Referendum o barbarie

Reds n 07_2012 Hits: 1687

“Nonostante un black out informativo impressionante, in soli quattro giorni già 30mila cittadini hanno firmato per i referendum contro le modifiche dell’articolo 18, stabilite dalla riforma Fornero, e contro l’articolo 8 del decreto legge 138/2011 che, di fatto, cancella i diritti minimi previsti dal contratto nazionale di lavoro”. Risalgono al 16 ottobre queste parole di Antonio Di Pietro dell’Idv, analoghe a quelle dette dagli altri portavoce delle realtà politiche (Prc, Pdci, Sel, Verdi, Movimento per il partito del lavoro), sindacali (Cgil Lavoro Società, Fiom, La Cgil che vogliamo) e associative che hanno promosso la campagna “Lotto per il diciotto”. Da allora altre decine di migliaia di italiani si sono presentati ai banchetti referendari, difendendo con la loro firma alcune delle più importanti conquiste di civiltà e di giustizia sociale del Paese. Strappate, dopo decenni di lotte, da generazioni intere di lavoratori e lavoratrici. L’Italia migliore, quella che ha combattuto dietro un ideale striscione sul quale c’era e continua ad essere scritto: “Il lavoro non è una merce”.
Sono necessarie almeno cinquecentomila firme per spingere i referendum verso le urne. L’articolo 8 dell’allora governo Berlusconi, lo ricordiamo, consente di derogare dai contratti nazionali di lavoro tramite accordi sindacali raggiunti in sede aziendale, anche solo da alcuni sindacati. Per fare un esempio pratico, complice questo articolo la Fiom è stata esclusa dalla stessa agibilità sindacale dentro la Fiat. Quanto alle modifiche introdotte all’articolo 18 dal governo Monti, nei fatti è stato spazzato via il principio di reintegra nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, senza giusta causa. Tutto viene monetizzato, i lavoratori e le lavoratrici ingiustamente licenziati vengono ‘liquidati’ solo con un indennizzo economico. E la figura del giudice, che dovrebbe tutelare un diritto costituzionale come quello al lavoro, viene ridotta alla stregua di una funzione notarile, che certifica quanto è stato deciso dall’azienda. Dal padrone, che rende tutti i lavoratori di fatto ricattabili, anche per le loro idee o la loro adesione sindacale.    
L’iniziativa dei referendum sta raccogliendo l’adesione di altre realtà del mondo sindacale, di autorevoli centri studi e associazioni di giuristi, e della vasta area della “cittadinanza responsabile”. Mancano all’appello invece il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, e lo stesso Pd. Una decisione incomprensibile, perché non si tratta solo di difendere chi un lavoro ce l’ha già, ma di resistere alla strategia governativa di scaricare solo sui lavoratori e sui disoccupati i costi di una crisi provocata da politiche finanziarie totalmente sbagliate e ingiuste, dall’enorme peso della corruzione e della evasione fiscale. La raccolta firme durerà fino alla fine di dicembre. Per sapere quando e dove sono i banchetti referendari, c’è una sezione specifica sulle pagine web di tutti i soggetti promotori. Dunque firmate, firmate, firmate.

Riccardo Chiari

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