la Direzione territoriale del lavoro. Infine l’epilogo: Conquista S.r.l., proprietaria dell’hotel ed obbligata in solido per il pagamento dei tfr ai vecchi dipendenti licenziati, è fallita lo scorso dicembre 2012 facendo decadere l’affitto di azienda e decretando la chiusura della struttura.
La vicenda per la sua complessità, e la molteplicità delle criticità evidenziate, è di quelle che ha lasciato il segno. Troppo spesso l’appalto nel settore turistico avviene per intenti meramente speculativi, che possono basarsi su manodopera a costi e condizioni peggiorative di quelle previste dalla contrattazione collettiva. Il venir meno delle condizioni di qualità contrattuale del lavoro all’interno di un albergo può perciò determinare un peggioramento generale del sistema di qualità di una struttura.
Questa vertenza è stata sintomatica di un problema più ampio di quello specifico; quello delle gestioni alberghiere “mordi e fuggi”, senza reali investimenti; emblema di un modello turistico fallimentare che può solo danneggiare il tessuto economico di un territorio.


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