Welfare contrattuale e aziendale:opportunità o rischio? - di Federico Antonelli

In questi mesi si è avviata la campagna di rinnovo, con gli attivi settoriali, del contratto nazionale del terziario in tutte le sue articolazioni contrattuali. Ma oltre al mondo del commercio sono molti altri i contratti e i settori della categoria: il turismo, le farmacie, gli studi professionali, la vigilanza, i dipendenti da proprietari di fabbricati, i multiservizi, acconciature ed estetica, il lavoro domestico sono gli ambiti in cui si discutono i contratti nazionali sottoscritti dalla FILCAMS.

Di tutti questi settori bisogna ricordarsi quando si parla di mondo dei servizi, un mondo così ampio di cui alle volte si fatica ad identificarne i confini e dove la modernità arriva prima che altrove: nel mondo dei servizi, è quotidianità ciò che è straordinaria novità altrove.

In questa stagione contrattuale (sia nazionale, che aziendale) si sta facendo strada, una idea sempre più attuale di welfare. Non moderna ma attuale, perché alle volte le discussioni sembrano riportare al tempo delle casse mutue che assicuravano protezione sociale ai lavoratori con una visione aziendalista di tutela della salute e dei diritti sociali.

Oggi la realtà e ancora molto diversa ed è chiaro che la sanità e la pensione integrativa e i servizi che gli enti bilaterali offrono sul territorio sono parte importante delle dinamiche contrattuali. La nostra organizzazione, da sempre la più attenta e ferma sulla difesa dell’universalità del sistema, ha contrattato questi istituti e si è posta nell’ottica del controllo del loro funzionamento partendo da un principio limpido: tutto ciò che sta alla rete dei servizi che contrattualmente si può determinare deve essere solo integrativo.

In questo momento le normative indirizzano sempre più verso questi strumenti. Pensiamo alla defiscalizzazione e decontribuzione dei premi erogati sotto forma di welfare. Un premio di risultato erogato in servizi viene reso netto, con chiaro risparmio da parte dell’imprenditore e interesse del lavoratore. Un percorso teoricamente virtuoso che può accrescere le opportunità contrattuali, aprendo a maggiori possibilità di contrattare premi di risultato, ma rischia di ampliare le differenze tra le diverse realtà del paese. Nord e sud, territori ad ampio impatto produttivo e territori meno forti. Aziende ad alto valore aggiunto e aziende con margini inferiori e minor capacità redistributiva. Una escalation di cui è molto difficile prevedere la conclusione.

In questo momento, tornando ai contratti nazionali il tema del welfare sta debordando dai contorni che fino ad oggi abbiamo conosciuto. L’assistenza sanitaria, il fondo pensione, e le quote per gli enti bilaterali connotano in maniera evidente la contrattazione, influenzando in modo invasivo le dinamiche salariali.

In questa maniera si corre il rischio di ridurre le risorse contrattuali destinate alla capacità di spesa delle persone, destinandole alla copertura dei servizi che concorrono alla soddisfazione dei bisogni sociali, svuotando il senso profondo del welfare pubblico universale e neutralizzando l’elemento solidaristico posto a suo fondamento. 

Ritengo questo un grande rischio per il movimento dei lavoratori, nel momento in cui, al di la delle scelte che si possono e devono fare nelle singole esperienze contrattuali, dovessimo ritrovarci nelle condizioni di dover assecondare tale logica in una escalation di difficile contenimento.


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