La vita è ampia giusto un sogno - di Andrea Montagni

“E’ stata mia madre a trasmettermi la sua sete di giustizia”

Un “ragazzo” laureato, appassionato di poesia, emigrato a Milano, lavora con un contratto a tempo determinato, in un call center di una grande azienda di telecomunicazioni. Una sindacalista con un grande amore. Una vertenza sui buoni pasto. Un bambino. I protagonisti.

L’autore, uno di noi, un rappresentante sindacale della FILCAMS-CGIL nel gruppo Grancasa, milanese di origine, ma residente in Umbria. Ecco direte voi, cari lettori e care lettrici, tutte le premesse per un romanzo duro, militante, sui temi della lotta di classe.

E invece, Giuseppe - qui alla sua prima prova letteraria come scrittore di romanzi, perché ha già editato la sua tesi di laurea, preziosissima, sulle influenze buonarrotiane (comuniste) nel Risorgimento italiano e una raccolta di poesie - sceglie di ambientare una storia d’amore e di impegno civile tra gente che puoi incontrare la mattina o dopo le cinque, in ufficio, alla fermata della metro, incolonnati nelle loro scatolette di metallo o al bar all’ora del pasto.

Il romanzo è scritto pure in modo un po’ “ruffiano”, così da accompagnare il lettore piano piano e con passo leggero dentro la storia, raccontandoci i particolari sui gusti musicali, sulle passioni calcistiche, disvelando un po’ alla volta la trama e le sottotrame che legano il protagonista, la coprotagonista e i comprimari tra loro, alla città di Milano, nella loro vita quotidiana con i piccoli e grandi problemi della vita di tutti i giorni. Trasforma in elementi narrativi, utili alla “soluzione” finale, financo l’allergia del protagonista per le infiorescenze dei tigli che nell’annunciare la primavera sono anche, come ben sanno gli interessati, il tormento delle narici e degli occhi di tutti quelli che soffrono di allergia asmatica.

Ma non crediate che sia una storia tutta rose e fiori: la leggerezza generale del racconto a tratti si incupisce per parlare anche dell’“altro quotidiano” quello della sofferenza, della discriminazione, della difficoltà di vivere. Perché anche questo fa parte della vita di quelli “come noi”, di chi si alza tutte le mattine per andare a lavorare, deve accompagnare i figli a scuola, fa a fare la spesa una volta alla settimana al supermercato.

Fare una recensione obbliga a qualche anticipazione che avrei preferito evitare, per non rovinare a chi leggerà il piacere della sorpresa - la stessa che ho avuto io -. Sappiate dunque che il protagonista scrive poesie e che le poesie sono inserite non come camei ma come parte integrale del racconto e che Giuseppe trasmette al suo personaggio anche il suo “sapere” di storia risorgimentale.

Sappiate anche che etica della solidarietà, amore per la giustizia, consapevolezza sociale vivono nella nostra storia e nei suoi protagonisti. Lo sforzo, mi pare, è quello di trasmettere questi valori ai lettori, non sotto forma di “insegnamento”, ma come fatto scontato che fa parte della vita dei protagonisti, come una cosa scontata e naturale. Forse in questo, con un eccesso di “buonismo” proprio della cultura di sinistra italiana.

De La vita è ampia giusto un sogno mi è piaciuta la capacità di cogliere quanta profondità c’è nel quotidiano di chi nella Storia assurge a protagonista soltanto (e inevitabilmente) quando si fa collettivo.
Da Giuseppe Rizzo Schettino, nell’attesa di procurarmi la sua raccolta di poesie “Hotel esistenza”, mi attendo ora una prova ancor più impegnativa che non tradisca le promesse dell’esordio narrativo con un testo più duro.

Nel frattempo spero accolga il mio invito a collaborare con la rubrica “Old reds” con qualche articolo divulgativo sull’influenza del socialismo nella storia d’Italia preunitaria, nei moti del 48 e nell’associazionismo prime e agli albori della Prima internazionale. Atto dovuto per chi è nato a Sapri, il paese che vide sbarcare, nel 1857, il socialista Carlo Pisacane in un eroico tentativo di sollevare le plebi meridionali contro la tirannide borbonica e lo sfruttamento dei baroni.

“La vita è ampia giusto un sogno”
di Giuseppe Rizzo Schettino,
Perugia: Morlacchi editore, pp. 134, euro 12.


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