La narrativa sul sindacato - di Andrea Montagni

La memoria collettiva se non coltivata con lo studio e l’approccio critico è spesso fallace, esattamente come quella individuale.

La narrativa sul sindacato è fatta di rimpianti per gli anni 70 e 80. Dirigenti sindacali come Lama e Trentin sono elevati a simboli di un sindacato combattivo e contrapposti ai dirigenti attuali.

Invito a rileggere i documenti dell’epoca e a cercare di ricostruire i fatti. Sia Lama che Trentin furono oggetto di contestazioni di massa (il primo da ampi settori della gioventù scolarizzata che avvertiva il venire meno delle conquiste della generazione precedente, il secondo dai lavoratori stessi per aver accettato nel 1992 l’abolizione della scala mobile). La linea sindacale di Lama, la cosiddetta politica dei “sacrifici”, comportava moderazione salariale e rivendicativa, la linea di Trentin preconizzava (l’alleanza dei produttori) un patto stabile e codeterminato tra capitale e lavoro. Lo stesso Cofferati (anch’egli oggetto di contestazioni di massa) si caratterizzò per la linea della concertazione.

La linea attuale della CGIL è il prodotto della svolta di Cofferati nel 2002, che sia Epifani che Camusso hanno mantenuto. Parte dal riconoscimento del fallimento delle politiche liberiste e della globalizzazione ed è molto, molto, molto più di sinistra della linea precedente. Con Landini segretario, la svolta “a sinistra” si è consolidata.

La differenza che conta di più è che la CGIL del passato era forte, con una base in espansione, come era in espansione l’occupazione soprattutto nei settori industriali e nel pubblico impiego, era riconosciuta come interlocutore dai governi e dal padronato e aveva alle spalle un grande partito comunista ( per altro anch’esso moderato e dedito ad una politica di compromesso con la DC).

Il nostro problema è qui: organizzazione più debole, colpita dalla crisi economica e sociale, e assenza di una forza politica proletaria di riferimento.

Milito in CGIL dal 1978, prima come delegato, poi come dirigente dal 1992. Anche io rimpiango la CGIL della mia gioventù e della mia maturità, perché ero giovane, pieno di energie e sicuro dell’avvenire radioso del proletariato e dell’umanità e vedevo il socialismo dietro l’angolo (anche se la fine del muro si allontanava sempre impercettibilmente).

L’angolo è ancora più lontano, ma non immagino più dirigenti che cercano di portarmi dalla parte opposta. Ci sono le liti tra di noi che ci fanno rallentare la marcia e che contribuiscono a disorientare lavoratori che faticano ad affrontare i problemi quotidiani...


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