H&M, anche l'abito fa la lavoratrice - di Frida Nacinovich

Gli svedesi ci sanno fare: Volvo, Ikea, h&m. Tre esempi di come ci si afferma, partendo dalla madre patria, ai quattro angoli del pianeta. Abbigliamento, magari un po’ casual, e comunque alla portata di (quasi) tutti. Non alta moda, piuttosto abiti e accessori per la vita di ogni giorno. Proprio quello che ti serve quando hai bisogno di una maglietta, di un paio di pantaloni, di una gonna carina. Ilaria Bettarelli si è trovata al posto giusto nel momento giusto: nel più grande centro commerciale dell’area metropolitana fiorentina, i Gigli, proprio quando l’azienda svedese arrivava anche in Italia sull’onda di una strategia di internazionalizzzione dei suoi punti vendita. Ancora prima Bettarelli aveva comunque dimostrato di non aver paura della vita dei grandi. “Sono andata via di casa a 18 anni, appena finito il liceo classico. Avevo bisogno della mia autonomia, e ho cominciato a fare lavoretti precari per pagarmi l’affitto e organizzarmi la vita. Quando, una decina di anni fa, nel centro dove già lavoravo, è arrivata h&m e ho sentito dire che assumevano, ho colto al volo l’occasione. Possiamo dire, scherzando, che h&m ai Gigli l’ho aperto io”. Ora che di anni ne ha trentacinque, Ilaria Bettarelli, ha deciso di impegnarsi in una nuova sfida: coronare un piccolo grande sogno e fare l’università, per chiudere in bellezza il suo ciclo di studi. È tornata sui banchi e si sente quasi come Brad Pitt nelle vesti di Benjamin Button. “Sono una studentessa modello - rivendica ridendo - negli ultimi otto mesi ho dato gli esami del primo anno, sfiorando la media del trenta, mi sono guadagnata una borsa di studio”. È una giovane donna del ventunesimo secolo, che ha imparato a stare al mondo in questi anni davvero difficili. “h&m è stata la mia prima esperienza di lavoro stabile, con contratto a tempo indeterminato, in precedenza avevo accettato lavori anche molto diversi fra loro, naturalmente precari”. Vieni in mente un antico proverbio, “bisognin fa trottar la vecchia”, che in questo caso però aveva compiuto diciotto anni da poche settimane, con un diploma classico in mano e il mondo davanti.

Il punto vendita h&m dei Gigli ha una cinquantina di addetti. “Ventisei effettivi, gli altri a chiamata”, precisa Bettarelli. Un’organizzazione legata all’andamento stagionale delle vendite, con periodi ‘morti’, e picchi di lavoro in coincidenza delle feste natalizie e dei saldi. “Avere il 50% di colleghi, che poi sono soprattutto colleghe, a chiamata, è troppo. Ne stiamo discutendo con l’azienda, cercheremo di far capire che abbiamo bisogno di più lavoratori stabilizzati. Ne guadagnerebbe l’andamento delle vendite”. Parole degne di una brava sindacalista, e infatti Ilaria Bettarelli è delegata aziendale per la Filcams Cgil. “Il nostro punto vendita è fortemente sindacalizzato - racconta con orgoglio - una dozzina di noi ha la tessera della Filcams. La discussione che abbiamo avviato sul tema degli organici è sacrosanta. Abbiamo colleghe e colleghi che lavorano a chiamata da molti anni, che non sono più giovanissimi, che hanno bisogno di un minimo di stabilità per progettare il loro futuro. Non è giusto che continuino a lavorare con bassi salari e turni stressanti. Poi vogliamo avere voce in capitolo anche sulle dinamiche aziendali, da un po’ di tempo si parla della chiusura di alcuni punti vendita h&m, di potenziali tagli agli organici e ai diritti”. Nell’Italia della crisi sono poche le isole felici, eppure il settore della moda, dell’abbigliamento, è uno dei pochi che sembra resistere meglio al cortocircuito innescato dall’abbassamento generalizzato dei salari e dei diritti. “Il nostro negozio sta tenendo, i conti sono in ordine, continua ad essere apprezzato da clienti vecchi e nuovi. Certo, la concorrenza è aumentata, qui ai Gigli, possiamo vedere la situazione in tempo reale”. La continua gara al ribasso dei costi, alla fine penalizza sempre i soliti noti. I lavoratori. Questi ultimi hanno un orario di lavoro non facile, perché il grande centro commerciale della Piana Fiorentina, a pochi chilometri da Prato, è quasi h24, apre alle sei del mattino e chiude alle 22,30. Va da sé che le quaranta ore settimanali del contratto di lavoro, a seconda dei turni, posso essere assai faticose. “Permettimi un’ultima osservazione - chiude Bettarelli - in un ambiente lavorativo in cui per forza di cose quasi tutte le addette sono donne, abbiamo molte capo reparto ma poche dirigenti. In dieci anni di lavoro qui, è successo una sola volta di avere una direttrice del negozio”. Per giunta le informazioni circolano difficilmente, e a questo riguardo Bettarelli non ha dubbi: “È importante il sindaco, perché se sei il primo a non conoscere le regole diventa difficile farle rispettare e assicurare diritti e tutele. Penso ad esempio al job on call, e al suo eccessivo utilizzo. O, altro esempio, ai discussi festivi di lavoro, che a conti fatti si stanno rilevando economicamente controproducenti, sia per l’azienda che per gli addetti”.


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